A che punto è la notte degli Stati Uniti d’America

Un bilancio sulla crisi degli Stati Uniti all’alba del 2024, che Limes definisce, ‘un anno decisivo’. «Non la fine dell’America ma inizio di una nuova epoca». Le premesse della rubrica ‘Fiamme americane’ per ragionare sulle connessioni fra la discordia negli Stati Uniti e la loro politica estera. Con prospettive per il caos Europa niente affatto rassicuranti.

Facile dire ‘America in crisi’, meno facile definirne la portata

«Facile dire che l’America è in crisi. Meno facile esplorare le facce e le ragioni di questa crisi», avverte Federico Petroni. Perché la crisi americana, risalta o scompare a seconda da dove guardi il Paese. Ma, sostengono gli analisti sul campo, «la prima potenza al mondo sta attraversando una fase tanto difficile quanto misconosciuta in Europa e in Italia, che da essa dipendono».

Crollo di volontà

«I cittadini americani sono sempre più restii a sostenere costi indefiniti per difendere l’egemonia. Contestano l’uso della forza all’estero, sono meno disposti a servire sotto le armi, pretendono limiti alle spese a sostegno degli alleati, sono sempre più introvertiti in litigi domestici».

Disillusione del dopo guerra fredda

«L’egemonia post-guerra fredda avrebbe dovuto condurre il mondo verso l’America tramite mercato, democrazia e forza militare. Invece in trent’anni ha prodotto sconfitte militari, forti disuguaglianze economiche in patria, oneri internazionali gravosi». Sintesi perfetta di una egemonia che sta ‘de-americanizzando’ gli Stati Uniti.

Un Paese in crisi che non si riconosce

L’altissima quantità di sofferenza sociale: sparatorie ogni giorno, criminalità crescente, speranza di vita in calo, fenomeni di depressione giovanile, qualità dell’istruzione in picchiata, epidemia di oppioidi. In questi trent’anni, la globalizzazione ha distrutto la manifattura nazionale e quindi la classe media.

Inflazione da rapina

L’inflazione degli ultimi quattro anni: carburante +20%, comprare casa +43%, spesa al supermercato +26%. Col paradosso dell’economia che va a gonfie vele mentre aumenta insoddisfazione economica. Problema di distribuzione dei guadagni rispetto agli sconfitti delle delocalizzazioni industriali. E una reindustrializzazione promessa difficile e dai tempi lunghi.

Il sogno americano si è inceppato

«L’America sta insieme e funziona se offre la libertà di perseguire la propria felicità, cioè il successo. Questa speranza per una cospicua parte dei cittadini si è azzerata», la sentenza Limes.

Fallimenti istituzionali

La politica in America non funziona più. Raggiungere il compromesso è praticamente impossibile. «Piuttosto che salvare lo speaker repubblicano, i democratici alla Camera preferiscono farlo cadere e gettare nel caos il rinnovo delle forniture di armi all’Ucraina. Per tutta risposta, i repubblicani ora ricattano i democratici sempre sulle armi all’Ucraina per strappare concessioni sul confine meridionale».

Repubblicani e democratici si trattano a vicenda come se dall’altro lato della barricata, l’avversario, non fosse Vladimir Putin.

Bilancio Federale al fallimento

Da 12 anni, sostiene chi sa, è impossibile programmare spese militari a lungo termine. E l’industria bellica si è atrofizzata, la Marina ha sempre meno navi, e «una funzione vitale come la garanzia sulla libertà di navigazione è gravemente messa in pericolo da uno degli Stati più poveri al mondo, lo Yemen».

A che serve avere l’esercito più finanziato del mondo se non finanzia le cose giuste e non serve nemmeno a tenere in vita linee produttive essenziali?

L’America non è più una

Continua a presentare tratti comuni, ma sempre meno simili e la mappa del voto diventa una rappresentazione della discordia interna. La novità è che il popolo americano si divide sempre più in tribù incomunicanti. «Il multiculturalismo è diventato una scusa per chiudersi in fortini identitari in cui si lotta per difendersi da presunti tentativi di cancellare il proprio stile di vita».

Crisi anche culturale

Lo si vede in particolare nelle università dove prevale la cultura dell’intolleranza verso chi la pensa diversamente. «Le università d’élite sono diventate università per le élite, meccanismi per autoreplicare l’oligarchia più che ascensori sociali per favorire un ricambio al vertice». Ecco perché la qualità della classe dirigente sia crollata e l’arte di governo si sia atrofizzata, come denuncia lo storico Philip Zelikow.

Solo una miccia per accendersi

Un sistema così ‘fuori asse’ attende una miccia per accendersi, avvertono i due autori. «Quella miccia potrebbe essere Trump, che ha tutte le carte in regola per vincere alle elezioni di novembre 2024. A meno che non sia fatto fuori dalla giustizia. Il rischio di una paralisi istituzionale legata alle conseguenze dei processi giudiziari ed elettorali è concreto».

In quel caso –sintesi politica-, cancellata la capacità/credibilità dell’America di fare da garante del sistema internazionale già con la crisi del Medio Oriente assieme all’irrisolta Ucraina.

Discordia e potenza

Quest’anno sembra aver confermato che la stragrande maggioranza dei giovani americani non è disposta o non è idonea a servire sotto le armi. L’industria militare non è in grado di sostenere un conflitto con la Repubblica Popolare Cinese e non può essere portata a regime perché manca la manodopera. «l’America ha smesso da tempo di essere una società manifatturiera: senza operai, niente impero».

Persa la supremazia militare

«Le Forze armate hanno perso la supremazia militare. Pur restando le prime al mondo, hanno smarrito l’aura di invincibilità. La Cina ha neutralizzato o relativizzato molti dei loro vantaggi (prima assoluti). La pianificazione del Pentagono non si è adeguata a questa realtà. E mancano concetti operativi e addestramenti (dunque la preparazione) per affrontare nemici alla pari nel mondo reale».

Guerra a colpi di sanzioni

«E non si può surrogare la guerra vera con la guerra economica. L’abuso di sanzioni che non solo non costringe il nemico alla resa ma incoraggia la creazione di canali alternativi finanziari e commerciali che riducono ulteriormente il potere degli Stati Uniti di punire attraverso il dollaro. Il biglietto verde resta irrinunciabile. Ma non può essere usato per piegare gli avversari alla propria volontà».

La dirigenza è stata troppo sicura e troppo ricca per troppo tempo. Finendo per dare per scontate due cose: le guerre si evitano da sole e siamo così potenti da permetterci di non calcolare le risorse.

Verso una nuova epoca

«L’America attraversa una crisi di volontà, di mezzi e di capacità. Lei stessa mette in discussione il proprio ruolo nel mondo. La strategia degli Stati Uniti è insolvente: non ha risorse sufficienti a obiettivi troppo ampi. Soffre una crisi di sovraestensione».

Diverso ruolo dell’America

Siamo alla nascita di un diverso ruolo dell’America nel mondo. Un ruolo a parole immutato (Biden parla ancora di nazione indispensabile), ma nei fatti molto limitato. L’Ucraina ne è l’esempio perfetto. «Gli Stati Uniti hanno offerto a Kiev tutto l’armamentario dell’egemonia americana: tecnologia superiore all’avversario, armi, denaro, sanzioni, appoggio mediatico, capitale diplomatico. Non è bastato a vincere né a isolare la Russia».

Le ‘quote crescenti’ di caos

Gli Stati Uniti costretti ad accettare quote crescenti di caos, a partire dall’Europa mentre la sua priorità è il fronte domestico e la priorità internazionale è il fronte asiatico. E l’America non è più in grado di contenere il caos alle nostre porte che in gran parte ha pure determinato. E ora, la fine dell’egemonia americana è un terremoto culturale per noi.

E allora? La valutazione finale di Limes: «Non vuol dire che dobbiamo abbandonare il sistema occidentale degli Stati Uniti. Vuol dire che dobbiamo assumerci delle responsabilità attive dentro il sistema». Continueremo a parlarne nel 2024, dopo le incerte elezioni dell’Unione.
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