La guerra in Ucraina sta gettando lo scompiglio nella diplomazia internazionale. Ormai si naviga a vista e non passa giorno senza che non ci siano sorprese. Ieri, in India, alla riunione del G20 dei Ministri degli Esteri, dopo un anno si sono incontrati e parlati (prima l’avevano fatto solo per telefono) l’americano Antony Blinken e il russo Sergei Lavrov. Un segnale evidente che il conflitto comincia a pesare, per tutti, oltre ogni più pessimistica previsione.
A New Delhi si dovevano affrontare temi di scottante attualità, come la crisi alimentare mondiale, i cambiamenti climatici, il rialzo dei costi delle materie prime e dell’energia, la lotta al narcotraffico. Su molti punti si è raggiunto un accordo complessivo, ma non sull’Ucraina. L’India ha cercato una mediazione, ma è stato tutto inutile, Russia e Cina si sono messe un di traverso. Così, Blinken e Lavrov hanno rotto il ghiaccio, quasi alla chetichella, guardandosi negli occhi ai margini della conferenza.
I due diplomatici hanno discusso per una decina di minuti, secondo notizie fornite da funzionari del Dipartimento di Stato ‘che hanno familiarità coi fatti’. Al primo posto, nell’improvvisata agenda del colloquio (che pare sia stato proposto da Blinken), è spuntato un ‘danno collaterale’ che potrebbe avere ricadute devastanti: il ritiro dei russi dal trattato nucleare ‘New Start’, del 2011. È stata una mossa di Putin, che ha sparigliato le carte, gettando lo scompiglio nelle segrete stanze della Casa Bianca.
L’accordo, infatti, finora ha bloccato la corsa alle armi nucleari strategiche (quelle balistiche intercontinentali, per intenderci) che garantiscono la mutua distruzione di Russia e Stati Uniti. Il ‘New Start’, insomma, regola l’equilibrio del terrore e, assicurando controlli incrociati, permette di abbassare la soglia di rischio di un Armageddon atomico. Il trattato, dunque, copre un fianco veramente esposto della sicurezza nazionale Usa, quello nel mirino dei missili ICBM. Ma siccome la sicurezza costa, senza il ‘New Start’ (che comunque doveva scadere nel 2026, per poi essere rinnovato) gli Stati Uniti dovranno spendere un sacco di soldi in più.
Congelati i controlli, infatti, si riaprirà la corsa a nuovi test atomici e missilistici. Inoltre, sempre maggiori risorse dovranno essere destinate alla ricerca per scopi militari, nel campo aerospaziale. Quantificare tali somme, in questo momento, non è facile. Ma, all’orizzonte, già si prefigurano scenari che metterebbero in difficoltà qualsiasi sistema economico. Anche prospero e collaudato come quello americano. Così, alla contabilità della guerra in Ucraina, a quella derivante dalle tensioni con la Cina e dal binomio inflazione-recessione, Joe Biden e i suoi adviser ora dovranno/dovrebbero aggiungere anche i costi (imprevisti) di un possibile riarmo atomico.
Bisogna sottolineare che, quando parliamo di ‘riarmo atomico’, ci riferiamo soprattutto alla componente missilistica. È quello, infatti, il settore in cui Russia, Usa e Cina stanno cercando di progredire, mediante vettori ‘ipersonici’, impossibili da intercettare e abbattere. Anche perché i limiti delle testate, già prefissati, assicurano un reciproco annichilimento. Il ‘New Start’ impone a ognuna delle parti di possedere non più di 1550 testate, sganciabili da missili intercontinentali, sottomarini (SLBM) e aerei. Questi ultimi vettori vanno divisi tra ‘schierati’ (circa 700) e ‘lanciatori’ da armare (800).
È chiaro, secondo lo spirito del trattato, che gli Usa tendono a proteggere prima di tutto il loro territorio nazionale, cautelandosi contro i nuovi missili di Mosca, come ‘Avangard’ e ‘Sarmat’ (tempo di volo necessario per colpire dalla Russia: mezz’ora).
La ‘premura’ di Blinken in conto terzi per un abboccamento con Lavrov, è stata sicuramente dettata da questo nuovo scenario. Si è parlato anche di un cittadino Usa detenuto in Russia, con l’accusa di spionaggio. L’ultimo capitolo dell’incontro-flash, ovviamente, ha riguardato l’Ucraina. Forse sarà stata una ‘excusatio non pentita’, ma fonti (anonime) dell’Amministrazione Biden, hanno chiarito che Blinken ha ribadito la volontà di assistere Kiev senza riserve, ‘fino a quando sarà necessario’. Smentendo così, è stato aggiunto, le voci che parlavano di ipotetiche divergenze di vedute, all’interno degli States o con gli altri alleati della Nato. Insomma, la partita a poker continua, fatta di rilanci e controrilanci, nell’attesa che qualcuno decida di vedere le carte.
Certo, quello di Putin sul ‘New Start’ è stato un colpo che costringerà molti strateghi americani a rifare i conti. D’altro canto, basta leggere la presentazione ufficiale che il Dipartimento di Stato ha fatto di questo trattato: «Ci offre la flessibilità necessaria per dispiegare e mantenere le forze nucleari strategiche, in un modo che serve al meglio gli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti».