Israele: anche i piloti riservisti contro il governo religioso integralista di Netanyahu

Ora contro il governo di Netanyahu anche i piloti riservisti che rifiutano l’addestramento e accusano il premier inquisito di minacciare la democrazia e l’unità nazionale. Come fanno ormai da nove settimane le opposizioni ebraiche, mentre le formazioni politiche palestinesi accusano il governo di imporre l’appartaid alla popolazione araba.
Sotto accusa la contestata riforma della giustizia, ma non solo: gli estemismi religiosi, i suprematismi ebraici e le violenze espansionistiche dei Coloni.
Netanyahu, premier in attesa di giudizio per corruzione e alla ricerca di una immunità politica preventiva, minaccia/teme le seste elezioni di poco più di due anni. «Si vuole abbattere il governo e creare una crisi costituzionale nell’intento di andare a seste elezioni».

L’apparato militare che può dice basta

La stragrande maggioranza di piloti riservisti della ‘Unità 69’ che opera sugli F-15 in una base del sud di Israele, (37 su 40) hanno notificato ai loro comandanti che non parteciperanno questa settimana ai loro obblighi di addestramento finché il governo continuerà con la sua riforma giudiziaria.

Protesta anche ‘commando Entebbe’

Mentre un gruppo di soldati del commando che -sotto la guida di Yoni Netanyahu, fratello dell’attuale premier e ucciso nell’operazione- nel luglio del 1976 liberò gli ostaggi israeliani ad Entebbe, in Uganda, ha scritto una lettera a Benyamin Netanyahu nella quale lo accusano di «sacrificare consapevolmente e ad occhi aperti lo Stato e il popolo di Israele per i propri interessi».

La lettera – resa nota dai media – si riferisce pure lei alla contestata legge di riforma del sistema giudiziario del governo contro la quale, solo ieri, sera sono scesi in piazza circa 200’000 israeliani in molte parti del paese.

‘Separa e comanda’

«Per anni hai governato attraverso il sistema del ‘separa e comanda’, dividendo noi israeliani l’uno dall’altro», hanno sottolineato nella lettera. «Ci hai comparato alla gente che ha fatto il progrom di Huwara (cittadina palestinese attaccata da coloni estremisti israeliani) e tuo figlio, che non ha mai tenuto un fucile in mano in tutta la sua vita, ci ha chiamato terroristi», hanno proseguito.

«In questi giorni – hanno concluso – Israele è in pericolo: il nemico è dentro casa».

La protesta diventa rivolta politica

Per la nona settimana di fila dall’elezione di Netanyahu a inizio gennaio, decine di migliaia di persone hanno nuovamente protestato contro il nuovo governo, il più di destra della storia d’Israele: le proteste si sono svolte in diverse città. Le manifestazioni, tra le più estese organizzate negli ultimi anni, riguardano soprattutto la riforma del sistema giudiziario proposta dal nuovo governo Netanyahu, che toglie poteri di controllo alla Corte suprema per affidarli al governo (l’immunità personale per il premier).

Corte suprema, garante costituzionale

In Israele la Corte suprema ha un ruolo eccezionalmente importante nella vita politica del paese, che non ha una costituzione (pur avendo una serie di Leggi fondamentali che sanciscono i diritti individuali e le relazioni tra cittadini e stato) e ha relativamente pochi contrappesi al potere del governo in carica. Il manifestanti protestano proprio perché ritengono che la riforma proposta da Netanyahu sia un pericolo per la democrazia israeliana.

Tensione a crescere

Le proteste di questo fine settimana sono state complessivamente pacifiche, anche se da Tel Aviv, dove si è svolta una delle più estese proteste finora, sono arrivate notizie e video di scontri anche violenti tra manifestanti e polizia, riferisce il Post. L’intensità delle proteste contro Netanyahu è aumentata proprio negli ultimi giorni, raggiungendo il culmine mercoledì scorso, quando la polizia ha sparato granate stordenti contro i manifestanti e ci sono stati violenti scontri.

Arresti all’americana

Sempre nel fine settimana ci sono stati scontri tra polizia e manifestanti israeliani anche ad Hawara, città palestinese circa 6 chilometri a sud di Nablus che all’inizio della settimana era stata attaccata da decine di coloni israeliani armati. Venerdì un gruppo di manifestanti israeliani aveva organizzato una manifestazione di solidarietà nei confronti dei palestinesi: l’esercito israeliano ha risposto sparando granate stordenti e gas lacrimogeni.

In alcuni casi, ha scritto Associated Press, i manifestanti sono stati immobilizzati a terra con le ginocchia degli agenti premute sul collo e sulla schiena, oppure presi a calci.

GERICO. Il brusco risveglio della città che dorme

Gerico, la prima città della Cisgiordania ad essere proclamata autonoma dopo la firma degli Accordi di Oslo nel 1993. «È una cittadina piacevole, dove l’inverno dura ben poco e si possono trascorrere giorni in completo relax», scrive Michele Giorgio su ‘Pagine esteri’. Da qualche settimana però, la Gerico ‘regina della valle del Giordano’, la «città che dorme», meta di gite scolastiche e di turisti in visita ai meravigliosi mosaici del Palazzo di Hisham, un tempo residenza invernale dei califfi omayyadi, e all’antichissimo sito archeologico di Tell es Sultan, è diventata terreno di scontro tra palestinesi armati e forze di occupazione.

L’esercito circonda Gerico

Da settimane l’esercito israeliano circonda Gerico, i controlli ai posti di blocco sono rigidi, i turisti non arrivano più e i fine settimana in relax della classe media palestinese sono un ricordo. Quanto è accaduto nelle ultime settimane, con cinque palestinesi – pare del movimento islamico Hamas – uccisi dall’esercito israeliano nel campo profughi di Aqbet Jaber alle porte di Gerico e un israeliano ucciso da raffiche di mitra sparate contro la sua auto, non è paragonabile alla situazione critica di Jenin e Nablus, teatro da un anno a questa parte di continue incursioni di reparti militari israeliani con un bilancio elevato di morti e feriti palestinesi, tra cui non pochi civili.

La rabbia palestinese che dilaga

Il fatto che una cellula armata palestinese fosse presente ad Aqbet Jaber è stata una sorpresa per i servizi segreti israeliani e per le forze di sicurezza dell’Autorità Nazionale (Anp) di Abu Mazen. Gerico non è soltanto una piacevole cittadina turistica e archeologica, con buoni ristoranti. È considerata assieme a Ramallah una città dell’Anp, dove hanno sede un’accademia di polizia – in cui hanno tenuto «corsi di formazione» anche carabinieri italiani -, caserme dell’intelligence e l’ateneo Al Istiqlal dove studiano i giovani che vorrebbero diventare funzionari dell’amministrazione di Abu Mazen.

Ma anche le galere palestinesi

A Gerico ci sono anche carceri speciali in cui finiscono gli oppositori politici, del movimento islamico Hamas e della sinistra. Fonti della sicurezza dell’Anp sostengono che Hamas starebbe cercando di mettere in piedi cellule armate per sfidare le forze fedeli ad Abu Mazen ovunque in Cisgiordania, anche nella sonnolenta Gerico. Uno sviluppo che, secondo alcuni, avrebbe spinto il presidente dell’Anp ad accettare il piano del generale americano Mike Fenkel, responsabile per le questioni di sicurezza dell’ambasciata Usa a Tel Aviv, che prevede la costituzione di una forza speciale dell’Anp di 5mila uomini, da addestrare in Giordania, che sarà incaricata di riprendere il controllo di Jenin e Nablus e altri centri dove operano, con il sostegno degli abitanti, i gruppi armati palestinesi che combattono contro l’esercito israeliano.

Una decisione, che se sarà confermata ufficialmente, reciderà gli ultimi legami esistenti tra l’Anp e la popolazione palestinese.

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