
Gli emendamenti del governo sulla legge di bilancio che semplicemente scompaiono, e appare lo spettro vergogna dell’ Esercizio provvisorio. Vacante di Natale a rischio nell’aula di Montecitorio per chiudere entro il 23 dicembre, e consentire al Senato di approvare il testo definitivo non oltre il 31. Una ‘legge di stabilità’ che sembra non aver convinto nessuno –rilevazione cronistica-, dai sindacati a Confindustria, dalla Banca d’Italia alla Corte dei conti. Ed i problemi per il governo, opposizione di fatto assente o quasi, sono tutti in casa. Dal Pos della resa, alle cartelle esattoriali, alle pensione anticipata per donne con figli, alle pensioni minime ai 600 euro da fame.
Insomma, dai festeggiamenti legittimi per la vittoria elettorale e dalle roboanti promesse della campagna elettorale, la scoperta degli oneri del governo, dopo essersi crogiolati negli onori.
Il Pos, pratica di pagamento elettronico universalmente diffusa in Europa e nel mondo industrializzato e reso obbligatorio anche in Italia –con forte ritardo-, dal governo Monti nel 2012. Da allora la lamentela degli esercenti sulle commissioni troppo care. «Ed era vero, soprattutto per i piccoli commercianti, ma negli ultimi 5 anni sono entrati nel mercato nuovi operatori e i costi si sono più che dimezzati», documentano Milena Gabanelli e Francesco Tortora sul Corriere della Sera. Che provano a fare i conti in tasca veri tra banche e piccolo esercente.
I pagamenti con moneta digitale sono un servizio e come tale hanno dei costi che vengono scaricati sull’esercente. Ogni singola transazione, il guadagno, viene spartita fra tre soggetti:
1) la banca che emette la carta di credito trattiene lo 0,2% per le transazioni con carta di debito o bancomat e lo 0,3% per quelle su carta di credito;
2) il circuito su cui si appoggia la carta (PagoBancomat, Maestro, Visa, MasterCard, American Express), si prende una commissione che va dallo 0,2% per la carta di debito o bancomat fino allo 0,5% per la carta di credito;
3) il Pos, cioè la macchinetta che legge quella carta, e se è tutto a posto dà l’ok. La banca o l’operatore che gestisce il pagamento per l’esercente applica una commissione che va dallo 0,3 allo 0,4%.
Fino alla fine del 2023 PagoBancomat ha azzerato tutte le commissioni sotto i 5 euro. Vuol dire che la colazione al bar pagata con bancomat non ha nessun costo per il barista. Invece le commissioni delle carte di credito viaggiano mediamente sull’1,2%.
Significa che su un conto di 20 euro in pizzeria il margine per l’esercente viene eroso di 24 centesimi. A tutto questo bisogna poi aggiungere il canone per l’uso del Pos, in media 14 euro al mese.
Osservatorio «ConfrontaConti.it e Sostariffe.it», negli ultimi 5 anni i costi per acquistare un Pos sono crollati del 66,5%. Oggi la spesa media è di 22,82 euro.
Quello dei pagamenti digitali è un mercato dove c’è molta concorrenza e dove proliferano le offerte. Da zero commissioni per i micropagamenti sotto i 15 euro e una percentuale dell’1% per pagamenti con Bancomat, Maestro, Visa, MasterCard e American Express, canone mensile per il Pos fisso a partire da 8 euro (canone gratis per il Pos mobile). Offerte diverse ma molto simili in concorrenza con gli spiccioli, mentre la maggior organizzazione italiana di gestione dei pagamenti digitali che fornisce servizi a quasi tutte le banche, non fa pagare commissioni sotto i 10 euro e fino a 1.000 euro al mese.
‘Linea Maginot del ministero del Tesoro’, la definisce qualcuno. I soldi che puoi spendere rispetto a quelli che mancano. Notte di Bilancio e di coltelli, con coperture finanziarie incerte su alcune misure bandiera dei partiti di maggioranza. Spazio per ulteriori litigi prima del voto finale di stanotte e l’arrivo in Aula previsto per domani. I tempi sono strettissimi ma l’esercizio provvisorio, assicurano fonti di governo, dovrebbe restare solo una minaccia «anche a costo di lavorare la vigilia di Natale e il 25 dicembre fino a tarda notte».
La norma sul tetto al Pos per i pagamenti fino a 60 euro, rischia di incentivare l’evasione Iva e va contro un obiettivo del Pnrr a cui è agganciata una rata dei fondi Ue, e viene archiviata. Meloni promette aiutini compensativi da definire. Il partito dei Silvio Berlusconi voleva più generosità sulla decontribuzione per i giovani assunti e sulle pensioni minime ma si deve accontentare. La Lega ottiene il mantenimento della flat tax per gli autonomi al 15% che però sale da 65 mila a 85 mila euro, e la rottamazione delle micro-cartelle fini al 2015, ma solo fino a mille euro e non ai 3-5mila euro chiesti.
Ma è sul Reddito di cittadinanza che infuriano le polemiche, anche con le opposizioni. Con i 5 Stelle a difenderlo a spada tratta e il Pd a presentare un emendamento sul salario minimo. Invece l’assegno scende da 8 a 7 mesi, non 6 come volevano altri.