L’Italia ‘alla Mattei’ con quale Libia tratta? Haftar a Roma tra molti imbarazzi

Il governo Meloni scopre la nuova ‘rispettabilità di Haftar’, il padrone della Cirenaica che voleva conquistare Tripoli e mangiarsi la Libia. Alberto Negri severo: «Lo sviluppo dell’Africa? No, retorica e business. Con la cosiddetta emergenza dei flussi migratori e la Libia spaccata, il governo tratta con tutti i grandi, piccoli e criminali raìs nordafricani». Il Manifesto dietro le quinte della visita a Roma del comandante del cosiddetto ‘Esercito nazionale libico’, che comanda solo in Cirenaica

Altro che «piano Mattei»

Altro che ‘piano Mattei’ per lo sviluppo dell’Africa, lastricato dalla retorica delle buone intenzioni e soprattutto dal business: la cosiddetta «emergenza dei flussi migratori» e la Libia spaccata in due (in tre con il Fezzan) dispongono il governo a trattare con tutti i grandi e i piccoli raìs nordafricani, inclusi o meno in varie liste criminali. Del resto, caduti nelle primavere arabe del 2011 gli autocrati di lungo corso come Gheddafi, Ben Alì e Mubarak, oggi restano i loro epigoni che non sono più soltanto carcerieri di migranti, come i loro predecessori, ma anche direttamente trafficanti di esseri umani che fanno cassa e impongono nuovi ricatti.

Haftar riverito, chi era e chi è

In questa schiera c’è Khalifa Haftar, ricevuto ieri dal premier Meloni a Palazzo Chigi e il giorno prima dal ministro degli esteri Tajani. Haftar era un protetto di Gheddafi che gli affidò la sanguinosa campagna del Chad negli anni Ottanta. Caduto in disgrazia dopo la disfatta libica di Wadi Al Dum, Haftar fu fatto prigioniero dai ciadiani, successivamente liberato con la mediazione Usa per poi trascorrere 20 anni di comodo esilio in Virginia dove ottenne la cittadinanza americana. Con la caduta di Gheddafi è tornato in Libia, accompagnato dai figli Saddam e Belgacem, diventando protagonista di tentativi di golpe e della ‘Operazione dignità’ contro i jihadisti.

L’americano ‘criminale di guerra’

Nell’accogliente Virginia, per altro, un tribunale distrettuale nel 2022 lo ha condannato per crimini di guerra e contro l’umanità, perpetrati, secondo la denuncia di numerose famiglie libiche, durante la seconda guerra civile libica del 2019-2020, quando Haftar aveva stretto d’assedio Tripoli e venne poi sconfitto dai droni del leader turco Erdogan che punta anche sulla Libia per le sue proiezioni geopolitiche nel Mediterraneo.

‘Crimini di guerra’ solo dei nemici

Ma non c’è da fare troppo gli schizzinosi visto che per Haftar non c’è stata nessuna conseguenza per la condanna del tribunale della Virginia e che lo stesso governo americano, paladino assai intermittente dei diritti umani, ha inviato di recente in Libia l’assistente segretario di stato per il Medio Oriente, Barbara Leaf, proprio per incontrare Haftar. I due in questa occasione avrebbero parlato della necessità di allontanare i mercenari russi della Wagner, alleati del generale, e di raggiungere un accordo per indire nuove elezioni, anche se nessuno sembra credere davvero nella fattibilità a breve di entrambi i propositi. L’importante, per il momento, è fare finta di crederci.

Wagner d’imbarazzo

E qui tutti facciamo un po’ finta. Meloni si era recata in visita a Tripoli lo scorso 28 gennaio dove aveva incontrato il premier del governo di unità nazionale, Abdulhamid Dabaiba – un altro che promette (ma non mantiene) di rispettare gli accordi sui migranti e tantomeno i diritti umani – mentre l’operazione Haftar a Roma è avvenuta con la mediazione del generale egiziano Al Sisi dopo l’incontro con Tajani in marzo al Cairo.

Dove Tajani aveva fatto finta di credere alle rassicurazioni di Al Sisi sui casi Regeni e Zaki, per poi parlare del contenimento dei flussi migratori e della necessità di fare pressioni su Haftar, amico dell’Egitto, della Russia, degli Emirati e della Francia. Francia, che come dimostra il caso Darmamin-Meloni, non perde occasione per infiammare i nervi tesi tra Roma e Parigi.

 

MEMORIA PER DISTRATTI

Più della metà degli arrivi di migranti clandestini 2023 dalla Libia (10mila su 17mila) proviene della Cirenaica di Haftar, secondo i dati del Viminale elaborati da Agenzia Nova, con un aumento nel 2022 del 25% secondo l’Unhcr. Ma il generale non ha solo l’arma dei migranti puntata sull’Italia. Da lui dipende molta parte dell’instabilità della Libia da dove l’Italia prende gas (Greenstream) e petrolio. E alla Cirenaica è legata per della grave crisi economica della Tunisia e dello stesso Egitto. E ora il Sudan dove Dagalo ‘Hemetti’ è legato ad Haftar e alla Wagner. Haftar che in parte controlla l’incrocio di deserti sguarniti, tra stati falliti e senza confini certi.

«Così un generale golpista, condannato per crimini di guerra, adesso diventa anche un ‘rispettabile’ interlocutore».

Tags: Haftar libia
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