Polacchi e ucraini in Galizia e Volinia, conti aperti con la storia

L’attualità della Polonia Nato che quasi rompe con l’Ucraina per il grano ed antiche partecipazioni naziste, con peccati incrociati da nascondere. Ma altro e prima ancora. Nel 1772 l’impero d’Austria e l’impero russo si spartirono per la prima volta la Polonia; seguirono altre due spartizioni nel 1793 e nel 1795 coinvolgendo anche la Prussia, ma – a parte una breve parentesi nel periodo napoleonico – fino al 1918 non risorse mai più uno stato polacco.
I polacchi per quasi un secolo e mezzo furono quindi dominati da russi o tedeschi, ma nemmeno gli ucraini ebbero vita facile o tranquilla, perché si trovarono anch’essi controllati e divisi tra austriaci e russi.

L’illusione asburgica

Il congresso di Vienna operò un’ulteriore modifica ai confini tra impero d’Austria e impero russo in Galizia: rimase austriaco il regno di Galizia e Lodomeria con le città di Cracovia e Leopoli, ovvero la parte occidentale, e divenne russa la regione intorno a Lublino. Gli imperi avevano promesso il rispetto della lingua, della cultura e delle tradizioni locali, ma -come spesso avviene si comportarono poi diversamente: l’impero zarista attuò subito una politica di russificazione forzata e totale, mentre l’impero d’Austria, grazie ad un articolato sistema burocratico e amministrativo, si rivolse in parte alle classi dirigenti locali per governare il paese.
Nel 1830, nella Polonia russa, scoppiò una rivolta di vaste dimensioni che fu duramente repressa e provocò l’esodo di migliaia di polacchi nella parte austriaca della Galizia che divenne -con scarso entusiasmo di Vienna- una zona pullulante di esuli e cospiratori. Nel 1846 in Galizia scoppiò una seconda rivolta polacca, ma questa volta contro gli austriaci: fu domata in breve tempo soprattutto grazie ai contadini ucraini -all’epoca chiamati ‘ruteni’- che mal sopportavano le condizioni di lavoro imposte dai latifondisti polacchi che, nei loro confronti, non si comportavano diversamente dai russi con i servi della gleba.
Benché la dominazione austriaca fosse molto rigida, risultava tuttavia preferibile all’arbitrio dei grandi proprietari terrieri e da questo episodio cominciò a svilupparsi anche quell’attaccamento all’impero d’Austria che avrebbe condotto alla nascita del ‘mito asburgico’. Nel 1848, anno di rivoluzioni in Europa, ci fu una terza insurrezione polacca: anche questa volta i contadini ucraini si schierarono apertamente con l’Austria e contro i rivoltosi saccheggiandone case e proprietà ed abbandonandosi ad altre violenze.

I movimenti nazionali

Dopo il 1848, esaurita la spinta democratica delle rivoluzioni europee, l’eredità fu raccolta dai movimenti nazionali -o meglio ‘nazionalisti’- che a partire dalla lingua rifondarono le proprie culture. Ma in Galizia il solco tra polacchi e ucraini si era ormai allargato. Nonostante un timido tentativo austriaco di creare una rappresentanza popolare e una parvenza di autogoverno, nelle città si rafforzavano le elites polacche, mentre nelle campagne cresceva il malcontento dei contadini ucraini. Nel 1864 scoppiò un’ennesima rivolta in Polonia contro i russi e in Galizia fu proclamato lo stato d’assedio che arrestò il percorso di tutte le riforme vagheggiate. Quando la situazione si normalizzò si assisté ad un riavvicinamento tra Vienna e l’aristocrazia polacca, ma la sensazione di abbandono percepita dai contadini ucraini cominciò a raffreddare i sentimenti filo-asburgici a favore di un riavvicinamento prima in generale al mondo slavo e in un secondo tempo alla Russia.
L’impero d’Austria fu costretto nel 1867 a concedere un’autonomia formale all’Ungheria, o meglio alla classe dei nobili e dei latifondisti magiari, e analogamente le concessioni in Galizia tennero conto più dell’aristocrazia polacca che degli ucraini. Infine, nonostante la tra le lingue riconosciute dell’impero vi fosse anche il ruteno/ucraino, nelle istituzioni pubbliche prevaleva il polacco.
Particolarmente sgradita fu in particolare l’adozione esclusiva del polacco nell’università, alla quale tra l’altro pochissimi ucraini potevano accedere: dei sentimenti anti-ucraini fu testimone lo scrittore Joseph Roth, cacciato dall’università nel 1914 da un gruppo di studenti nazionalisti polacchi.

La Prima Guerra mondiale

Agli inizi del XX secolo la comunità ruteno/ucraina aveva perso ogni speranza di ottenere un’equiparazione con i polacchi e le cose si complicarono ulteriormente a causa delle frequenti tensioni internazionali tra Austria e Russia. L’Austria infatti, assai preoccupata per la sua stessa esistenza ed ossessionata dalla sicurezza sui confini orientali, condusse numerosi processi contro ucraini accusati di tradimento, ma che in realtà avevano difeso la propria identità. Allo scoppio della Grande Guerra ogni sentimento di fiducia nei confronti di Vienna crollò miseramente, anche a causa delle disastrose sconfitte austriache e della repressione militare: mentre i russi avanzavano verso Leopoli, che fu conquistata nell’autunno 1914, nelle retrovie del fronte la gendarmeria austriaca fucilò decine e decine di presunte ‘spie’ ed impiccò altrettanti disertori ruteni.
Poiché i polacchi dell’impero austriaco erano nella stragrande maggioranza a favore della monarchia asburgica e si erano arruolati nell’imperial-regio esercito, il distacco divenne totale. Nel 1918 fu proclamata un’effimera repubblica ucraina, che però – sostanzialmente priva di qualsiasi sostegno internazionale – fu schiacciata dai due potenti vicini. Leopoli, prima di diventare definitivamente polacca nel 1923, fu contesa in aspri combattimenti prima tra ucraini e polacchi e poi tra polacchi e russi. Meno di vent’anni dopo sarebbe scoppiata la Seconda Guerra mondiale in cui si riproposero vecchi rancori mai sopiti e infliggendo alle due popolazioni sofferenze mai viste prima.

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