Guerre di logoramento incubo militare e politico, la storia e la Russia

Nei tempi brevi della modernità una guerra lunga, è sfida non più soltanto militare ma guerra di risorse e di peso politico, con effetti collaterali vasti a dirompenti. In tempi di globalizzazione, planetari. Von Clausewitz sollecitava operazioni militari brevi, riconosceva il primato della politica nell’indirizzo delle operazioni militari, ammoniva a non confondere mai i due concetti. Rischio di attualità. E Giovanni Punzo, sul fronte del ‘C’era una volta’ badando all’oggi vicino, ci dice della Russia in guerra con Napoleone e poi con i nazisti.

Guerra di logoramento, il concetto strategico

Un esercito che affronta un altro esercito – scrisse Clausewitz – è una macchina mastodontica e complessa che può incepparsi o rallentare per motivi diversi, a volte imprevedibili, o semplicemente perché esaurisce la propria forza in mancanza di rifornimenti. Per questo – aggiunse – è necessario che il piano di guerra preveda uno svolgimento rapido delle operazioni per raggiungere gli obiettivi determinanti in breve tempo. Questo almeno in teoria, perché la pratica è ovviamente diversa.
Clausewitz, che aveva espresso queste riflessioni dopo lo studio accurato delle campagne di Federico il Grande e Napoleone, sosteneva anche il primato della politica nella conduzione delle operazioni militari, ovvero la distinzione tra ‘obiettivo militare’ («Ziel» in tedesco) e ‘scopo politico’ («Zweck») raccomandando di non confondere mai i due concetti.
La guerra di attrito, di logoramento, rappresenta in un certo senso una pericolosa confusione: una strategia di logoramento protratta, che ricorra a tutte le risorse di un belligerante, finisce per assorbire gli obiettivi militari negli scopi politici. Fu l’errore in cui incorsero gli alti comandi tedeschi alla fine della Prima Guerra mondiale con conseguenze che si rivelarono catastrofiche per la Germania e nell’impostazione della Seconda: Clausewitz insomma, dopo i successi della ‘guerra lampo’, avrebbe fermato la Germania consigliando una soluzione politica.

Napoleone in Russia

Quando nel giugno 1812 Napoleone mosse contro la Russia, l’impero francese aveva raggiunto la massima potenza politica e militare: l’Europa era stata modellata a suo piacimento con l’istituzione di regni sotto la sua influenza diretta (affidati a membri della famiglia) e l’esercito dominava indiscusso i campi di battaglia terrestri. Nei sei mesi successivi la situazione tuttavia si rovesciò completamente: gli oltre seicentomila uomini partiti all’inizio della campagna erano ridotti a meno di centocinquantamila, affaticati oltre ogni limite, scossi nel morale e quasi privi di equipaggiamento, mentre tra gli alleati stava cominciando a venir meno la fedeltà e si preannunciavano defezioni.
Napoleone aveva ritenuto di poter adottare in Russia gli stessi metodi che lo avevano portato immancabilmente alla vittoria in altre circostanze: una grande battaglia campale con l’annientamento dell’esercito avversario e l’occupazione della capitale per dettare le sue condizioni ai vinti. Il punto fu che l’esercito russo si sottrasse sistematicamente allo scontro e quando, dopo la sanguinosa battaglia di Borodino (7 settembre) che da sola provocò in totale quasi ottantamila morti, fu occupata Mosca (15 settembre), le armate russe, sebbene duramente provate, sfuggirono ancora una volta allo scontro.
Dopo l’incendio della città non restò altro che constatare che non esisteva più una capitale, ma un potente esercito avversario invece c’era ancora. Dopo la decisione di ritirarsi verso la Polonia, partì l’inseguimento russo, che non solo incalzò la retroguardia, ma si infiltrò tra le colonne francesi attaccando continuamente alle spalle e sui fianchi senza dare tregua e soprattutto impedendo i rifornimenti e ogni organizzazione della ritirata.

La guerra in Russia dal 1941 al 1945

La guerra della Germania contro l’Unione Sovietica iniziata nel giugno 1941 sotto numerosi aspetti fu simile alla campagna napoleonica, ma ad essa si aggiunse una maggiore devastazione dovuta al furore ideologico nazista che provocò una forte reazione nella popolazione russa. Anche in questo caso l’attacco all’inizio fu poderoso: le forze armate tedesche misero in campo più di tre milioni di soldati appoggiati da tremila carri armati e quasi altrettanti aerei. L’esercito russo vacillò e si temette il peggio, ma – nonostante le avanguardie nemiche fossero giunte a poche decine di chilometri da Mosca – la città fu salva e anche Leningrado – stretta nella morsa di un assedio durato ben trentanove mesi – non fu conquistata di slancio come nelle aspettative tedesche.
Gli immensi spazi russi si rivelarono una trappola mortale anche per i nazisti, perché si ripropose la questione dei rifornimenti, aggravata dal fatto che un esercito della Seconda Guerra mondiale richiedeva molti più materiali e in quantità maggiori di un esercito napoleonico. Supportata in piccola parte dai rifornimenti alleati e dalla massiccia produzione bellica che fu realizzata in fabbriche trasferite al di là degli Urali, l’Unione Sovietica resse all’aggressione nazista.
Le retrovie dell’aggressore divennero sempre più pericolose per la presenza di guerriglieri e – sia pure con lentezza – l’Armata Rossa divenne un potente strumento superiore a quello tedesco. Purtroppo il rovescio della medaglia fu anche un coinvolgimento totale delle popolazioni civili nella fornace della guerra, un dramma che si sarebbe protratto fino a Berlino.

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