
«Il Paese che cent’anni fa era tra i più ricchi al mondo – una ricchezza che ancora si impone in modo dirompente al passeggiare per i viali alberati della sua maestosa capitale – è ancora una volta seduto su una bomba a orologeria. La posta in gioco è alta: lo scoramento e la povertà potrebbero spingere la popolazione a imbarcarsi in un inedito esperimento di estrema destra anarco-liberista incarnato dall’enigmatica figura dell’economista Javier Milei», la premessa dell’inviata Laura Lucchini del gruppo Gedi.
L’economia vittima di pessime a sponda politica contrapposta. L’inflazione a settembre ha toccato il 138%, la terza più alta al mondo. Le persone che hanno problemi di cibo e salute, è aumentata dal 26% nel 2017 al 43% attuale. L’Argentina deve al Fondo Monetario Internazionale 44 miliardi di dollari – praticamente un terzo di tutti i prestiti dell’istituzione. E la banca centrale non ha dollari per ripagare.
Ci sono stati tre anni di siccità che hanno duramente colpito il vitale settore agricolo e ancora si pagano gli strascichi della pandemia. La corruzione è rampante. La sfiducia verso le istituzioni è la più alta mai registrata e la popolazione è esausta.
Sono tre i candidati principali che corrono al primo turno, col probabile ballottaggio il prossimo 19 novembre. Per l’attuale governo c’è il candidato del peronismo Sergio Massa (al 30,4% di intenzione di voto), che ironicamente è il ministro uscente delle Finanze, con i risultati elencati prima. Dal centrodestra lo sfida Patricia Bullrich (intenzione di voto al 26,1%), erede politica di Mauricio Macri che ha governato il Paese dal 2015 al 2019. Infine c’è la novità assoluta e assieme preoccupante della scena politica: Javier Milei (intenzione di voto al 34,6%), autodefinito ‘anarco-capitalista’ di ultra destra che alle elezioni primarie di agosto ha superato i partiti tradizionali terremotando la scena politica.
«L’apparizione sulla scena politica di Javier Milei segna la fine di un secolo politico di bipartitismo. E questa novità si deve quasi esclusivamente al carisma della sua figura. È una sorta di mago che si è fatto portatore di due idee forti: l’abolizione della casta e la dollarizzazione dell’economia. Quest’ultima in particolare molto attraente nel contesto economico attuale», spiega a Repubblica Shila Vilker, dell’istituto demoscopico Trespuntozero.
Una motosega e un badile assieme a finti biglietti da un dollaro con la sua faccia, gli oggetti che Javier Milei porta con sé nei comizi: se vince, eliminerà la classe di governo corrotta e imporrà tagli drastici alla spesa pubblica. I giornalisti non sono ben graditi, e per poter partecipare ai suoi eventi devono stipulare una polizza assicurativa per danni alla persona che esplicitamente solleva il candidato, sua sorella Karina e il partito da ogni responsabilità. Assaggi di squadrismo rispetto al fascismo che verrà cambiando nome.
I supporter del candidato si rivolgono alla coda della stampa con insulti di vario tipo: il più ricorrente è ‘hijos de pauta’, un gioco di parole che letteralmente significa ‘figli del sussidio’ (all’editoria, ndr), ma che in realtà vuol dire ‘figli di puttana‘. Graditi invece gli influencer, l’esercito di amplificatori del verbo di Milei che ha creato canali alternativi ai media ‘mainstream’. Come Donald Trump. «Bueno, non lo prendiamo certo come un insulto».
Milei, terrapiattista e negazionista del Covid, ‘el loco’, il pazzo che veniva malmenato dal padre e che i compagni di scuola prendevano in giro per il look schiara la cabala dalla sua parte: il 22 è il numero del pazzo e il giorno delle elezioni, 22 ottobre, è il suo compleanno. Papa Francesco, due giorni prima aveva indirettamente ridotto Milei a ‘pagliaccio’. «L’Argentina dovrebbe sospendere le relazioni diplomatiche con il Vaticano fintanto che alla guida della Chiesa domina uno spirito totalitario», osano da palco, ed esplode l’applauso dei tifosi. Accade in un paese dove ci sono 34 milioni di cattolici su una popolazione di 45 milioni, e la chiesa è guidata da un Pontefice argentino.
Milei, ama i suoi cani e li chiama per nome anche nei comizi: Conan che è morto, ma dalle cui cellule ha fatto clonare gli altri quattro – Murray, Milton, Robert e Lucas – nomi omaggio agli economisti che agitano il suo pensiero. Sui mastini non si scherza, col candidato presidente che dice di comunicare con loro, anche con quello morto, attraverso una medium. E la medium è la figura che permette al candidato di parlare in ultima istanza con Dio, dal quale avrebbe ricevuto la missione di guidare l’Argentina.
Ricetta economica ispirata: eliminare la banca centrale, adottare il dollaro come moneta di riferimento per stabilizzare l’inflazione, accompagnando la misura da tagli della spesa pubblica «superiori a quelli richiesti dal Fondo monetario internazionale». Fine della sanità e dell’istruzione pubbliche, ridurre a otto il corpo ministeriale. «Eravamo il Paese più ricco del mondo e possiamo tornare ad esserlo». Infine, attacca la casta: governo, dipendenti pubblici e giornalisti: ‘Afuera!’, Fuori!
Due scandali di corruzione hanno colpito l’alleanza di governo durante la campagna. «Escandalo de chocolate Rigau», protagonista Julio Segundo Rigau (il cioccolato centra con il colore della sua carnagione), un esponente del peronismo pizzicato a un bancomat di Mar del Plata mentre ritirava millioni di pesos servendosi di 48 carte di credito diverse. E l’ex capo di stato maggiore Martìn Insurralde, strettissimo alleato di Segio Massa ministro, protagonista di una serie di scatti della fidanzata modella Sofia Clerici in una vacanza con yacht, rolex e champagne a Marbella.
La corruzione trapela anche dagli eventi di campagna dei filo-governativi. Patricia Bullrich, l’ex ministra della Sicurezza del governo Macri ha messo il tema della lotta alla criminalità e alla corruzione al centro della sua candidatura. «Questa domenica terminiamo il ventennio kirchnerista», il ventennio che ha visto susseguirsi alla presidenza Néstor Kirchner e successivamente, più a lungo, di Cristina Kirchner, oggi è vicepresidente della repubblica.
«Nei sotterranei della Escuela de Mecánica de la Armada, l’Esma, c’è un punto in cui una delle travi è a circa 1,50m di altezza. Bisogna abbassarsi per accedere allo spazio successivo, che è una sorta di ripostiglio. C’è un racconto ricorrente tra le vittime della dittatura che hanno testimoniato nei processi contro la giunta militare di Jorge Videla. Ricordano in tanti di essere stati trascinati dalle guardie con le mani legate e un cappuccio nero sul capo lungo i sotterranei e di essere stati mandati a sbattere frontalmente contro quella trave. Lo spazio successivo, il ripostiglio, era definito ‘l’inferno’», riporta Laura Lucchini. Gli appartamenti dei generali contigui alle stanze di tortura.
L’Esma è stato uno dei principali centri di detenzione e tortura durante la dittatura militare; da qui sono scomparsi più di cinquemila prigionieri politici. E a inizio mese il riconoscimento di questo luogo di memoria tra i patrimoni dell’umanità dell’Unesco.
Per la prima volta dalla dittatura militare una forza politica che si presenta alle elezioni cerca di ridurre e quasi giustificare i crimini commessi in quegli anni. «Non furono 30mila i desaparecidos. Furono 8.753 (clamoroso falso storico). Negli anni ’70 ci fu una guerra e in questa guerra le forze dello Stato hanno commesso eccessi. Però anche i terroristi dei montoneros uccisero e torturarono». E le parole di Milei sulla dittatura sono pietre.
La cifra 8.753 nessuno storico la considera nemmeno approssimativa riguardo alla totalità delle vittime. C’erano 700 centri di detenzione e tortura su tutto il territorio e solo a Buenos Aires morirono più di 5mila oppositori. 30mila vittime è una cifra approssimativa e simbolica, formulata sulla base di un rapporto dell’intelligence consegnato nel 1978 ai colleghi cileni della dittatura di Pinochet, secondo cui nei primi due anni erano già state uccise 22mila persone.
Questionare la cifra con il rigore delle unità delle denunce presentate è una tipica tecnica negazionista. È la stessa usata dai negazionisti dell’Olocausto.
«Non ci furono ‘eccessi’ da parte dei militari, ma un vero e proprio piano di detenzioni illegali. Fu terrorismo di Stato ed è questa l’interpretazione che ha riconosciuto l’Unesco». Sono più di mille i militari condannati in Argentina per crimini contro l’umanità in processi che godono di ampio riconoscimento internazionale. È un percorso di “verità e giustizia” disegnato dal Paese per evitare che non si ripetano tali atrocità.
Milei ammira Donald Trump e Jair Bolsonaro. E apre agli apologeti della giunta. Ha lavorato come consulente del genocida Antonio Domingo Bussi, generale di Videla successivamente condannato per crimini contro l’umanità. Victoria Villaruel, candidata vicepresidente di Milei, legata al genocida Alberto González Menotti, condannato all’ergastolo e ricordato per le sevizie sadomasochiste sulle detenute. «Milei è matto ma è lei quella veramente pericolosa».
Argentina seduta sulla bomba Javier Milei ‘el loco’. Il Paese oggi vota e l’incognita è se prevarrà la paura o la rabbia. La paura di avere un pazzo alla guida di uno Stato allo sbando. O la rabbia verso una classe politica corrotta che ha ridotto ancora una volta la popolazione alla fame, avverte l’inviata. In gioco c’è quel ‘consenso democratico’ così faticosamente costruito e che ha tenuto il Paese lontano da spinte autoritarie negli ultimi decenni.