Quando, nel 1874, fu costituita a Berna l’Unione Postale Generale, la corrispondenza era nella stragrande maggioranza cartacea e si trasportava in treno, in nave o più spesso con carrozze trainate da cavalli. L’attività postale non si limitava tuttavia alle sole lettere o ai telegrammi, ma consentiva anche la distribuzione di periodici o di effettuare piccoli pagamenti o altri spostamenti di somme di denaro. Esisteva una vera e propria babele tariffaria internazionale complicata dal fatto che ogni paese svolgeva l’attività con modalità e denominazioni proprie e diverse. Dalla comparsa del primo francobollo britannico (Penny Black) e dall’unificazione delle tariffe nell’impero, era trascorso più di un trentennio che aveva dimostrato però l’importanza della standardizzazione delle procedure. Fu allora che un funzionario prussiano programmò un’unione di tutti i sistemi postali nazionali che, superando l’intricato sistema degli accordi bilaterali tra singoli, nacque appunto il 3 ottobre 1874 con il nome di Unione Postale Generale.
Nel breve volgere di cinque anni divenne l’Unione Postale Universale per l’ingresso di numerosi altri membri. L’adesione all’Unione è oggi indispensabile a qualunque stato intenda scambiare corrispondenza o servizi con altri stati a condizione di reciprocità, ma esistono anche delle eccezioni dovute alle particolari situazioni politiche. Taluni stati sono definiti a ‘riconoscimento limitato’ in quanto la loro sovranità deriva da una dichiarazione d’indipendenza non sempre riconosciuta da tutti o contestata da altri.
Nel 2017, ad esempio, nonostante la dichiarazione d’indipendenza, il Kosovo continuava a ricevere la posta dall’estero solo via terra attraverso la Serbia: la repubblica di Cipro nord (ovvero la parte dell’isola abitata da popolazione turca) solo dalla Turchia; la Transnistria solo attraverso la Moldavia e l’Abkazia solo dal territorio russo.
Il sistema metrico decimale è una delle numerose eredità della rivoluzione francese: in Francia, ma anche in Europa, in precedenza infatti esistevano sistemi di pesi e misure legati essenzialmente alle tradizioni dei luoghi in cui erano utilizzati e anche i passaggi di prodotti da una regione all’altra, oltre a richiedere spesso fastidiosi balzelli, imponevano ogni volta un nuovo calcolo delle quantità. A rimettere ordine fu nel 1791 una commissione presieduta dal matematico francese Lagrange – in realtà nato a Torino nel 1736 – che definì il nuovo sistema di pesi e misure su basi scientifiche esatte, riconoscibili e accettabili da tutti. La progressiva adozione del sistema soppiantò le vecchie misure e, a partire dal 1875, fu costituito a Parigi il ‘Bureau international des poids et mesures’ (Ufficio Internazionale Pesi e Misure) che all’origine ebbe l’incarico di produrre i modelli di riferimento destinati agli altri stati, ma con il tempo ampliò la sua azione alla metrologia e alla fisica.
Dai lavori e dalle convenzioni sono uscite norme di scrittura per la corretta indicazione scientifica, norme per la definizione delle grandezze, delle unità di misura e di quelle derivate. Ancora oggi però, soprattutto nel Regno Unito e negli Stati Uniti, nonostante l’introduzione del sistema universale di pesi e misure, convivono due sistemi.
Grossomodo dagli anni Sessanta, il sistema ‘imperiale’ britannico continua a somministrare birra ‘a pinte’ (e non a litri) nei pub e a pesare i prodotti a libbre nei negozi, anche se ne indica la misura corrispondente nel resto del mondo.
Più complessa la situazione negli Stati Uniti dove, nonostante una legge federale del 1975 firmata da Gerald Ford, in prevalenza si continua ad utilizzare il vecchio sistema. L’attuale Comitato internazionale di pesi e misure, emanazione dell’antico ufficio del 1875, fiducioso e tollerante prosegue la sua opera.
Dopo le guerre napoleoniche, a partire dal Congresso di Vienna, l’Europa attraversò un periodo di pace relativamente lungo, che si interruppe però alla metà del XIX secolo. Una delle prime guerre a mostrare caratteristiche distruttive con un elevato numero di morti e feriti – ma anche ammalati – fu la guerra di Crimea. Poiché fu combattuta però in un’area relativamente lontana dai paesi europei, la premonizione di future devastazioni non fu compresa del tutto o forse mancò una personalità che la sottolineasse.
Nel 1859, a Castiglione delle Stiviere nei pressi Solferino, fu lo svizzero Henry Dunant, sgomento per la mancanza di un adeguato sistema sanitario e di assistenza ai feriti, a sollevare la questione. La prima idea fu la creazione di un corpo di volontari dedito all’assistenza di tutti i feriti, senza distinzioni di rango o appartenenza, ma solo nel 1864 a Ginevra fu convocata una prima conferenza. Nel frattempo, mentre il ruolo di Dunant in parte si affievoliva per le sue difficoltà economiche e le guerre in Europa invece continuavano, l’idea originaria dell’assistenza ai feriti si diffuse incontrando consensi e adesioni e l’intervento della Croce Rossa si estese anche ai prigionieri di guerra.
Alla fine del secolo, in tempo per la Prima Guerra mondiale, si erano così sviluppate convenzioni internazionali che avevano originato il diritto internazionale bellico e conferito alle singole organizzazioni nazionali di Croce Rossa compiti precisi. Mancavano però alla normativa anche altri aspetti importanti quali quello del trattamento non solo dei legittimi combattenti, ma soprattutto degli ‘insorti’ e solo dopo la Seconda Guerra mondiale furono sottoscritte convenzioni più estese e dettagliate nel riconoscimento dei combattenti.
Attualmente il Comitato Internazionale della Croce Rossa gode dello status di osservatore delle Nazioni Unite ed è uno dei pochi soggetti ‘non nazione’ ammessi al diritto internazionale.