Washington Post: Ucraina senza Crimea e Donbass e solo in difesa

Clamorose rivelazioni del Washington Post sulla ‘nuova strategia Usa per Kiev’: «basta aiuti per riprendere le regioni occupate». Scenario politico militare evidentemente disastroso, e la svolta radicale americana per concentrarsi sul supporto difensivo a Kiev e, «nel lungo periodo, rafforzarla economicamente per scongiurare nuove avanzate russe».

Soluzione alla coreana dopo due anni di inutili massacri?

Secondo il Washington Post l’amministrazione Biden avrebbe messo a punto una nuova strategia per l’Ucraina. Al momento l’idea, ha spiegato una fonte del quotidiano statunitense, «è quella di garantire che l’Ucraina mantenga le posizioni sul campo di battaglia, ma mettendola su una traiettoria diversa per portarla su un percorso più sostenibile». Grossi problemi politici statunitensi con il vertice politico ucraino, è la parte non detta ma evidente dietro la svolta strategica Usa.

Basta guerra a perdere

Secondo i funzionari Usa, spiega Marina Catucci da New York, «il documento garantisce il sostegno alle operazioni militari a breve termine, e l’aiuto per la costruzione di una forza ucraina che sia in grado di scoraggiare l’aggressione russa. Ci saranno degli impegni più vincolanti e programmi specifici volti ad aiutare a proteggere, ricostituire ed espandere la base industriale e di esportazione dell’Ucraina». Svolta clamorosa di cui troviamo traccia italiana sul Manifesto, e nel silenzio totale dell’Europa istituzione che evidentemente attende ordini.

Usi obbedir tacendo…

Il supporto a Kiev non arriverà solo dagli Stati uniti, «ma rientrerà in uno sforzo multilaterale per sostenere il paese a lungo termine, coinvolgendo decine di paesi». Ovviamente Italia compresa, ma senza meritare una citazione. Ma poi scopriamo, grazie all’WP che «Ogni nazione starebbe già preparando un documento per illustrare i propri impegni nell’arco di 10 anni». Chi sa a chi sta toccando l’improbo compito ministeriale. O forse non è stato ancora trovato un accordo.

Regno Unito al guinzaglio

Il Regno unito è il primo ad essersi impegnato, e ha annunciato i termini del proprio accordo con l’Ucraina firmandoli a Kiev, durante un incontro tra il premier Rishi Sunak e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, promettendo di contribuire alla «sicurezza marittima, alla difesa aerea, all’artiglieria e ai mezzi corazzati, al sostegno fiscale e all’accesso al settore finanziario». Non risulta dalle cronache se Sunak aveva avuto anche il compito di dire al povero Zekensky che i due anni di massacri appena trascorsi erano stati inutili rispetto ai vecchi accordi di Minsk violati e traditi, e ora territorialmente rimpianti. O forse toccherà dirlo alla Francia, in occasione del viaggio di Macron in Ucraina.

Cosa toccherà agli ucraini

Anche gli ucraini dovranno tuttavia rivedere la loro strategia. ‘Difesa attiva’ la chiamano, ma la situazione sul campo vede uno stallo ormai solido. Kiev, scrive il Wp, vorrebbe continuare ma alcuni funzionari americani hanno fatto capire come ciò non sia possibile. «In questo momento, tutto fa pensare che avremo meno risorse dell’anno scorso, quando abbiamo cercato di fare una controffensiva e non ha funzionato. Se avremo ancora meno, allora è chiaro quale sarà il piano: la difesa», ammettono a Kiev. Una presa di coscienza che include anche i suoi alleati europei più ferrei, come i baltici.

La nuova linea del fronte

Escludendo il ritorno all’Ucraina delle regioni occupate, l’amministrazione Biden spera di superare l’impasse al Congresso, dove i nuovi finanziamenti per Kiev sono bloccati in uno scontro tra repubblicani e democratici. La presidenziali Usa che decidono del futuro prossimo della guerra in Ucraina, come fu recentemente con l’Afghanistan, e tenta altra storia prima.

Real politik del dare-avere

Intanto il Dipartimento di Stato, con tante altre grane tra le mani, ha notificato al Congresso di aver approvato la vendita alla Turchia di aerei F-16 e relativi equipaggiamenti, per 23 miliardi di dollari, seguito dell’approvazione del presidente turco Erdogan, dopo mesi di rifiuti, della richiesta di adesione alla Nato da parte della Svezia. L’annuncio dopo il voto del parlamento turco a favore dell’adesione della Svezia all’alleanza militare, e ha allentato le tensioni, senza cancellarle.

Equilibri ed equilibrismi

Ankara e Washington devono convivere ma non riescono ad amarsi. E a fidarsi. La politica statunitense in Siria con l’uso delle forze curde, o la decisione turca di acquistare il sistema di difesa aerea SS-400 russo. Con gli F-16 ad addolcire la pillola ad Ankara, il Dipartimento di Stato ‘vende’ al Congresso anche un bel numero di F-35 alla Grecia, da sempre rivale della Turchia. I legislatori Usa avevano collegato le due cose, insistendo sulla necessità di un equilibrio militare nel Mediterraneo orientale. Ma risultati finora ottenuti nei dintorni mediorientali, non rassicurano.
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