Golfo Persico, Usa-Iran si sequestrano petroliere e minacciano ben altro

Sembrava uno dei punti caldi del pianeta finito in seconda linea. Illusione. Giovedì la Marina delle Guardie rivoluzionarie iraniane ha sequestrato una petroliera nello Stretto di Hormuz. ‘Pirateria nazionale’, facile da capire quando ti districhi dietro proprietà fittizie di nave e petrolio, destinazione finale negli Usa. Peggio quando scopri che gli americani avevano iniziato a sequestrare prima degli iraniani, e il mondo non ne sapeva praticamente nulla. Zitti zitti, un’altra piccola guerra intenzionata a crescere?

Pirati del terzo millennio

La nave catturata si chiama ‘Advantage Sweet’, batte bandiera delle Isole Marshall, è registrata presso una società di leasing cinese e viene gestita da un operatore turco. Tutto per nascondere che il carico è destinato a Houston, Stati Uniti. Insomma, gli ayatollah sono andati all’arrembaggio di una nave, carica di 750 mila barili di greggio, acquistati dall’americana Chevron. Tu imponi l’embargo a me e io restituisco. Insulto politico a Biden e smacco per gli ammiragli della 5ª flotta Usa, che dovrebbero assicurare la ‘loro libera navigazione’ nel Golfo  (e vietare quella dei cattivi), e che invece si sono fatti ‘scippare’ una petroliera di 275 metri e 160 mila tonnellate di stazza.

Rischiando un azzardo simile, cosa vuole Teheran? Per ora è solo un gioco di scacchi e di sgarbi. Con il ‘blitz’ delle Guardie rivoluzionarie in risposta a quanto era successo qualche giorno prima. A parti invertite.

Pirati in divisa e sequestri incrociati

Questa volta erano state unità militari americane, a bloccare e sequestrare una petroliera iraniana, la ‘Suez Rajan’ diretta in Cina. Due nemici in un colpo solo. La nave è stata dirottata su disposizioni del Dipartimento della Giustizia Usa -giustizia planetaria-, e ora dovrà navigare probabilmente scortata verso l’America. Operazione economica a perdere e politicamente azzardata. Cosa sta accadendo che il mondo non sa? Si tratta certamente di un’escalation Usa nel confronto con Teheran, che coinvolge inevitabilmente anche Pechino. Finora, infatti, l’US Navy aveva evitato azioni eclatanti di reazione, a quelle che vengono giudicate palesi violazioni delle sanzioni inflitte all’Iran. Perché ora questo inasprimento della crisi, tra la Casa Bianca e la teocrazia persiana?

Motivo principale è, probabilmente, il fallimento dei negoziati sul controllo del nucleare iraniano, accordo stracciato da Trump. E ora l’Agenzia internazionale per l’energia atomica segnala una intensa attività iraniana di arricchimento dell’uranio

La temuta atomica iraniana

Gli ayatollah arricchiscono già da mesi l’uranio all’84%. A un pelo da quel 90% sufficiente a costruirsi la ‘bomba’. Gli israeliani sono sull’orlo di una crisi di nervi e gli europei vorrebbero essere (diplomaticamente) più duri con l’Iran (salvo delegati idonei). Ma Biden frena. La campagna elettorale Usa per le Presidenziali, di fatto, è già cominciata, e minacciare mandando segnali è meglio che sparare sul serio. Per ora. Dunque, al Consiglio per la Sicurezza nazionale, sono state fatte delle scelte operative che riguardano il Golfo Persico. Cioè, l’Iran.

Le ha rese pubbliche il Pentagono e questo, va sottolineato, quasi mai accade nel caso di spostamenti che coinvolgono armi o vettori a propulsione nucleare.

Dal Pentagono doppio avvertimento

Allora, il Dipartimento della Difesa ha confermato di avere stanziato nel Mar Rosso il sottomarino nucleare d’attacco USS Florida, capace di lanciare ben 150 missili da crociera. Che (in teoria) dovrebbero essere tutti a testata convenzionale. L’unità, della classe Ohio, può colpire un bersaglio fino a 2.500 chilometri di distanza, volando basso e seguendo la mappatura memorizzata del terreno. L’altra notizia trapelata dal Pentagono, proprio ieri, ricollegata anch’essa al fallimento dei negoziati sul nucleare. Uno squadrone di aerei A-10 Warthog (codice Nato, Facocero), da attacco al suolo, è stato già dislocato nel Medio Oriente, in previsione di operazioni di terra.

Il dettaglio che ora fa riflettere è che questi velivoli saranno equipaggiati con la bomba GBU-39/B, più nota nello slang militare come ‘bunker buster’, ordigno che sfonda i rifugi corazzati.

‘Frullino’ scassa bunker a caccia di cosa?

Ogni A-10, ribattezzato ‘frullino’ quando cercava il bunker dove si proteggeva Milosevic, rigenerato per il compito, potrà imbarcarne 16 di quelle bombe e sarà, come dicono alti ufficiali americani, ‘più efficace degli F-16’. In effetti, si tratta di aerei che in molti volevano dismettere, perché ritenuti troppo vetusti. La realtà, però, è un’altra. Se gli americani, anziché mandarli a demolire, li hanno addirittura potenziati, vorrà dire che intendono usarli per quella che è la loro prima ‘vocazione’.

Cioè distruggere bunker superprotetti, usando bombe ad alta penetrazione e a guida laser. Bunker, per capirci, come quelli dove gli ayatollah arricchiscono sempre più velocemente l’uranio che serve per farsi la bomba atomica.

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