Altra pessima notizia per il governo Scholz che appena lo scorso dicembre immaginava di dover far fronte ‘solamente’ al problema della crescita zero. Meno di zero si chiama ‘recessione’. «L’inverno mite, il rimbalzo delle attività industriali favorito dalla riapertura del mercato cinese e l’allentamento dei nodi nella catena di approvvigionamento non sono stati sufficienti a far uscire la Germania dalla decrescita» puntualizza Ruth Brand, presidente di Destatis, l’Istituito di statistica.
Colpa del binomio fra crisi energetica e guerra in Ucraina che ha inginocchiato il made in Germany oltre ogni fosca previsione, quanto dell’inflazione (altra storica ossessione nazionale come sottolinea Sebastiano Canetta da Berlino)
Inflazione schizzata a più 7,2% su base annua e gli stratosferici tassi di interesse fissati dalla BCE per frenarla, «hanno dato il colpo di grazia a ogni margine di ripresa della Germania nel breve periodo», rileva il Manifesto. Fuori dai punti percentuali, nella vita reale delle persone, la traduzione è che «negli ultimi tre mesi i tedeschi hanno speso molto meno per cibo, bevande, abbigliamento, scarpe e mobili rispetto al trimestre precedente. Ma hanno anche acquistato poche automobili nuove a causa della fine dei sussidi governativi alla fine del 2022. In parallelo nello stesso periodo è crollata la spesa pubblica», è l’analisi della Deutsche Welle.
L’economia tedesca ha fatto registrare due trimestri negativi uno di seguito all’altro, entrando ufficialmente in ‘recensione tecnica’, dichiara l’ente statistico. Una volta depurato dagli effetti stagionali e dei prezzi, il Pil della Germania risulta calato dello 0,3% nell’ultimo trimestre. Smentendo clamorosamente le stime di tre settimane fa secondo cui Berlino avrebbe evitato «per un soffio la retromarcia industriale». Ogni ottimistica previsione è stata smontata dal flop della produzione che a marzo è crollata a causa della pessima performance del comparto automobilistico, il cuore del sistema-Paese.
Negli ultimi tre mesi i consumi delle famiglie tedesche sono diminuiti dell’1,2% rispetto al trimestre precedente e «i consumatori hanno comunque visto erodere non poco il loro potere d’acquisto innescando il calo della domanda». La Germania non risulta investita dalla famigerata spirale ‘salari-prezzi’ bensì dalla reazione a catena dovuta alla mancanza di soldi da spendere da parte dei cittadini consapevoli delle ‘zero prospettive’ di miglioramento certificate da Destatis.
«Non ci sarà una forte ripresa, nemmeno in estate, neppure il prossimo autunno» è il requiem tedesco suonato sulle colonne della Frankfurter Allgemeine Zeitung, conclude Cannetta. Mentre le raffinate analisi finanziarie degli autorevoli esperti sono state sostituite dai semplici ‘conti della serva’, su cui riflettere con molta attenzione anche in Italia.
«Siccome un panino costa ormai oltre 3 euro e anche gli altri beni sono alle stelle, i tedeschi tengono banalmente da parte i loro risparmi. Da una parte il calo dei consumi rallenta l’economia; dall’altra l’aumento del costo del denaro intacca le speranze per il futuro. Basta guardare il settore delle costruzioni. Sta esaurendo gli ordini dopo anni di affari d’oro».
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