Gli Usa abbattono un drone turco ma il conto lo pagano i curdi

Seguire i rapporti diplomatici tra Ankara e Washington è come stare su un ottovolante. Alti e bassi si susseguono, influenzati dalle caotiche vicende geopolitiche di questa fase storica. Ultima crisi, un F-16 dell’US Air Force, forse decollato da una base in Giordania, ha abbattuto un drone degli ‘alleati’ turchi, in missione nei cieli della Siria settentrionale.
Il velivolo senza pilota faceva parte di una flottiglia di droni, lanciati all’attacco di postazioni controllate da milizie curde.

Curdi alleati o terroristi a convenienza

L’ancora tormentato campo di battaglia siriano. A settentrione, vicino al confine con la Turchia, operano i gruppi della resistenza curda legati al PKK, il Partito dei lavoratori del Kurdistan. Che dichiarato dalla Turchia e, a seguire di molte pressioni, dagli Usa e dall’Unione Europea, come organizzazione terroristica. Combattono anche altre milizie curde, le Unità di protezione popolare (YPG), che sono affiliate alle Syrian Democratic Forces (SDF), la grande alleanza del Nord, che è invece sostenuta dalla Casa Bianca, ma non dalla Turchia. Le YPG sono considerate dagli americani un gruppo amico, laddove invece, per i turchi, sono un bersaglio da eliminare, esattamente come il PKK.

La perenne guerra turca

L’altro giorno, i droni di Ankara hanno attaccato le milizie curde che si trovavano a poca distanza dalla base Usa di al-Hasaka, dove sono acquartierati circa 900 uomini dell’US Army. Un drone ‘non militare’ (definizione equivoca), come lo dichiara il think-thank statunitense Al-Monitor, si sarebbe avvicinato troppo e, dopo ripetuti avvertimenti, dicono, è stato abbattuto. Problemi di comunicazione radio, o altro? Probabilmente, si trattava di un velivolo di ‘scoperta aerea’, drone spia dei Servizi di intelligence turchi MIT, usato altre volte, come sostiene Al-Monitor, per compiere omicidi mirati di alti ufficiali curdi. Quindi. non proprio disarmato.

I curdi buoni, se utili

C’è da dire che il Pentagono sfrutta i combattenti curdi come ‘federati’ nella lotta senza quartiere ai resti dell’Isis. Spesso come ‘carne da cannone’ contro il regime di Assad che, da Damasco, comanda a macchia di leopardo su una Siria disintegrata. Quei curdi sono ritenuti, insomma, alleati preziosi da tutelare. Per cui, è possibile che l’abbattimento del drone possa essere stato una ‘miscalculation’, uno di quegli incidenti, cioè, che sono -o debbono apparire-, frutto di valutazioni sbagliate, prodotte dalla catena locale di comando. Un incidente o forse, meglio, una decisione che potrebbe avere conseguenze politiche ben più pesanti di quelle (assai limitate) che ha avuto sul campo di battaglia.

La Nato ruffiana

Da tempo, i rapporti tra il Presidente Erdogan e la Nato (di cui la Turchia è un bastione) sono, per usare un eufemismo, ‘problematici’. L’addetto stampa del Pentagono, il generale Pat Ryder, cercando di aggiustare le cose, ha detto che si è trattato di un incidente deplorevole, che nessuno si è fatto male e, soprattutto, «che non c’era alcuna indicazione che le forze turche volessero prendere di mira quelle americane». Ha aggiunto che per discutere di quello che è stato un nuovo inciampo nei rapporti tra i due Paesi, si sono addirittura scomodati i Ministri della Difesa, Lloyd Austin e Yasar Guler.

Poi, i curdi ‘cattivi’

C’è stato il via libera di Biden a Erdogan per una rappresaglia contro i curdi, dopo questa conversazione? Nell’era della ‘realpolitik’ tutto è possibile. Ma quasi a confermare ‘legittimi sospetti’, ieri i turchi hanno colpito in Siria, il Rojava, la fascia di territorio siriano sul confine turco a maggioranza di popolazione curda, senza interferenze americane. Il quotidiano Hurryet, ha titolato, a tutta pagina: «La Turchia colpisce le strutture terroristiche YPG/PKK in Siria». In pratica, i droni turchi sono tornati a colpire a raffica, in tutta l’area di Kobane. Bersagliati una centrale elettrica, tre giacimenti petroliferi, il perimetro di una diga, due compound militari e diverse infrastrutture civili.

Cosa si nasconde dietro?

Il Ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, ha ribadito che, dopo il recente (e di attribuzione incerta) attentato suicida ad Ankara, gli obiettivi curdi in Siria e in Irak, continueranno a essere presi di mira dal governo turco. Attenzione però, perché Fidan ha aggiunto una postilla poco gradevole, per Biden, al suo discorso. Ha detto che verranno attaccate anche le basi delle YPG, presenti nella grande alleanza sostenuta dagli americani. Il che significa, altri scontri in vista. A meno che qualcuno non ceda, per superiori ‘interessi nazionali’. La Turchia di Erdogan o l’America di Biden?

Secondo gli analisti di Al Monitor, Erdogan può sempre giocare, sulla storia, ormai fin troppo stagionata, dell’ingresso della Svezia nella Nato. Per ottenere un ben po’ di aviazione armata. Una linea di credito di 20 miliardi di dollari ‘molto agevolata’, per almeno 40 F-16 e i relativi kit di aggiornamento.

Tags: curdi tURCHIA Usa
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