Il colosso dell’immobiliare vuole fare ricorso al ‘Capitolo 15’, previsto per i casi di insolvenza che coinvolgono società non statunitensi quotate a Wall Street. L’obiettivo di Evergrande è quello di tutelare i suoi beni americani di fronte ai creditori. «L’istanza depositata a Manhattan è una normale procedura di ristrutturazione del debito offshore e non comporta istanza di fallimento», sostiene l’azienda. Un debito da circa 300 miliardi di dollari, accumulati nel corso dei suoi 27 anni di storia, raccontata da Lorenzo Lamperti sul Manifesto.
Nel 1996, quando viene fondata, in Cina corrono assieme l’urbanizzazione e la crescita della classe media. Il settore immobiliare esplode, e la neonata Evergrande costruisce a debito, prevedendo poi di ripagare con la vendita degli appartamenti. Un modello entrato seriamente in discussione dal 2020-2021, con la stretta del governo sulle condizioni di credito. Xi Jinping ha deciso da tempo di rettificare la crescita deregolata e un sistema di crescita giudicato troppo rischioso. Tanto che, nonostante le attese, nel corso degli ultimi due anni Pechino non ha attuato operazioni di salvataggio per Evergrande o per gli altri privati finiti in default.
A luglio, il prezzo medio delle case è sceso per il 17esimo mese consecutivo e il problema Evergrande irrisolto, ha contagiato tutto il mercato immobiliare. Nei guai è finita anche Country Garden, la prima azienda per valore delle vendite del settore ha accumulato 200 miliardi di passività e rischia a sua volta il default. E le sue difficoltà potrebbero avere un impatto persino più grave di quelle di Evergrande. A inizio 2023 Country Garden stava costruendo un numero di case quattro volte superiore a quelle che stava costruendo Evergrande prima del suo default. E deve ancora consegnare circa un milione di appartamenti in centinaia di città diverse, col rischio di grossi problemi sociali.
Le numerose insolvenze rischiano causare una crisi di liquidità nel ‘settore bancario ombra’, cioè quella galassia di intermediari creditizi che svolgono attività di gestione patrimoniale (che suggeriscono dove collocare i risparmi in mani sicure e con buona resa). Zhongrong International Trust, tra la più importanti ha saltato i pagamenti di oltre 30 prodotti di investimento che erano stati presentati «a rendimento sicuro». Proteste anche pubbliche dei creditori traditi.
Dopo il nuovo taglio dei tassi di interesse da parte della Banca centrale (denaro più facile), su Qiushi, la rivista teorica del Partito comunista, Xi Jinping invita il Paese a concentrarsi su ‘obiettivi a lungo termine’, «migliorare l’istruzione, l’assistenza sanitaria e l’approvvigionamento alimentare per gli 1,4 miliardi di persone, invece di perseguire solo la ricchezza materiale a breve termine».
«Evergrande non sarà un caso Lehman Brothers ma l’economia globale ora ha paura visto che un quarto di tutto l’enorme debito di Evergrande è fatto di obbligazioni emesse all’estero» segnala Luigi Pandolfi. E se si inceppa il motore della crescita mondiale, le Borse vanno giù. Per fortuna senza precipitare. «Un problema di ‘ristrutturazione’ difficile, che da qui a settembre, senza interventi risolutivi, potrebbe degenerare in una crisi di insolvenza definitiva, al rischio di fallimenti a catena. Il contesto, d’altra parte, è quello di un paese alle prese con un deterioramento del settore immobiliare, quello che negli ultimi anni ha rappresentato fino al 30% del pil».
Quali effetti potrà avere il fallimento di Evergrande sui mercati e l’economia globale? La Cina, nonostante tutto, stime del Fondo Monetario, parlano di un pil 2023 che crescerebbe del 4,4% nonostante una economia mondiale, fiaccata dalle tensioni geopolitiche legate alla guerra in Ucraina. «Parlare di una Lehman Brothers cinese, come ha fatto ieri il Wall Street Journal, è forse esagerato», sostiene Pandolfi. «Tanto più che le autorità di Pechino hanno già annunciato un ampio sostegno al settore immobiliare, con l’obiettivo è di spegnere subito il focolaio e di dare ossigeno alla domanda interna, scongiurando una deflazione di lungo periodo».
Ricordando che un quarto del debito di Evergrande è costituito da obbligazioni emesse all’estero (anche in Italia), per l’Europa non dovrebbe essere un grosso problema. Già nel 2021, la presidente della Bce Lagarde rassicurava che «l’esposizione diretta sembra essere limitata», riferendosi a banche e società di investimento del Vecchio Continente. Un’esposizione che negli ultimi due anni è diminuita.