
«Due popoli, due territori, due paesi, due religioni, due settori, due mondi, due olocausti, due modi di guardare la storia, due di tutto. Si potrebbe cominciare con un vecchio detto ebraico: due ebrei, tre opinioni», l’ironia amara di Eric Salerno su ‘La voce di New York’. Ma torniamo al mondo di oggi.
Ci sono due possibilità per le prossime mosse previste dal governo israeliano per Gaza, dopo le dure parole e gli ammonimenti pubblici e privati del presidente americano. Netanyahu ei suoi ministri sembrano aver deciso di fare un passo indietro. Esponenti del suo governo di estrema destra, militari e uomini del Mossad fanno sapere che per ora dell’assalto finale alla città di Rafah, ai tunnel nascosti sotto le case dei campi profughi sorti dopo i bombardamenti israeliani della striscia, non se ne parla. Per quanto tempo? Nessuno sa o vuole rispondere.
Da ottobre la Casa bianca appoggia la vendetta israeliana per l’orribile attacco di Hamas alla popolazione civile nel Negev ma di fronte ai morti palestinesi (oltre trentamila tra bambini, donne e uomini) Biden ha deciso di fissare una linea rossa: Rafah, per ora , non si tocca. La situazione drammatica della popolazione palestinese di Gaza ha superato ogni precedente massacro dei tempi nostri. Si possono fare paragoni con l’ex Jugoslavia ma mai come oggi le immagini della devastazione, delle bare, degli aiuti umanitari bloccati alle frontiere dalle truppe d’occupazione, sono arrivate nelle case americane ed europee in tempi reali.
E’ sufficiente pensare all’altro giorno quando un film sull’Olocausto degli ebrei ha vinto un Oscar e il suo autore ha chiesto al mondo di guardare alle spiagge di Gaza ea quello che sta succedendo. E riflettere. Mai più era la parola d’ordine emanata dal passato che doveva rappresentare il mondo di oggi, del futuro. Biden poteva fissare la sua linea rossa mesi prima; il segnale che una netta spaccatura tra lui e il premier israeliano era arrivato giorni prima per bocca del suo numero due.
«E’ importante distinguere tra il popolo d’Israele e il governo d’Israele», ha esortato con giusta enfasi Kamala Harris (manca l’analogo distinguo tra popolo palestinese ed Hamas, Ndr). E vorrei aggiungere che è fondamentale distinguere tra quel popolo, quel governo e gli ebrei della diaspora. Nel 2023, la popolazione ebraica (coloro che si identificano come ebrei soprattutto) era stimata in 15,7 milioni. Israele ne ospita un po’ meno della metà, 7,2 milioni. Negli Stati Uniti gli ebrei sono 6,3 milioni. Tutte cifre quasi insignificanti rispetto agli otto miliardi della popolazione mondiale.
Durante l’Olocausto furono assassinati circa due terzi degli ebrei europei e circa un terzo della popolazione ebraica mondiale. In Italia, per fare un paragone, il numero degli ebrei oscilla intorno ai trentamila discendenti o sopravvissuti a quelli finiti nei campi o nei forni del genocidio nazi-fascista.