La Russia di Putin come la Serbia di Milosevic e la guerra permanente

I drammatici sviluppi della situazione interna in Russia ci dicono molte cose sulla presunta compattezza del regime di Putin e su un conflitto di potere fra apparati e oligarchie finanziarie e criminali che ricordano, su scala gigante, le vicende della Serbia di Milosevic negli anni Novanta’, stupisce il Corriere della sera.
Un Paese stremato da guerra e sanzioni, un potere assediato da oppositori, minato dalle bande criminali, ricompattato dalla guerra della Nato e infine travolto da nazionalisti e democratici coalizzati’. Ma attenti, Massimo Nava parla sempre della Serbia, anni prima del discusso e probabilmente inutile attacco Nato del 1999

Putin come Milosevic? Memoria per andare oltre

La Serbia negli anni Novanta’ e il potere di Milosevic. Travolto sì, ma dopo lunga agonia, dopo elezioni truccate, repressione di oppositori, manovre interne e internazionali. Potrebbero accadere cose analoghe. La marcia indietro di Prigozhin potrebbe essere un oscuro gioco di potere, l’inizio della campagna elettorale di Putin, un test interno per provare la fedeltà degli apparati e chiudere la partita con i mercenari della Wagner. Ma è davvero troppo presto per le analisi.

Guerra come condizione permanente

Quel che sembra certo è che la guerra non finirà presto. Sia per la situazione di stallo al fronte, sia per la determinazione degli ucraini a combattere e dei russi a non farla finita, sia soprattutto perché in gioco non c’è più soltanto il destino dell’Ucraina, ma un equilibrio europeo e mondiale che, dal punto di vista occidentale, sembra possa essere assicurato soltanto dalla supremazia militare e dal ridimensionamento della Russia come grande potenza. È interessante, in proposito, un’inchiesta del Financial Times nella Silicon Valley sugli sviluppi dell’industria militare, delle nuove tecnologie ad uso bellico e di start-up per la difesa con sofisticate applicazioni dell’intelligenza artificiale.

I ‘venture capitalist’ statunitensi

Nei primi cinque mesi di quest’anno i ‘venture capitalist’ statunitensi hanno concluso più di 200 accordi nel settore della difesa e dell’aerospazio per un valore di quasi 17 miliardi di dollari, più di quanto il settore abbia raccolto nell’intero 2019. In totale, gli investimenti sono passati da circa 16 miliardi di dollari nel 2019 a 33 miliardi nel 2022. Nel primo trimestre gli investitori hanno investito la cifra record di 14,5 miliardi in nuove start-up. C’è la convinzione che le start-up siano in grado di accaparrarsi una quota significativa del mastodontico bilancio della difesa degli Stati Uniti, cresciuto nel corso di due decenni fino a raggiungere la cifra record di 886 miliardi di dollari per il 2024.

Miliardi in sistemi d’arma

Grandi società di capitale di rischio, tra cui Andreessen Horowitz e Sequoia Capital, stanno investendo miliardi di dollari in aziende che progettano sistemi e armi da difesa. «Anduril Industries, un’azienda di tecnologia della difesa valutata 9 miliardi di dollari il cui maggior finanziatore è Andreessen Horowitz, sta progettando le cosiddette “munizioni vaganti”, di cui sono equipaggiati i suoi droni – sistemi di armi aeree che possono attendere passivamente un bersaglio e poi attaccare».

Droni e contro droni

«L’anno scorso Anduril, con sede a Los Angeles, si è aggiudicata un contratto da 1 miliardo di dollari dal Comando per le operazioni speciali degli Stati Uniti per guidare l’integrazione di sistemi in grado di identificare, tracciare e intercettare i droni ostili». La General Catalyst, che ha in gestione 33 miliardi di dollari, ha lanciato in aprile una pratica di «resilienza globale» per sostenere le società di difesa e di intelligence, a riprova che l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia ha ‘cambiato le carte in tavola’ per l’interesse delle forze armate statunitensi nei confronti della tecnologia commerciale.

Trincea e alta tecnologia

La guerra in Ucraina è stata combattuta attraverso una combinazione di guerra di trincea tradizionale e sistemi ad alta tecnologia come le comunicazioni satellitari, l’intelligence dei dati e i droni autonomi. «L’appetito è cambiato in modo significativo da quando abbiamo iniziato nel 2015», ha dichiarato Brandon Tseng, cofondatore e presidente di Shield AI, una start-up del valore di 2,7 miliardi di dollari che produce piloti da combattimento e droni dotati di intelligenza artificiale. «Quell’anno abbiamo presentato la nostra proposta a 30 investitori e abbiamo ricevuto 30 no. Poi la Russia ha invaso l’Ucraina e all’improvviso tutti si sono mossi».

Informazioni militari marketing

«Le entrate di Vannevar Labs – scrive il Ft – sono cresciute da 3 milioni di dollari a circa 25 milioni di dollari l’anno scorso grazie a un’ondata di contratti governativi. L’azienda, che analizza le comunicazioni globali per fornire informazioni militari, ha raccolto da gennaio 75 milioni di dollari da investitori».

Privatizzazione anche delle guerre

Negli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno istituito una serie di agenzie governative per incoraggiare un maggiore sviluppo del settore privato di tecnologie con applicazioni per la sicurezza nazionale, tra cui la Defense Innovation Unit nel 2015 e Afwerx nel 2017, che consente alle aziende private di vendere tecnologie innovative all’aeronautica militare. Nel 2019, gli Stati Uniti hanno creato un settore militare chiamato Space Force per condurre operazioni nello spazio esterno, incentivando un nuovo ciclo di flussi di capitali privati nelle tecnologie di difesa incentrate sulla guerra spaziale.

Intelligenza artificiale dove l’uomo non arriva

«SpaceX di Musk – scrive il FT – è stato uno dei maggiori vincitori privati, ricevendo grandi contratti per la costruzione di satelliti per le comunicazioni e per il tracciamento dei missili». Ora, un numero significativo di investitori ritiene, secondo l’inchiesta di Ft, che i recenti sviluppi tecnologici relativi all’intelligenza artificiale abbiano imposto ai gruppi della Silicon Valley l’obbligo di contribuire agli sforzi di difesa degli Stati Uniti. Fino a qualche tempo fa c’era molto prudenza nell’ avviare imprese che dipendessero da commesse governative.

Ma la musica è cambiata, come rileva Dan Gwak, managing partner di Point72 Private Investments. «Ora – ha detto – c’è un progresso tecnologico che potrebbe spostare l’equilibrio delle superpotenze globali. L’ultima volta che è successo è stato con la bomba atomica. Finalmente stiamo vedendo il governo prendere provvedimenti per vincere la gara tecnologica». Non è detto sia una buona notizia.

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