«L’Europa deve dotarsi di un’industria della difesa più efficiente e capace di rispondere alle nuove minacce che vengono dalla Russia», sostiene adesso l’Unione dopo aver litigato sulla minaccia, senza aver trovato un accordo. Uno scenario di ‘quasi guerra’ da parte della Commissione europea, annunciato ieri a Bruxelles. Ma tra il dire il fare per fortuna c’è tempo oltre che il mare. Per non dare troppo nell’occhio cercando di schivare le critiche più facili, la proposta a firma Ursula von del Leyen (‘Von der Nato’ per i maligni), si mimetizza in «Strategia industriale europea di difesa» (Edis), e un «Programma europeo per l’industria della difesa» (Edip), con un fondo da 1,5 miliardi di euro. Come assaggio. «Due anni fa – scrive Bruxelles – la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina ha segnato il ritorno di un conflitto ad alta intensità sul nostro continente». Impressione sgradevole e forse ingiusta, quella di una mossa elettorale modello ‘’miracoli abruzzesi’ alla Meloni, alla conquista dei sovranismi baltici critici e in trincea con Mosca da sempre.
Forti convinzioni ideologiche in attesa di prove. Primo ‘l’Alto rappresentante Ue’ Josep Borrell: «Allora (invasione Ucraina Ndr), dissi che l’Europa era in pericolo. Purtroppo, avevo ragione: l’Europa era ed è ancora più in pericolo, la guerra è ai nostri confini». La guerra in Ucraina era e resta ai nostri confini, ma cambiano forse le previsioni sull’esito finale che qualcuno aveva promesso. Promesse non mantenute anche per armi e munizioni europee all’Ucraina, salvo non pensare ad altre guerre del futuro, del forse, e speriamo del mai. «Un elemento cruciale – scrive la Commissione – è la capacità della base tecnologica e industriale della difesa europea di fornire alle forze armate degli Stati membri i sistemi e le attrezzature di difesa richiesti, quando ne hanno bisogno e nei volumi necessari».
«Negli ultimi due anni ci siamo trovati di fronte a una industria della difesa senza una capacità di produzione sufficiente per rispondere alla domanda in rapido aumento, con la ben nota frammentazione secondo linee nazionali, limita l’economia di scala, crea sfiducia e inefficienze», denuncia la vicepresidente della Commissione Margrethe Vestager. L’esponente politica danese ricorda che in Europa i 27 spendono per «due, tre, quattro a volte cinque tipi diversi di ogni armamento», mentre gli Usa ne hanno uno solo. La stessa confusione di armi con cui si insiste in Ucraina. Inoltre, «dall’inizio della guerra fino a giugno del 2023 sono stati spesi circa 100 miliardi di euro per la difesa europea. Di questi, quasi l’80% è stato extra-Ue, di cui circa il 60% dagli Stati Uniti».
Se proprio dobbiamo andare ad ammazzarci, che sia almeno con armi di casa, la battura facile, con Borrel che scopre le carte su chi comanda realmente. «Nel 2022 – aggiunge l’Alto rappresentate – gli investimenti nella difesa sono stati 58 miliardi di euro divisi tra i Ventisette. Negli Usa il Pentagono ha chiesto investimenti per 215 miliardi di euro».
«La Strategia punta a incentivare la cooperazione sul fronte degli appalti, favorire gli investimenti degli Stati membri e la creazione di standard comuni. Con obiettivi precisi: appalti congiunti per almeno il 40% degli armamenti (ora siamo al 18%) entro il 2030; assicurare che il valore del commercio della difesa dentro l’Ue sia al meno il 35% del valore complessivo del mercato, sempre entro il 2030. Infine acquisire con gare d’appalto il 50% del bilancio all’interno dell’Ue entro il 2030 e il 60% entro il 2035», illustra Giovanni Maria Del Re, su Avvenire, evitando commenti.
Quanto all’Edip (Programma europeo per l’industria della difesa), prevede di «mobilitare 1,5 miliardi del bilancio Ue per il periodo 2025-26 per continuare a migliorare la competitività dell’industria e della tecnologia di difesa». Di per sé una cifra irrisoria, sanno bene, ma essendo ‘mossa politica’, vale il gesto. La prossima Commissione, dice, «dovrà lavorarci», concedono i commissari di fronte al non garantito bis dell’ex ministra delle difesa tedesca.
Molte capitali guardano con sospetto a queste proposte, gelose delle proprie competenze nazionali, ma Bruxelles rassicura di non volere avocare a sé la difesa. «Nessuno (alla Commissione ndr) vuole accaparrarsi le prerogative degli Stati, dovremmo cambiare i trattati». E Borrell rifiuta l’idea lanciata dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen di un «commissario alla Difesa».
«Semmai un commissario all’Industria della difesa, altrimenti creiamo confusione», avverte, «perché gli eserciti sono competenza esclusiva degli Stati». Altro punto cruciale: niente duplicazione con la Nato, con la quale Bruxelles dice di volere «complementarietà e coordinamento». Dopo riconosciuta troppa dipendenza?