Molti dei Paesi europei della Nato hanno mantenuto aperta la possibilità di inviare i propri F-16 in Ucraina o si sono detti disposti a fornire addestramento ai piloti ucraini ma non direttamente alla consegna dei velivoli. Ragioni e scuse. E il ministro della Difesa tedesco ha ribadito che la Germania non avrebbe la capacità di addestramento o l’equipaggiamento militare per contribuire attivamente all’iniziativa anglo-olandese, in cui ‘non potrebbe svolgere un ruolo attivo’.
Il meccanismo della ‘coalizione internazionale’ viene tirato in ballo per gli stessi motivi che lo avevano reso necessario, mesi fa, per la consegna dei Leopard tedeschi, sostiene Limes. In questo caso gli F16 posseduti da diversi paesi europei sono però di produzione americana ed è quindi Washington a dover approvare il loro trasferimento. Mentre a gennaio il presidente americano Joe Biden aveva dichiarato che gli Stati Uniti non ne avrebbero forniti, è invece probabile che gli stessi non impediranno che siano gli europei a farlo.
Mentre gli F-16 per ora volano solo a parole, per fortuna viaggia via terra e via nave l’accordo fra Russia e Ucraina sull’esportazione di grano ucraino via Mar Nero. Ad annunciare la proroga di due mesi è stato il presidente turco Erdoğan, principale mediatore del compromesso fra le due parti, che hanno confermato.
Il governo ucraino ha comunicato che c’è stato l’incontro tra il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba e Li Hui, inviato speciale nominato da Xi Jinping subito dopo la sua telefonata con Zelensky. «Kuleba ha informato l’inviato speciale del governo cinese che l’Ucraina non accetta alcuna proposta che implichi la perdita dei suoi territori o il congelamento del conflitto». Passaggio che sembra chiudere temporaneamente al documento in 12 punti presentato dalla Cina, che chiede invece di considerare anche le «legittime preoccupazioni di sicurezza di tutti i paesi, Russia inclusa».
Il presidente russo Putin e l’ucraino Zelensky disposti di incontrare un gruppo di leader africani per discutere un potenziale piano di pace. Lo ha comunicato ieri il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa in una conferenza stampa congiunta con il primo ministro di Singapore a Città del Capo. Il contenuto della proposta negoziale non è stato specificato, ma si sa che l’iniziativa gode dell’appoggio anche di Senegal, Uganda, Egitto, Congo e Zambia.
Washington e Londra hanno espresso un ‘cauto sostegno’. Motivi di tale cautela i voti di astensione del Sudafrica nelle risoluzioni Onu sulla guerra, con Pretoria considerata un alleato di Mosca nel continente. La settimana scorsa il Sudafrica aveva respinto le accuse dell’ambasciatore statunitense nel paese secondo cui a dicembre sarebbero state caricate armi su una nave russa da una base navale di Città del Capo. Episodio che avrebbe preceduto di poco la visita del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov in gennaio.
Al vertice del G7, il tentativo di impedire la ripresa delle importazioni di gas naturale dalla Russia qualora il Cremlino decidesse di riaprire i rubinetti. Ma, secondo quanto riportano fonti diplomatiche -ancora Limes-, è improbabile che l’ulteriore stretta rientri nell’undicesimo pacchetto di sanzioni contro Mosca dell’Unione Europea. Il provvedimento sarebbe quasi pronto ma non sembra esserci consenso sull’iniziativa. Dissenso soprattutto da Berlino e Roma, tuttora collegate alla Russia da gasdotti, benché i flussi siano scesi quasi a zero.
Una nuova fase nella contesa sul futuro dei rapporti russo-tedeschi (e non solo). Il cui fulcro sarà ancora il gasdotto Nord Stream, colpito ma non distrutto.
Durante il Consiglio d’Europa a Reykjavik, il cancelliere tedesco Scholz ha sostenuto che non devono essere abbattuti tutti i ponti verso ‘l’altra Russia’. «Isolare il paese in eterno non è uno scenario possibile». Per Berlino il conflitto in Ucraina come la guerra di Putin, e non di tutta la Russia. «La guerra non finirà con una vittoria dell’imperialismo di Putin ed è quindi compito della Germania e dei paesi europei mantenere aperta una prospettiva di futuro democratico e pacifico per russi e bielorussi, per quanto improbabile possa sembrarci ora».
«Il futuro dei rapporti con la Russia costituisce oggi la principale delle numerose faglie d’Europa».