
«Agli alleati, da Washington fino a Roma, sarebbe bastato prestare la giusta attenzione al testo scritto in perfetto tedesco politichese per evitare equivoci sul riarmo della Germania. Ha stanziato la stratosferica cifra di 100 miliardi di euro pubblici per ricostruire la Bundeswehr (che attualmente non ha più neppure le munizioni da sparare), ma per decreto lo standard Nato verrà raggiunto ‘con impegno pluriennale’». Il futuro del forse o del mai.
Di ritorno dal vertice di Vilnius lo scorso luglio, il cancelliere Olaf Scholz si era avventurato nella roboante promessa di destinare al militare il 2% del pil nazionale «dal prossimo anno», sottolinea Sebastiano Canetta sul Manifesto. Assicurazione durata solo fino a metà agosto, quando la ministra degli esteri Annalena Baerbock (Verdi) ha fatto stralciare dalla bozza della finanziaria l’impegno voluto dal ministro della difesa Boris Pistorius (Spd). Così, ancora una volta Berlino ha evitato di mettere nero su bianco la garanzia sollecitata con cadenza ormai mensile dal segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, voce dell’amministrazione Biden.
Colpa della recessione, del leader degli armamenti Rheinmetall che fa il record di utili in borsa ma non riuscirebbe a stare dietro agli ordini ‘da Guerra Fredda’ neppure volendo, vista la produzione orientata alla guerra in Ucraina. E poi c’è la riarmatissima Polonia, lo Stato europeo con l’esercito più numeroso e moderno dopo il Regno Unito, con cui i rapporti sono al minimo storico come dimostra la riaccensione a spot, tutta politica, del fronte dei risarcimenti dei crimini nazisti.
«Tra i motivi del riarmo voluto da Scholz c’è esattamente la Nato a trazione italo-polacca che la connazionale Ursula von der Leyen, ex ministra della difesa del governo Merkel, vorrebbe far coincidere con l’esercito europeo se non fosse per la resistenza franco-tedesca», denuncia Canetta. Detta in altra maniera, la Germania si non si sente più ‘protetta’ dagli Usa (la distruzione del Nord Stream pesa e peserà a lungo), pronti a subaffittare la difesa dell’Europa per concentrarsi sul pericolo cinese
In più fissare il 2% del pil per la Nato a obbligo di legge «sarebbe tecnicamente improponibile» sottolineano i Verdi: «Oltretutto i requisiti militari in futuro possono cambiare» ha spiegato la ministra Baerbock di comprovata fedeltà atlantica, e apprezzatissima dagli Usa.
Scholz, che aveva parlato senza consultare il suo principale partner di governo. Mossa avventata o iniziativa calcolata per accontentare gli alleati Nato che forse hanno annusato le vere priorità per Berlino. «Per la svolta energetica Scholz ha appena varato un piano da 200 miliardi di euro: il doppio del mega-riarmo». Con l’obiettivo di riportare il made in Germany a dominare i mercati come prima dell’invasione russa.
Il ‘nemico’ è Tesla che fa concorrenza a Volkswagen con la Gigafactory nel Brandeburgo. Oppure Boeing che ‘ruba’ gli ordini ad Airbus. Senza considerare la sfida energetica giocata ormai nel cortile di casa: eolico off shore nel Mare del Nord, dove per ora a svettare sono solo le piattaforme petrolifere scozzesi.