Il Governatore repubblicano della Florida avrebbe dovuto cominciare a parlare, in diretta streaming, sulla piattaforma Twitter, platea moltiplicata e senza domande dei giornalisti. Ma qualcosa è andata storta e dai microfoni, per almeno 20 minuti, sono usciti frasi smozzicate, scariche e voci indecifrabili. Quasi un milione di ‘aficionados’, delusi e poi arrabbiati. Dopo la poco gloriosa avaria del sistema, sono rimasti in 600 mila, secondo la Reuters, ad ascoltare il possibile sfidante per la Casa Bianca. La verità è che DeSantis, come potenziale anti-Biden, non ci ha fatto una gran figura. Ha atteso (forse troppo) il momento giusto per venire allo scoperto, ma deve avere sbagliato qualche calcolo. Perché, i sondaggi che prima gli sorridevano, adesso non si dimostrano troppo incoraggianti.
Ma le primarie repubblicane in Iowa, che daranno la prima vera svolta formale a questa lunga campagna per le Presidenziali, sono ancora molto lontane. C’è tempo, insomma, per recuperare il margine su Trump, che in questo momento appare incolmabile. Quando lo ‘streaming’ di Twitter è ridiventato fruibile, DeSantis ha snocciolato la litania dei sui programmi. La tattica che ha adottato è stata quella di citare alcuni innegabili successi, ottenuti nel suo Stato (la Florida) e certificati dal suo travolgente successo elettorale. DeSantis, infatti, è stato rieletto Governatore con ben 20 punti di vantaggio sul suo avversario democratico. Il suo slogan è «Floridizziamo l’America», cioè trasferiamo su tutto il territorio dell’Unione quanto di buono (secondo lui) è stato fatto da Miami a Jacksonville, fino a Pensacola.
La sua agenda è caratterizzata da un conservatorismo meno ‘gridato’ di quello di Trump. Per questo, secondo diversi analisti, DeSantis potrebbe certamente avere maggiore ‘appeal’ sugli elettori indipendenti, rispetto all’ ingombrante ex-Presidente. I Democratici lo sanno e, lo dicono i sondaggi, fanno il tifo per Trump, che giudicano possa essere un avversario più facile, perché già squalificato in partenza. Questo è il motivo per cui, in questa fase, il Governatore della Florida deve combattere su due fronti. E la campagna elettorale attuale, a vederne i contenuti e le modalità, è fatta in funzione ‘primarie’, principalmente rivolta contro Trump. Sia pure senza prenderlo di petto.
Su Twitter, DeSantis ha spiegato come ha fatto della Florida uno Stato ‘rosso’ (il colore dei Repubblicani), puntando sui valori di un tradizionalismo moderato, senza arrivare agli eccessi del suprematismo ‘MAGA’ (Make America Great Again) di Trump. Ha vinto facilmente, bisogna dirlo, perché dall’altro lato ha trovato spesso un estremismo liberal che, su certi temi, è riuscito a mettere in difficoltà persino un moderato come Biden. Così, la Florida è diventata il campo non tanto neutro, dove si scontrano approcci radicalmente diversi sull’elaborazione dei programmi scolastici, sul rispetto dei diritti civili, sulla sicurezza sociale e, più in generale, sul rapporto tra autorità amministrative e famiglie.
Ma soprattutto, si dibatte sulle ‘emergenze’, che i cittadini vivono ogni giorno e che il Palazzo fatica a percepire, come la dilagante criminalità o la crescita esponenziale dell’immigrazione irregolare. Certo, sono temi più immediati, ma che si allargano fino a inglobare i massimi sistemi, dai quali però dipende la quotidianità di tutti e che costituiscono il piatto forte del ‘menù’ elettorale di DeSantis: inflazione e disoccupazione; debito pubblico e possibile ‘defaukt’; politica estera, dall’Afghanistan alla Cina, passando per l’Ucraina; cambiamenti climatici e riscaldamento globale.
Tutti argomenti che il Governatore, dicono i suoi critici, su Twitter ha comodamente affrontato senza contraddittorio. E che poi ha approfondito, su un network televisivo ‘amico’ (Fox Tv), rispondendo a domande ‘addomesticate’. Il suo problema è che dovrà fare una doppia campagna, prima contro Trump e poi, eventualmente, contro Biden, cercando di coalizzare un GOP in ebollizione e tutt’altro che unito. Avrà bisogno, quindi, di parlare due lingue diverse. Non radicalmente dissimili, ma comunque differenti quanto basta perché gli elettori, soprattutto gli indecisi, se lo ricordino.
In questo momento, Trump, nella media RealClearPolitics, viaggia intorno al 54%, mentre Ron DeSantis si ferma al 21,3%. Gli altri? Non esistono. Generra Peck, la direttrice della campagna di DeSantis, però, invita tutti a non sottovalutarlo. Ha già annunciato che comincerà a battere a tappeto, da subito, miglio dopo miglio, Iowa, New Hampshire e South Carolina, gli Stati dove esordiranno, nel 2024, le primarie. L’italo-americano ha confidato al suo entourage che la vera impresa è battere Trump.
Poi, la strada per la Casa Bianca, pensa lui, potrebbe essere in discesa. D’altro canto, l’ultimo ‘poll’ di ieri (Emerson) dice, non tanto a sorpresa, visto il basso ‘job approval’, il consenso sul Presidente, che DeSantis batte Biden, 45% contro 38%. Per ora.
«L’evento, pompato come quello che avrebbe dovuto sancire la definitiva supremazia dello streaming sulla vecchia tv, segnala Luca Celada sul Manifesto, è riuscito solo a far fare una figura barbina sia al candidato che al ‘genio tech e agitatore alt-right’. La diretta Twitter Space, sotto forma di pseudo-intervista condotta dallo stesso miliardario/provocatore sudafricano, è stata un campionario di singhiozzi tecnici, silenzi, echi, voci fuoricampo e fuorionda durati per venti interminabili minuti, punteggiati dalle giustificazioni di Musk che dava la colpa ai server ‘sopraffatti dal traffico’».