L’impressione non solo ucraina è che la mobilitazione internazionale a sostegno del Paese invaso si stia lentamente erodendo: «La cosa più paurosa è che una parte del mondo si è abituata alla guerra in Ucraina, la stanchezza per la guerra di diffonde come un’onda, lo vediamo negli Stati Uniti, in Europa», ammette Zelensky. Mentre l’invasione russa controlla un quinto del territorio ucraino, e decine di migliaia di civili e militari uccisi sembrano finito in secondo piano. Con il timore che l’aiuto a Israele possa mettere a rischio quello all’Ucraina.
Il primo brutto colpo a Washington, quando Zelensky, alla seconda visita, scopre di essere passato dal ruolo di eroe e quello meno gradito di questuante. Casa Bianca, Pentagono, Congresso: più promesse che sostegni concreti, mentre l’opinione pubblica Usa inizia a considerare troppi la montagna di miliardi consumati in quella guerra. «Ma le sue convinzioni non sono cambiate. Nonostante le recenti sconfitte sul campo di battaglia, non intende rinunciare a combattere né chiedere alcun tipo di pace». Ma TIME rileva in dubbi che lo circondano: «Si illude. Abbiamo esaurito le opzioni. Non stiamo vincendo. Ma prova a dirglielo»
Mentre la guerra si congela nell’inferno, lui nega con ostinazione ogni possibilità di negoziato. Mentre rilancia l’incubo fine del mondo. «Una terza guerra mondiale potrebbe iniziare in Ucraina, continuare in Israele, proseguire da lì verso l’Asia, per poi esplodere altrove». Ma intanto la realtà del Paese nel suo secondo anno di guerra si fa drammatica. Inverno da incubo oltre la guerra, e linee del fronte bloccate almeno fino alla primavera. «Ma Zelenskyj rifiuta di accettarlo».
«Non stiamo andando avanti», ammette uno degli stretti collaboratori di Zelenskyj. «Alcuni comandanti in prima linea, continua, hanno cominciato a rifiutare gli ordini di avanzare, anche quando provenivano direttamente dall’ufficio del Presidente».
A inizio di ottobre, la leadership politica di Kiev ha chiesto di ‘riprendere’ la città di Horlivka, un avamposto strategico nell’Ucraina orientale. La risposta è arrivata sotto forma di domanda: Con cosa? «Non hanno né uomini né armi», dice l’ufficiale. «Dove sono le armi? Dov’è l’artiglieria? Dove sono le nuove reclute?».
«In alcuni rami dell’esercito, la carenza di personale è diventata ancora più grave del deficit di armi e munizioni. Uno degli stretti collaboratori di Zelenskyj mi dice che anche se gli Stati Uniti e i loro alleati fornissero tutte le armi promesse, ‘non abbiamo gli uomini per usarle’».
Dall’inizio dell’invasione, l’Ucraina si è rifiutata di rilasciare il conteggio ufficiale dei morti e dei feriti. Ma secondo le stime statunitensi ed europee, il bilancio ha superato da tempo le 100.000 persone per ciascuna parte in guerra. Con gli uffici di leva costretti a richiamare personale sempre più anziano, portando l’età media di un soldato in Ucraina a circa 43 anni. Troppi per andare a morire in guerra. Con gli episodi ormai noti di corruzione, e i licenziamenti negli uffici di leva.
La questione della corruzione ha messo a dura prova i rapporti di Zelenskyj con molti dei suoi alleati. La Casa Bianca ha preparato un elenco di riforme anti-corruzione, «E non erano suggerimenti», dice un altro consigliere presidenziale. Zelensky ci prova, e licenzia il suo ministro della Difesa, Oleksiy Reznikov. Ma non sembra sia servito a molto. Ad agosto un giornale pubblica un rapporto sul principale consigliere di Zelenskyj per la politica economica ed energetica, Rostyslav Shurma, ex dirigente del settore energetico. Suo fratello possiede due società di energia solare con centrali nel sud dell’Ucraina ora in mano russa, ma il governo di Kiev continua a pagare. Zelensky non ha sospeso il suo consigliere e lo ha portato con se a Washington.
Il primo sabato d’ottobre i terroristi massacrano molte centinaia di civili nel sud di Israele, e il governo israeliano dichiara guerra a Hamas. «Rannicchiati attorno a un tavolo da conferenza, Zelenskyj e i suoi collaboratori cercano di capire cosa avrebbe significato per loro la tragedia», riferisce TIME. Fin dai primi giorni di guerra, la massima priorità di Zelenskyj è stata quella di mantenere l’attenzione sull’Ucraina. Molto più difficile con lo scoppio della guerra in Israele. «Naturalmente siamo penalizzati dagli eventi in Medio Oriente». Zelenskyj ha subito chiesto al governo israeliano di visitare il loro paese in segno di solidarietà. «Il momento non è quello giusto», la risposta.
Pochi giorni dopo, il presidente Biden, chiede al Congresso di votare aiuti a Israele assieme ad un altro pacchetto autonomo di aiuti all’Ucraina: 105 miliardi di dollari, di cui ben 61 all’Ucraina. Proposta dal destino incerto, come gli aiuti all’Ucraina. «La politica è così», dice sconsolato Zelensky. «Valutano i propri interessi». Ma quelli dell’Ucraina quali sono in realtà? Su TIME da Kiev manca la risposta.