L’India di Narendra Modi che fa affari con Vladimir Putin e aspira alla guida del ‘Global South’, – un’entità politica non ancora chiaramente identificabile – sembra una causa persa per l’Occidente. I primi due vertici della presidenza indiana del G20, dei ministri delle Finanze e degli Esteri, non hanno prodotto documenti comuni a causa delle divisioni sull’Ucraina. Forse abbozzando il mondo che ci aspetta, sono emersi tre blocchi: appunto il Sud globale, il G7 e l’asse Russia/Cina.
Tuttavia, non è così chiaro come sembra. L’India compra petrolio russo a meno di 60 dollari il barile, rispettando il ‘price cap’ imposto dalla Ue. Le ragioni storico-geografico-economiche del rapporto con Mosca, Raghavan le ha spiegate all’assemblea annuale della Trilaterale, per la prima volta a Delhi. Fondata da David Rockfeller nel 1973, la Trilaterale è un’organizzazione non governativa vicina a Washington, che sostiene l’alleanza democratica dei paesi Nord-americani, europei e asiatici. All’assemblea di Delhi ha partecipato Subrahmanyam Jaishankar, il ministro degli Esteri: «La partnership fra India e Stati Uniti è senza limiti».
L’organizzatore della Trilaterale indiana era Tarun Das, per decenni anima di CII, la Confindustria, e teorico delle riforme economiche di Manmohan Singh che hanno cambiato l’India.
Il punto non è più la Russia. «Il problema che gli Stati Uniti hanno con la Cina è lo stesso che l’India ha con la Cina», cioè il suo attivo espansionismo, spiega Raja Mohan, uno dei più importanti esperti di geopolitica e sicurezza dell’Indo-Pacifico. «Dieci anni fa l’India era un paese neutrale e il Giappone era pacifista. Ora l’India non ha mai avuto relazioni così buone con l’America; i giapponesi hanno raddoppiato le spese militari e perfino pensato costruire l’arma nucleare».
Il Pil russo è metà di quello indiano. Delhi sta diversificando il suo arsenale militare, molto legato ai rifornimenti che la Russia in guerra non sarebbe in grado di garantire; l’alleanza russo-cinese comporta anche un capitolo pakistano che preoccupa l’India. Non c’è partita con quello che gli Stati Uniti possono invece offrire. I crescenti interessi comuni implicitamente tollerano le apparenti differenze. Io so che tu sai che io so che tu sai è una sintesi poco diplomatica ma efficace delle relazioni fra Delhi e Washington.
Il futuro dell’Ucraina, dell’Europa e di molti altri, dipende da chi governerà a Washington nel 2024, Non è il problema dell’India. «Democratico o repubblicano, gli ultimi quattro presidenti sono stati favorevoli all’India come a nessun altro paese», dice Raja Mohan. In Texas e nel Gujarat Donald Trump e Modi insieme avevano riempito gli stadi. Ma nemmeno Joe Biden può ignorare la demografia, la geografia e le ambizioni indiane.
Con eccessiva enfasi, l’India si candida alla guida del Global South: ascoltando i leader e leggendo i giornali, sembra lo sia già. In realtà quell’entità politica è molto meno compatta e più informe di quanto fosse il ‘Movimento dei non allineati’ durante la Guerra Fredda. «Non esiste, è uno slogan», dice ancora Raja Mohan. «Cosa possono avere in comune Singapore e un paese dell’Africa centrale? Tuttavia l’India può essere un ponte, sottraendo a Cina e Russia già attive, quello spazio geopolitico molto vasto che l’Occidente spesso ignora».
Così, anche se il Global South non esiste come struttura organica e nemmeno come arena di interessi comuni, tutti fingono che ci sia: gli indiani per dare una cornice alle loro crescenti ambizioni; Stati Uniti ed Europa perché l’India muscolosa e nazionalista di Narendra Modi è un formidabile deterrente contro la Cina di Xi Jinping.
«Anche se sembra un assoluto ossimoro, quello che abbiamo in India è un nazionalismo internazionalista». Forse nessuno riesce a spiegare le ambizioni dell’India e il senso delle alleanze non dette, come Jaishankar, il ministro degli Esteri. L’India non ha mai aderito ad alleanze formali ma partecipa al Quad, diventato ormai un fronte politico e militare anti-cinese.
Quando gli è stato chiesto come l’India potesse essere un credibile partner di Stati Uniti, Australia e Giappone in quell’organizzazione, e contemporaneamente avere posizioni diverse sull’Ucraina, Jaishankar ha risposto che «l’amministrazione americana è molto pragmatica: il Quad ha tre alleati e un partner, noi».
«È stata una prova di creatività. La politica estera indiana è un’implacabile missione di crescita nell’ordine internazionale: per me il cielo non è il limite». A suo modo, si potrebbe chiamare eccezionalismo indiano.