
Vladimir Putin, dopo aver proclamato l’annessione di quattro regioni ucraine (tra l’altro, non conquistate interamente) alla Federazione Russa, ha ancora minacciato il ricorso alle armi nucleari qualora tali regioni venissero attaccate. Sarebbe quindi ragionevole ammettere che è arrivato il momento di fermarsi e riflettere seriamente.
C’è un quesito che incombe minaccioso: può l’Europa correre il rischio dell’olocausto nucleare per difendere l’integrità territoriale ucraina? Zelensky evidentemente pensa di sì, e infatti ha chiesto l’adesione immediata alla Nato. Richiesta che, se accolta, potrebbe precipitarci subito in un baratro senza fondo.
Coloro che conoscono bene Putin sanno che deve essere preso sul serio, anche se i più pensano che il suo sia solo un bluff. Lo ha notato per esempio Angela Merkel, che può vantare una lunga frequentazione con il leader del Cremlino. Sottovalutarlo diventa, adesso, molto pericoloso.
Si è ormai compreso che le armi che intenderebbe usare sono le cosiddette “bombe nucleari tattiche”, di piccole dimensioni, destinate a colpire le truppe nemiche sul campo di battaglia. Ma è chiaro che le conseguenze del loro utilizzo sarebbero comunque esiziali, giacché il fall-out radioattivo non dipende dalle dimensioni dell’ordigno.
Non solo l’Ucraina, ma tutta l’Europa (Russia inclusa), ne verrebbe coinvolta in pieno e per un tempo non certo breve. E gli stessi americani, che continuano a inviare agli ucraini armi sofisticate, subirebbero conseguenze nonostante la lontananza geografica del loro territorio. Biden ha detto che gli Usa reagirebbero, ma non si vede perché dovremmo sentirci tranquilli sapendo che Washington “la farebbe pagare” a Mosca. A noi europei, infatti, come minimo toccherebbero tanto le bombe atomiche russe quanto quelle americane.
Fu il 99enne ex segretario di Stato Usa Henry Kissinger a introdurre, nel lontano 1957, il concetto di “armi nucleari tattiche”, con un articolo che segnò l’inizio della sua brillante carriera universitaria (e poi diplomatica). Ora Kissinger invita alla prudenza, affermando che lo stallo si può sbloccare solo ricorrendo alla diplomazia. Strada, però, difficile da percorrere. Putin parla addirittura di “satanismo occidentale”, attribuendo al conflitto un carattere mistico-religioso.
Zelensky, dal canto suo, non si rassegna a rinunciare ai territori annessi dai russi con referendum fasulli, e intende continuare la lotta forte dei successi conseguiti sul campo dal suo esercito con l’aiuto occidentale. Questo fa capire quanto siamo vicini a una guerra nucleare vera, che farebbe precipitare il nostro continente (e il mondo intero) in una situazione che definire “drammatica” è dir poco. Al suo confronto, la temuta recessione economica, che in pratica è già in atto, appare cosa di poco conto.
Non si sa se sarà possibile fermare questa folle corsa. Ragionare con Putin, che si è detto disponibile a trattare, si può, ma solo alle sue condizioni. Lo stesso – da quanto si comprende – vale per Zelensky, e a questo punto conta poco che uno sia l’aggressore e l’altro l’aggredito. Ciò che importa è salvare l’Europa da un destino che più tragico di così non potrebbe essere, e si può fare solo se qualcuno rinuncia a perseguire i propri obiettivi.
Non si stanca di ripeterlo Papa Francesco, i cui continui appelli alla pace necessaria restano purtroppo inascoltati. Anche se la sua è l’unica strategia in grado di salvarci.