Il 10 giugno 1924 il deputato socialista Giacomo Matteotti fu rapito da una squadraccia fascista guidata da Amerigo Dumini nei pressi della sua abitazione sul Lungotevere Arnaldo da Brescia mentre si recava a Montecitorio. Probabilmente morì subito dopo il rapimento per le coltellate inferte in auto, ma il corpo fu ritrovato solo il 13 agosto 1924, in un boschetto nei pressi della Quartarella, a poche centinaia di metri dalla via Flaminia.
La salma fu quindi trasportata a Fratta Polesine per i funerali che si svolsero il 21 agosto con un vasto apparato di sicurezza e una straordinaria partecipazione popolare che fu composta e silenziosa. Matteotti, fu sepolto nel cimitero del paese dove ancora si trova e assieme a lui lo stato liberale e parlamentare che non aveva saputo impedire l’ascesa del fascismo.
Un grande romanzo russo del XX secolo, ‘Il dottor Zivago’ di Boris Pasternak, nelle pagine conclusive descrive il funerale del protagonista come una cerimonia silenziosa, commossa e di grande partecipazione. Perfino il fratellastro dello scomparso Evgraf, impassibile ufficiale della polizia politica, ammette una certa sorpresa e commenta: «Non mi ero reso conto di quanti avessero letto le poesie di Juri e il nostro popolo ama i poeti». Pasternak non poteva sapere che anche al suo funerale nel 1955 sarebbero accorsi in molti, non solo per affetto nei suoi confronti, ma anche per manifestare un timido dissenso.
Il 21 gennaio 1924, dopo una lunga e debilitante malattia, scomparve Vladimir Jlic Ulianov «Lenin»: nonostante nel testamento avesse espressamente indicato di essere cremato e trasferito a Pietroburgo accanto alla madre, i funerali si trasformarono nel primo capitolo di quella che sarebbe diventata una vera e propria liturgia sovietica. Il corpo fu sottoposto ad un trattamento per garantirne la conservazione e le spoglie collocate sotto le mura del Cremlino. Nello stesso testamento Lenin aveva anche ammonito a non concedere troppo spazio al segretario generale del partito Iosif Vissarionovič Džugašvili «Stalin», ma fu disatteso anche in questo.
Nel dicembre 1934, nei corridoi del famoso collegio Smolny di Leningrado (quartier generale bolscevico durante la rivoluzione d’Ottobre e poi sede del partito), Sergej Mironovič Kirov fu assassinato dal giovane studente Leonid Nikolaev che si ribellava allo statalismo crescente e al potere di Stalin. I funerali di Kirov, voluti da Stalin e regolati da un solenne protocollo di stato che ormai si era consolidato, costituirono il secondo capitolo, perché anche Kirov entrò nel Pantheon sovietico e fu sepolto sotto le mura del Cremlino.
Dopo i funerali iniziò però la repressione: Stalin fece arrestare tutti i sospettati di cospirazione e nelle ‘purghe’ finirono docenti universitari, medici, militari, dirigenti delle industrie e soprattutto gli ultimi vecchi bolscevichi tra i quali Lev Trotsky che però riuscì a fuggire. Seguirono, il 9 marzo 1953, sulla piazza Rossa affollata da centinaia di migliaia di persone, i funerali di Stalin, morto il 5 marzo. Le cerimonie furono funestate da numeroso incidenti che provocarono la morte di centinaia di persone accorse per l’evento che rimasero schiacciate nella calca.
Funerali di stato, lutto nazionale e inumazione al Cremlino furono in seguito riservate solo ai politici, con l’eccezione dei funerali di Jurij Gagarin, primo cosmonauta, morto in un incidente aereo.
La lunga vicenda giudiziaria di Bartolomeo Sacco e Nicola Vanzetti aveva attirato l’attenzione dell’opinione pubblica non solo negli Stati Uniti d’America, ma anche in numerosi paesi europei. Dopo la riconsegna dei corpi dei giustiziati alle famiglie seguì un funerale a Boston il 28 agosto 1927, del quale tuttavia mancava documentazione visiva: come stabilito infatti dal governatore dello stato del Massachusetts era vietato effettuare riprese fotografiche o cinematografiche delle esequie.
In realtà, una decina di anni orsono, riapparvero dei brevi spezzoni di pochi minuti girati in quell’occasione che contengono immagini significative: dalle decine e decine di poliziotti schierati intorno alla prigione durante l’esecuzione ai duecento cittadini attoniti e silenziosi che seguirono i feretri, perché le autorità avevano nel frattempo imposto un limite alle persone autorizzate.
Martin Luther King, il leader antisegregazionista degli anni Sessanta, fu assassinato a Memphis il 4 aprile 1968: i funerali si svolsero il giorno 9 ad Atlanta in Georgia e in varie città americane si verificarono gravi incidenti. Come era accaduto a Boston in occasione dei funerali di Sacco e Vanzetti, la polizia limitò l’accesso alle esequie, ma vi presero parte comunque almeno centomila persone tra cui la vedova del presidente assassinato J.F. Kennedy e il vicepresidente degli Stati Uniti Hubert Humphrey.
Seguendo la consuetudine dei contadini di colore della Georgia, che non potevano permettersi dei cavalli per i lavori agricoli, il carro con il feretro fu trainato da due muli; il grande ‘sognatore’, inumato inizialmente con estrema semplicità al Southview Cemetry, fu infine rimosso per essere collocato in un mausoleo dove si trova tuttora assieme alla moglie Coretta morta nel 2006.
Al nemico sconfitto non si può negare un funerale e il governatore inglese dell’isola di Sant’Elena, sir Hudson Lowe, fu in un certo senso costretto a rendere a Napoleone esequie di una certa solennità schierando la guarnigione e sparando salve di cannone: l’ex imperatore fu sepolto nei pressi di una fonte, luogo isolato che il defunto stesso aveva scelto prima della morte. Al funerale, che si svolse il 9 maggio 1821, prese parte tutta la piccola comunità francese che aveva condiviso l’esilio e non si dimenticò neppure di far seguire il cavallo del generale, come era costume nelle cerimonie militari.
Da questa collocazione Napoleone fu esumato per essere trasportato a Parigi e ricevere altri onori in questo caso realmente imperiali. La cerimonia si svolse il 15 dicembre 1840 e secondo numerose testimonianze fu una giornata particolarmente gelida. Il feretro, collocato su un catafalco e posto a sua volta su un carro, fu trainato da sedici cavalli e passò sotto l’Arco di Trionfo per raggiungere la cattedrale di Les Invalides, uno dei complessi architettonici più solenni della città, voluto dal Re Sole come ospizio per i veterani di guerra. Il più grande soldato di Francia – si scrisse al tempo – tornava tra i soldati, ma, prima che le spoglie occupassero l’urna attuale, passarono altri vent’anni, perché la tomba fu inaugurata solo nel 1861.
Per ingraziarsi i francesi, cent’anni dopo il funerale di Napoleone, il 15 dicembre 1940, Hitler decise di collocare anche le ceneri del figlio di Napoleone e di Maria Luisa d’Austria a Les Invalides. Fu un’altra cerimonia solenne, che non cambiò però l’umore nei confronti degli occupanti. Le giornate era comunque freddissime come un secolo prima e mancava il combustibile per il riscaldamento. Sacha-Guitry, interpretando i sentimenti dei parigini, osservò che «avevamo bisogno di carbone e ci hanno mandato ceneri».
Il repubblicano Giuseppe Mazzini, ricercato dalla polizia italiana-sabauda fino alla morte, morì a Pisa il 10 marzo 1872 a casa Nathan Rosselli sotto falso nome: per tutti era il signor George Brown, anziano commerciante di Genova che aveva vissuto lunghi anni in Inghilterra, un vecchio signore emaciato che passeggiava lentamente a causa dei postumi di una polmonite. La notizia della sua morte si diffuse in un baleno e si dovette affrontare la questione del trasporto della salma da Pisa a Genova, che al tempo non erano ancora collegate da una linea ferroviaria diretta. Il percorso durò sette giorni attraversando Lucca, Pistoia, Bologna, Reggio Emilia, Parma, Piacenza e Alessandria con grave preoccupazione di regi prefetti e questori che dovevano garantire l’ordine pubblico ad ogni tappa del convoglio.
Il 17 i funerali a Genova: una folla enorme fece ala lungo il percorso dalla stazione ferroviaria a Staglieno. In quel caso un messaggio chiaro a Casa Savoia, con 150 anni in anticipo sul referendum del 2 giugno 1946.