Kosovo d’attacco su Mitrovica serba si gioca i visti Schengen con l’Europa

L’attesa infinita per la liberalizzazione dei visti Schengen per il Kosovo, l’unico partner europeo dell’Ue ancora non ‘visa free’. Vigilia di decisioni tra mille e forti dubbi. La legalità praticata e diffusa nel Paese non risulta tra le voci favorevoli. Dal 2018 la Commissione certifica il rispetto di Pristina di tutte le condizioni per l’esenzione del regime dei visti in ingresso. Ma il dossier è bloccato in Consiglio e ora, la forzatura del premier Albin Kurti dell’enclave serba di Mitrovica –oltre al rischio del riaccendersi della violenza armata-, porrà certamente altri ostacoli alla contrastata decisione visti Ue che sembrava avviata ad una soluzione favorevole.

Il Kosovo fuori dalla porta di servizio

La liberalizzazione dei visti per i cittadini kosovari da parte dell’Ue che sembrava possibile e prossima, torna in alto mare. A inizio dicembre gli ambasciatori Ue avevano immaginato i cittadini kosovari liberi di viaggiare in area Schengen, senza visto, dal 1° gennaio 2024. Una decisione che dovrà essere formalizzata dal Consiglio europeo e approvata dal Parlamento di Bruxelles. Ma la provocazione di Albin Kurti su Mitrovica, se non scatenerà una nuova guerra, certamente non favorirà una soluzione positiva.

Schengen attuale

La liberalizzazione del regime dei visti in ingresso nello spazio Schengen –la possibilità di viaggiare nell’area che ha abolito le frontiere interne, utilizzando il proprio passaporto senza ulteriori requisiti per soggiorni di breve durata – è in vigore per 63 Paesi di tutto il mondo, compresi i Paesi dei Balcani Occidentali: Albania, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia, ma non il Kosovo. Oltre a Regno Unito, Moldova, Georgia e Ucraina. Scelte politiche oltre che di sicurezza.

Dieci anni di attesa e di diffidenza

Per il Kosovo, il dialogo con la Commissione Europea sulla liberalizzazione dei visti è ormai vecchio di 10 anni. Da subito, il vincolo formale sulla demarcazione dei confini e il bilancio della lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione. Due anni più tardi, il 18 luglio 2018, l’esecutivo comunitario aveva sostenuto che il Kosovo ha soddisfatto tutti i requisiti previsti dalla tabella di marcia per la liberalizzazione dei visti, ma troppi intrecci Isis cresciuti in quei territori, pur senza venire formalmente citati, avevano frenato tutto. E dal 2018 niente si è mosso, almeno non in Consiglio.  

Kosovo tra Stato e non Stato

Lo stallo ha almeno due origini (ora con Kurti, tre). Ben cinque Paesi dell’Ue non riconoscono l’indipendenza autoproclamata del Kosovo dalla Serbia (Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia) e, allo stesso tempo, altri stanno frenando l’iniziativa della Commissione. Tra questi compaiono Francia e Paesi Bassi, ultimi veri oppositori della politica di liberalizzazione dei visti che – sotto le pressioni crescenti delle istituzioni comunitarie e degli altri Stati membri – stanno sì mostrando per la prima volta segnali di apertura, ma con nuove richieste che rischiano di prolungare ancora a lungo l’attesa infinita di Pristina.

Francia, frontiere aperte ma sapendo chi entra

La Francia ha proposto di collegare la liberalizzazione dei visti per il Kosovo all’entrata in vigore del Sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi (Etias). Un sistema digitale per avere traccia dei visitatori extra-comunitari nella zona Schengen, che riguarderà tutti i viaggiatori dai 63 Paesi ‘visa free’ per l’Ue con la compilazione di un modulo d’ingresso (come negli Stati Uniti). Un apparente un passo in avanti per le speranze kosovare, salvo capire quando l’Etias sarà operativo: entro il 2022, poi primavera 2023 e poi alla fine del prossimo anno. Quasi il futuro del mai.

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