
Una catena ininterrotta di provocazioni e cercare la reazione necessariamente violenta da reprimere con violenza decuplicata da parte di uno Stato super armato e senza ritrosie nell’usare la violenza. Ora il governo Netanyahu approva la proposta di legge, promessa elettorale dell’ultradestra, per reintrodurre della pena di morte in Israele per gli accusati di terrorismo. Dettaglio sui destinatari della eventuale pena di morte, di fatto una esclusiva palestinese.
La stessa stampa israeliana, a partire dal Jerusalem Post, indica come assai improbabile che a essere condannato a morte possa essere un ebreo che assassina un palestinese.
Il ‘terrorismo’ etnico. «Il primo passo della futura legge mostro», segnala Chiara Cruciati sul Manifesto. Ennesima prova di forza del governo Netanyahu, nonostante il parere contrario (in teoria vincolante) della procuratrice generale Gali Baharav-Miara che ha definito la proposta «incostituzionale» (a maggior ragione, dice, nella parte che fa riferimento ai Territori occupati, essendo appunto illegalmente occupati).
Disegno di legge presentato dal partito di ultradestra ‘Potere ebraico’, che spiega anche il suo concetto di «terrorista»: «Chiunque intenzionalmente o meno causa la morte di un cittadino israeliano quando l’atto è compiuto per motivi razzisti o di odio e con l’obiettivo di danneggiare lo Stato di Israele e la rinascita del popolo ebraico nella propria patria».
Definizione ampia e che non indica i palestinesi come primo obiettivo (tra l’altro, il 20% dei cittadini israeliani è palestinese) da cui la necessità di Ben Gvir e del premier Netanyahu di dare qualche dettaglio in più, indicando nell’uccisione di due coloni israeliani vicino Nablus la molla finale della proposta di legge.
Già qualche giorno fa Amnesty aveva condannato la proposta sia per la crudeltà della pena di morte sia perché la legge «è il tentativo di creare una distinzione su base etnico-nazionalista e questo la rende una legge di apartheid». Condanna anche dagli esperti Onu: «Passo profondamente regressivo» che «tra l’altro si applicherà alle minoranze e a chi vive da 55 sotto occupazione».
Nella Cisgiordania occupata ormai è conflitto aperto tra abitanti palestinesi e coloni israeliani, avverte Michele Giorgio. «Un anno di incursioni ‘antiterrorismo’ continue dell’esercito israeliano nei centri abitati palestinesi, a cominciare da Jenin e Nablus, con oltre 200 palestinesi uccisi, e di blitz punitivi e intimidazioni dei coloni nei villaggi vicini agli insediamenti, non hanno fatto altro che alimentare rabbia, frustrazione e la militanza armata tra gli occupati».
L’odio quotidiano. Al raid del 22 febbraio dell’esercito nella città vecchia di Nablus – 11 uccisi tra cui alcuni civili –, domenica un uomo armato ha risposto, almeno così spiegano i palestinesi, uccidendo a colpi d’arma da fuoco due coloni israeliani di Brachà (due fratelli, Hallel e Yagel Yaniv, di 21 e 19 anni) nei pressi del villaggio di Huwara (Nablus). Poche ore dopo, centinaia di coloni hanno condotto una rappresaglia di massa contro i villaggi di Huwara, Burin, e Zaatara dove hanno dato alle fiamme oltre trenta case e decine di automobili. Un palestinese è stato ucciso da un proiettile allo stomaco –sparato dall’esercito non dai coloni, denunciava ieri la famiglia–, mentre altre decine sono stati feriti, alcuni in modo grave.
Quale sia stato il ruolo dell’esercito in quelle fasi non è chiaro. Secondo i comandi militari, sarebbe riuscito ad evitare il peggio e a dividere le due parti. Per i palestinesi invece i soldati in molte occasioni avrebbero lasciato fare e protetto i coloni e non chi veniva aggredito. 22 esperti israeliani di diritto internazionale, in una lettera scritta al procuratore generale, hanno avvertito che i fatti di Huwara costituiscono un «crimine di guerra così come l’istigazione alla violenza da parte di esponenti politici dell’estrema destra».
Ieri pomeriggio un altro colono israeliano, di 25 anni, è stato ucciso vicino a Gerico. La città è stata circondata e chiusa dall’esercito. A Gerico, oltre 60 palestinesi e una dozzina di israeliani sono stati uccisi dall’inizio dell’anno. Il deputato della maggioranza Zvika Fogel, del partito di estrema destra Otzma Yehudit e presidente del Commissione per la sicurezza nazionale della Knesset. «Togliamoci i guanti. Un Huwara chiuso e bruciato: ecco cosa voglio vedere. Abbiamo bisogno di bruciare villaggi quando l’esercito non agisce».
E parlando a nome di altri deputati di destra ha detto che si vergognava che la coalizione di cui fa parte stesse «balbettando nella sua risposta al terrore palestinese».