Brasile tra democrazia e fascismo. San Paolo città aperta sfida il clan Bolsonaro

Brasile al voto, popoli indigeni per voltare pagina. Quattro anni fa, quando entrò in carica, l’attuale presidente di destra, Jair Bolsonaro, promise che non avrebbe concesso “un centimetro in più” di riserve indigene protette in Brasile. Ma i popoli indigeni oggi lo accusano di politiche violente e dannose per l’ambiente, disastrose per loro e per la loro terra.
La sfida tra il presidente uscente di estrema destra, Bolsonaro, e il candidato progressista, l’ex presidente Lula, del Partido dos Trabalhadores.


‘Motociatas’ elettorale di Bolsonaro, cortei di sostenitori in moto, un marchio di fabbrica dell’orgoglio bolsonarista.

Fascista violento e bugiardo

Con Bolsonaro in corsa per la rielezione domenica ma in coda nei sondaggi dietro all’ex presidente di sinistra Luiz Inacio Lula da Silva, del Partito dei ‘Trabalhadores’, i lavoratori in portoghese, un record di 171 indigeni candidati per cariche statali o federali, per voltare pagina su quelli che, secondo loro, sono stati quattro anni catastrofici per i popoli nativi del Brasile. I popoli nativi, al netto delle promesse di Bolsonaro all’entrata in carica, accusano il presidente uscente di destra di politiche violente e dannose per l’ambiente, disastrose per loro e per la loro terra.

Brogli preventivi alla Trump

L’ultimo sondaggio pubblicato dal gruppo Datafolha vede Lula da Silva in vantaggio con il 50% dei voti validi: si apre dunque la possibilità di una vittoria al primo turno. Il presidente uscente Bolsonaro sarebbe fermo al 36%. Seguono senza apparenti possibilità altri due aspiranti alla presidenza: Ciro Gomes con il 6%, e Simone Tebet con il 5%. Intanto prosegue lo scontro tra il Tribunale superiore elettorale ed il partito di Bolsonaro sul voto elettronico.

A scuola da Trump ma stesso finale

Ieri il partito di Bolsonaro ha fatto circolare un documento in cui afferma che il risultato elettorale può essere truccato. Una posizione che il Tse, i Tribunale superiore elettorale che si occupa dello spoglio e sorveglia sul corretto svolgimento della campagna elettorale, ha disposto un’indagine a carico di membri del partito del presidente uscente per la diffusione di un rapporto con informazioni false sulla sicurezza dei dispositivi per il voto elettronico.

Secondo quanto disposto dal presidente del Tse, Alexandre de Moraes, il rapporto verrà inviato alla Corte suprema federale (Stf) e sarà incluso nell’inchiesta sulle fake news.

San Paolo città aperta sfida il clan Bolsonaro

Ma ora una piacevole cronaca da San Paolo, la città cuore e simbolo del Brasile che corre. Federico Nastasi, sul Manifesto, tra le premesse ci ricorda gli atterraggi di elicotteri a San Paolo è di uno ogni 45 secondi. La via di fuga dei ricchi dal traffico della metropoli più grande dell’America del Sud. San Paolo è anche lo Stato brasiliano più prospero e popoloso. Ed è a San Paolo che si decideranno le elezioni presidenziali brasiliane di domenica.

Lula, comizio allo ‘Zen’ locale

Lula chiude qui la sua campagna, con un comizio a Itaueira, est di San Paolo, quartiere operaio di palazzoni con cisterne d’acqua sui tetti, chiese evangeliche, scuole di musica e palestre. Treni affollati collegano la capitale con Itaueira e la quarantina di comuni della regione metropolitana di San Paolo, dove vivono 22 milioni di persone.

22 milioni di diversità e bisogni

«Al comizio a Itaueira c’è un clima da vecchie feste dell’Unita italiane», segnala Federico Nastasi di evidenti trascorse frequentazioni personali: «banchetti con oggettistica politica, giovani e anziani, gruppi femministi, afro, Lgbt+, artisti, operai e lavoratori rurali. È la base militante che sostiene l’ampia coalizione pro-Lula». «Qui sono a casa mia» esordisce Lula al microfono. «Si votasse solo nella zona est, avremmo già vinto» dice qualcuno rivolto alla piazza.

Il volto decente della destra oltre Bolsonaro

Gerardo Alckmin, ex governatore dello Stato, cattolico conservatore, ex-tucano del partito di centro destra Psdb. Alckmin attira i voti moderati, soprattutto nelle zone interne di San Paolo. «È il tallone d’Achille di Lula, una zona simile ai paesini del sud Italia – spiega Vinicius Sartorato, giornalista e sociologo paulistano -. I giovani non hanno prospettive ed emigrano verso la capitale. Le monocolture di soia e miglio generano molta ricchezza e poco lavoro. La mentalità è più chiusa e i partiti di destra sono forti».

A Eldorato negli anni ‘60

È in una di quelle placide cittadine, a Eldorado, che negli anni ’60 avviene la formazione dell’adolescente Jair Bolsonaro e nasce la sua passione per armi, militari e anticomunismo, racconta il reporter John Lee Anderson in ‘Retrado Narrado’, il podcast su Bolsonaro.

La roccaforte del Pt

La roccaforte del Pt è la metropoli, in particolare la zona sud di San Paolo. A San Bernardo, due fabbriche Volskwagen e Mercedes, c’è la sede del sindacato dei metallurgici. «Questa è la casa di Lula, qui si è rifugiato prima del carcere – racconta Moisés Selerges, presidente del sindacato – e qui è venuto appena liberato. Rispetto al 2018, è cambiato il clima. Allora mi mandavano al diavolo quando distribuivo i volantini per Lula, oggi vengono a chiederli».

Il voto per i governatori degli Stati

Si vota anche per i Governatori degli Stati. E per San Paolo, 45 milioni di abitanti, il Pt candida Haddad, ‘lulista’ di ferro, candidato alle presidenziali nel 2018, poi vinte da Bolsonaro. Haddad, «competente ma poco carismatico» secondo la vulgata, si contrappone a due candidati della destra. Il bolsonarista Tarcisio de Freitas, militare ed ex ministro, e il governatore uscente, Rodrigo Garcia, del partito di centro-destra Psdb, da decenni alla guida dello Stato.

La New York dell’America latina

«San Paolo è la New York dell’America latina, una città aperta al mondo, i giovani guardano ai movimenti antirazzisti e femministi internazionali» afferma Sartorato, paulistano di origine italiana. La sua famiglia, come molte, arrivò a fine ‘800 per sostituire il lavoro schiavo, il Brasile fu uno degli ultimi ad abolirlo, nell’industria del caffè. Poi nel ‘900 arrivarono tedeschi, armeni, siriani e giapponesi. «Non è bella questa città, come non è bello un muscolo, ma dà forza a tutto il paese» la descriveva Stefan Zweig nel 1941.

Brasile ancora ferito dal Covid

In un Brasile ancora ferito dal Covid, secondo paese per numero di morti al mondo, l’economia paulista è già ripartita: produzione, vendite e ore lavorate hanno registrato una forte crescita. Anche gli stipendi sono aumentati, segnala l’ultimo rapporto del Centro das Indústrias do Estado de São Paulo. Sembra un paradosso, nonostante tanta ricchezza – qui si concentra un terzo dell’economia brasiliana, un Pil maggiore di quello svedese – il 15% della popolazione non riesce a mangiare tre volte al giorno.

Oltre cocaina e ‘ndrangheta’

La porta sul mondo di questa economia è Santos, il principale porto del paese. Diventato epicentro del traffico di cocaina. «Da qui la ‘ndrangheta, in affari con i principali gruppi criminali brasiliani, controlla i carichi che manda in Europa» spiega Maria Zuppello, giornalista, esperta di crimine e terrorismo in America Latina. Ed è a Santos che Bolsonaro ha convocato una delle ultime ‘motociatas’ prima del voto, cortei di sostenitori in moto, un marchio di fabbrica dell’orgoglio bolsonarista.

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AVEVAMO DETTO

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