
Redazione maschile in difficoltà per vergogna di genere, alla ricerca di una lettura femminile che meglio rappresenti anche il nostro pentimento senza colpe dirette e tantomeno violente. Ma qualche colpa indiretta, forse inconsapevole, certamente c’è. Ed ecco, sempre sul Manifesto la voce scritta di Shendi Veli, nata a Tirana e cresciuta a Roma. Noi, già ringraziando, saccheggiamo.
Oltre mezzo milione di persone invadono la capitale per la manifestazione organizzata da ‘Non una di meno’. «I numeri saranno come al solito dibattuti, tra la questura, i media e le solite approssimazioni. Ma chi c’era sa, e ad esserci erano tante e tanti».
«Alle 14.30, ora del concentramento, si fa trovare un vento freddo che non si sentiva da un po’ a spazzar via la lunga stagione calda. L’enorme conca del Circo massimo si arrende al sole e ai corpi che iniziano a invaderla da tutti i lati.
Tra le persone che si affollano ci sono anche le cinque attiviste di Non Una Di Meno reduci di una mattinata in commissariato. Si erano presentate con megafono e striscione davanti alla sede della Rai, scrivendo sull’asfalto con il gesso bianco: «Nostro il dolore. Vostro lo share».
«Un’accusa ai media per come la violenza di genere viene raccontata, nel tentativo di ‘emozionare’ a ogni costo passando sopra al rispetto della privacy delle vittime e lascia in secondo piano gli aspetti più sociali e politici».
Intorno alle 16 il Circo massimo si è riempito. «Ci sono tutte le età, i generi, i colori, gli orientamenti e le prospettive possibili». Prima di guadagnare l’asfalto del corteo le organizzatrici fanno un invito dal microfono: «Sediamoci a terra e facciamo silenzio». «Proviamo a essere un corpo collettivo, essere marea significa muoversi insieme». E il silenzio magicamente incombe. Dura poco meno di un minuto. «Poi si alza all’unisono un grido: ‘Insieme siam partite insieme torneremo’, ‘Non una, non una, non una di meno’».
Qualche tensione soltanto davanti alla sede di Pro Vita, casa di gruppi cattolici antiabortisti e antifemministi, oggi saldamente appoggiati dal governo Meloni. «La polizia ci ha caricato», denunciano le attiviste di ‘Non una di meno’, così come la rappresentante degli studenti palestinesi, aggredita perché portava la sua bandiera. Note a margine però. La frattura sugli stupri di Hamas e sulla piattaforma pro-Palestina del corteo, anticipata dalla contromanifestazione al Ghetto, rimane sullo sfondo,
I giovani, le giovanissima, sono ‘la cifra di tutto’. Tantissime le scuole. E anche il grande numero di uomini presenti. Talmente tanti che vengono richiamati dalle attiviste: «Per favore lasciamo l’apertura del corteo ai centri antiviolenza, a chi vive ogni giorno l’oppressione sulla sua pelle, maschi per una volta ascoltateci e fatevi indietro» apostrofano.
L’intento è legittimo ma il risultato scarso, i maschi sono ovunque e non arretrano, confusi dal caos di gente intorno e forse anche dalla loro stessa presenza.