Apologia del silenzio, della vanga e della lotta

Volevo scrivere un pezzo sull’ipocrisia democratica e l’ingiustizia come punto di riferimento culturale e politico intoccabile. Ma il saggio barbiere anarchico, dolce e libertario, amante della bellezza e della poesia, oltre che sognatore di un mondo migliore senza guerre, schiavitù, sfruttamento e vergogna, mi ha consigliato di non farlo. Di non continuare a versare inchiostro e lacrime, riflessioni e dubbi, nel mare delle certezze assolute mediatiche, nel volteggiare di massa da storni dentro forme mobili di obbedienza e ferocia, di risentimento e ottusità, di crudeltà sociale e divertimento padronale nell’arena dell’applauso facile.

La storia giudicherà quest’epoca buia

Gli storici, se ci saranno ancora e non verranno sostituiti dai giornalisti e dai mestatori, si interrogheranno nel futuro su quale incantesimo avesse obnubilato le menti e i cuori, traducendo in finta commozione e quindi indifferenza ogni tragedia, levigando gli angoli dello sfruttamento fino a renderlo un passatempo come un altro, dove il più forte deve prevalere con merito. Fino a considerare la morte del prossimo un simpatico dettaglio. Come la tortura, la sana e giusta democratica tortura che risolve tanti problemi.

Gli storici si chiederanno come sia stata possibile una vittoria di classe così potente e irrimediabile, con la sconfitta incondizionata dei poveri, degli indifesi, degli sfruttati incapsulati in un sistema di obbedienze e repressione.

Sì, va bene. Ma avevamo detto di lasciar perdere…

Che era meglio tacere, cambiare strada, cercare altre soluzioni, uscire dalle logiche che ci impongono mediocrità invece di profondità, pesantezza dei ceppi invece che leggerezza delle idee, crudeltà invece di soavità della vita.

I pensieri silenziosi

Quindi ferma le dita nervose, amico mio, dai retta al barbiere. Scegli i pensieri silenziosi, limita anche l’uso bello della parola anarchia perché con questi semplificatori non si sa mai. E torna a considerare le basi: abbiamo perso perché abbiamo smesso di lottare per ciò che è giusto, mentre chi ha vinto non ha mai smesso un minuto di credere nel proprio sistema di ingiustizie e vergogne, ne ha fatto un paradigma di comportamenti efficace e netto. Abbiamo perso quando abbiamo smesso di credere in un mondo migliore e che la libertà si conquista ogni giorno con la lotta e non con le dichiarazioni in mondovisione, con i meme e le battutine salaci. Si conquista e riconquista sui territori e non sul virtuale, nell’azione di ogni giorno, nella realtà e non nella finzione scenica del tempo.

Quando è inutile dire si deve tacere. C’è un tempo per seminare e un tempo per raccogliere. Questo è il tempo del silenzio e della vanga. Poi si vedrà.

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