Biden promette ma non spiega, Ursula vor del Layen insegue, con l’Italia in coda. Ma gli esperti rilevano da subito le incongruenze degli annunci. Un piano astratto che richiederà settimane per essere realizzato (perfino qualche mese, hanno detto i funzionari americani), mentre a Gaze di muore di fame adesso. Questo piano degli Stati Uniti ha alcuni aspetti critici piuttosto evidenti. Oltre a vari problemi logistici, dalla consegna degli aiuti che potrebbero subire l’ostruzionismo dell’attuale governo di Israele.
«Siamo molti vicini all’apertura del corridoio, potrebbe essere sabato o domenica», ha detto senza spiegare Ursula von der Leyen. Al ‘corridoio umanitario’ delle buone intenzioni e quando mai sarà, aderiranno, oltre alla Commissione Europea, anche l’Italia, la Germania, la Grecia, i Paesi Bassi, gli Emirati Arabi Uniti, il Regno Unito, gli Stati Uniti e Cipro, da dove partiranno gli aiuti. Purtroppo a Gaza, nel tempo in cui noi abbiamo scritto queste nostre cose, qualcuno è morto per fame o malattie non curate.
Il molo temporaneo dovrebbe essere una grande piattaforma agganciata in qualche modo al fondale davanti alla costa della Striscia di Gaza. Tipo i ‘Mulberry Harbour’, enormi moli temporanei di calcestruzzo che l’esercito britannico costruì davanti alle coste della Normandia nella Seconda guerra mondiale. Tra follia e fandonie.
Sola cosa apparentemente certa, l’operazione aiuti partirà da Cipro, dove già adesso vengono raccolti e smistati gli aiuti umanitari che si muovono in nave. A Cipro il governo di Israele -se si riuscirà ad imporlo-avrà la possibilità di controllare tutti gli aiuti in partenza, in modo da assicurarsi che non contengano armi o altro materiale ritenuto pericoloso. A complicare il futuribile, o una passerella galleggiante su cui possano transitare camion di aiuti (il tempo del mai), o una flotta di navi più piccole per trasportare gli aiuti a terra.
La realizzazione e il funzionamento di questo ipotetico molo richiederà la partecipazione di migliaia di soldati e di esperti di logistica militare statunitensi. E oltre alla costruzione, navi e mezzi militari per la protezione del molo e di tutte le altre infrastrutture, soprattutto se saranno costruite vicino alle coste di Gaza e in luoghi dove potrebbero essere attaccate da Hamas o da altri gruppi.
Ammesso che la costruzione e la messa in attività del molo non abbia grossi problemi, c’è il problema di come consegnare gli aiuti. Perché tutto l’apparato di sicurezza della Striscia di Gaza è stato bombardato e smantellato. Attualmente a Gaza non ci sono poliziotti o altre figure che potrebbero scortare i camion o le imbarcazioni che arriverebbero dal molo e che potrebbero garantire una ordinata distribuzione degli aiuti.
Sul quotidiano israeliano Haaretz un funzionario anonimo del governo israeliano ha detto che approva e sostiene il piano americano di costruire un molo temporaneo. Ma sull’invio di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, dall’inizio della guerra Israele ha una posizione piuttosto ambigua: sebbene negli ultimi mesi abbia messo in atto alcune misure per facilitare l’ingresso degli aiuti, al tempo stesso ne ha messe in atto altre che lo hanno reso più difficile, come per esempio il bombardamento delle postazioni della polizia di Gaza.
In questo senso, Israele -nel cui governo sono presenti ministri estremisti che vogliono impedire l’ingresso di qualunque tipo di aiuti nella Striscia- avrebbe più di un’occasione per rendere complicato anche il piano americano di un porto militare. Per esempio potrebbe sabotare i controlli degli aiuti a Cipro, oppure rifiutarsi di garantire la sicurezza delle operazioni.