
Il prestigioso quotidiano Usa titola spiegando che la guerra in Ucraina è ormai diventata una gigantesca fiera delle armi. Le industrie ricevono ordini per prodotti che devono essere testati sui campi di battaglia. E le aziende che sfornano armi utilizzate in Ucraina «hanno ottenuto ordini e risuscitato linee di produzione». Non solo, ma proprio l’impiego di attrezzature del valore di miliardi di dollari, in un grande conflitto terrestre, «ha offerto ai mercanti d’armi l’opportunità di analizzare le loro prestazioni e di imparare come usarle al meglio (testuale, n.d.r.)». Parola di Nicholas Drummond, che gestisce la società di consulenza per l’industria della difesa ‘Aura Consulting Lt.’.
Esempi. Il ‘Panzerhaubitze’, il cannone tedesco delle meraviglie, che pare che stia facendo sfracelli dalle parti del Donbass. Certo, la libertà è importante, ma pure il business non è da disprezzare. Così, le aziende del Cancelliere Scholz, sfruttando la vetrina di Kiev, stanno vendendo un sacco e una sporta di obici Made in Germany. Ovviamente, più dura la guerra e maggiori saranno le possibilità di provare qualsiasi cosa, dai missili di ultima generazione a tutti i ‘parafernalia’ utilizzati negli scontri sul filo dell’elettronica. Ma, tornando ai cannoni, «come non ‘celebrare’ -afferma con tragica ironia il WSJ-, le prestazioni del più affidabile M777?». Si tratta di un obice da 155 mm. ideato dai britannici, che però dev’essere trainato e, nel fango autunnale, finisce per impantanarsi. Pro e contro, insomma. Ma la guerra, fanno capire al Wall Street Journal, esiste anche per questo: è un collaudo continuo, per verificare tutto ciò che i fabbricanti di morte devono ottimizzare. Per ammazzare meglio.
«La gente guarda all’Ucraina e vede cosa funziona», sostiene Tom Arseneault, amministratore delegato delle operazioni statunitensi di BAE Systems. Un gigante della difesa britannico che è già in trattative con Kiev per farle produrre, su licenza, il suo famoso cannone L119. Stesso discorso per il veicolo da combattimento CV90, che viene propagandato come «a prova di russi», e per l’obice M777, che abbiamo già esposto in vetrina. Società occidentali come Loocked-Martin, RTX o Rheinmetall, solo per citare la cima dell’iceberg, che rappresentano il potentissimo complesso militare-industriale, lavorano già a spron battuto per cercare di soddisfare la valanga di ordini che ricevono da tutto il mondo. Le armi e le munizioni spedite in Ucraina hanno praticamente svuotato i depositi occidentali. Che adesso devono essere velocemente riempiti.
Ma l’aumento improvviso della domanda di strumenti di morte, per un semplice gioco di mercato, ha fatto esplodere i prezzi. Effetto ‘collo di bottiglia’: più dura la guerra in Ucraina, più i costi saliranno e più tempo ci vorrà per ricostituire le scorte. Furbi, no? E la questione prezzi si porta dietro la tecnologia di ultima generazione. Un esempio probante è quello dei missili. Senza un’aviazione degna di questo nome, le forze di Kiev fanno affidamento soprattutto sulle batterie antiaeree americane, che costano un occhio, a cominciare dai Patriot. Ma le richieste più pressanti, i generali di Zelensky le hanno avanzate per i missili e i razzi superficie-superficie a stelle e strisce: Himars e M270S. Sono precisi, ma arrivano troppo lontano (dipende dalla versione, ma toccano anche i 370 km.). Biden aveva paura che li sparassero contro il territorio russo. Però, ora che la controffensiva ucraina sembra impantanata, ha dato il via libera.
Sul campo di battaglia gli Himars si sono dimostrati superiori agli Scalp francesi, ai Taurus tedeschi e agli Storm Shadow inglesi. Tutti buoni missili da crociera, che però hanno prezzi da gioielleria. Sono sofisticati e costano assai. Ma, soprattutto, sono difficili da gestire. Insomma, ci vogliono i ‘tutor’ occidentali accanto. E per questo motivo, il Cancelliere Scholz (per ora) si è tirato indietro. Teme un coinvolgimento diretto dei tedeschi nel conflitto. D’altro canto, l’invasione dell’Ucraina è stata una vera manna dal cielo per tutto un settore produttivo che faticava a riconvertirsi. Dopo la fine della Guerra fredda, gli stanziamenti per la difesa, universalmente, avevano avuto una pausa. Poi, come è avvenuto per esempio negli Stati Uniti, si sono indirizzati, principalmente, nella lotta al terrorismo internazionale.
Messo da parte il pericolo dell’estremismo islamico, in questa nuova fase lo scontro si è spostato tra il ‘pensiero unico occidentale’ e il ‘multipolarismo eterogeneo’, che riunisce autocrati, non allineati e terzomondisti assortiti. Nessun giudizio di merito, ma fotografia di una situazione sotto gli occhi di tutti.
I valori e gli ideali occidentali vanno bene e sono sacri. In Occidente. Non dobbiamo, però, arrogarci la presunzione di pensare che debbano andare sempre e comunque bene anche per il resto del pianeta. Perché, difendere i propri principi, spesso ti porta ad attaccare quelli degli altri, credendo che debbano essere cambiati. Per farli diventare come i tuoi.