
Almeno 30 navi cariche di gas liquefatto, navigano al rallentatore o sono addirittura ferme, in mare aperto, ai confini con l’Europa –molte al largo della Spagna-, in attesa che si alzino nuovamente i prezzi del gas. E chi ha bisogno disperato del combustibile per le sue industrie deve aspettare o chiudere, dovendo subire le regole del mercato fatto bisca. Le navi, che girano in tondo, aspettando il momento propizio per specularci sopra, sono una trentina e trasportano un carico del valore stimato di ben due miliardi di dollari. Non occorre essere esperti di marketing per capire che, più avanti la stagione fredda e più aumenterà la richiesta di gas da riscaldamento.
Si scommette, dunque, sulle gelate invernali che costringeranno molti governi a correre ai ripari. La società di analisi marittima “Vortexa” ha fatto sapere che alla coda di “gasiere” già esistente, presto si aggiungeranno altre 30 navi, a formare una sorta di riserva marittima, pronta ad entrare in azione secondo l’input dei mercati. In effetti, in una prima fase gli europei avevano comprato GNL furiosamente, per riempire gli stoccaggi in sostituzione del gas russo. Ma finora un autunno dalle temperature miti ha rallentato il consumo e fatto calare la domanda. Col risultato che gli stoccaggi sono rimasti pressoché intatti. Però c’è chi si vuole rifare e scommette su un inverno duro, che costringerà tutti a bruciare più carburante del dovuto.
Una situazione del genere si era già verificata con il petrolio, durante il picco della pandemia, quando i cali produttivi avevano rallentato la catena di approvvigionamento. C’era bisogno di meno energia, e in quella fase, e il greggio veniva semplicemente parcheggiato in mare, nell’attesa che i prezzi ricominciassero a salire. Vista la situazione, secondo gli esperti, ci vorrà almeno un altro mese affinché le navi comincino a scaricare il loro gas. Anche perché i prezzi internazionali del gas (TTF olandesi), in questo momento, sono crollati almeno del 70% rispetto ai livelli raggiunti a fine agosto. Oggi i prezzi alla consegna viaggiano sugli 85 euro al megawattora.
Tecnicamente il mercato è in una situazione che viene definita di “contagio”, in cui i prezzi per la consegna futura vengono scambiati a quote più alte di quelle che caratterizzano la consegna immediata. Si parla di un 35% in più a dicembre e di un ulteriore 30% a gennaio. Una differenza notevole, che spiega la strategia di attesa adottata dagli esportatori. L’immobilizzazione di un così grande numero di navi, ha diminuito drasticamente la disponibilità di vettori, facendo impennare il costo dei noli marittimi. I prezzi sono diventati insopportabili per i clienti asiatici, mentre gli europei hanno visto aumentare significativamente le tariffe dei loro trasporti.
Un carico che parta dal Golfo del Messico e sia diretto in Estremo oriente deve pagare una tariffa di 478 mila dollari al giorno. In pratica, quasi la stessa somma o poco meno viene richiesta per i carichi diretti in Europa. Si tratta di tariffe che sono raddoppiate rispetto al 2021. Va ancora detto che gli esportatori preferiscono sempre consegnare nel Vecchio continente. La rotta è più vicina e con la stessa flotta di navi riescono a fare più viaggi, rispetto a quelli che potrebbero realizzare sottoscrivendo contratti col Giappone o con la Corea del Sud.
Puntare sul GNL può essere una prima alternativa per l’Europa, a patto, però, che venga realizzato un numero adeguato di rigassificatori spesso contestati. Per ora sono una ventina e se si vorrà sviluppare questa forma di approvvigionamento, sarà necessario realizzarne altri nel più breve tempo possibile.
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