«Get Brexit done» gridava nel 2016 Boris per l’addio. ‘Brexit done’ 2023, come uscire dal pasticcio?

La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, nel Regno Unito dal premier britannico, Rishi Sunak, per trovare un’intesa sul Protocollo nordirlandese.
Dalla superpolitica al supermercato dove da tempo ci sono razionamenti nelle vendite di alcuni prodotti ortofrutticoli nel Regno Unito. È il caso di Tesco, dove ogni cliente può acquistare solo tre confezioni di pomodori, peperoni e cetrioli. O di Asda, dove le restrizioni sono già estese a insalata, broccoli, cavolfiori e lamponi.

Oggi il giorno della ‘Brexit done’?

Ursula von der Leyen a Londra dal il premier britannico, Rishi Sunak. Obiettivo/speranza, un’intesa sul Protocollo nordirlandese dell’accordo Brexit, l’ultimo pezzo mancante per mettersi alle spalle la complicatissima separazione del Regno Unito dall’Unione europea. Nonostante l’opposizione dei ‘Brexiters’ duri e puri (tra pochi non pentiti), dentro i Tory e di una parte del Partito democratico unionista nord irlandese, Sunak sembra deciso ad andare fino in fondo nella sua scommessa di chiudere la partita Brexit e rilanciare le relazioni tra il Regno Unito e l’Ue a quasi sette anni dalla rottura provocata dal referendum del 23 giugno del 2016 e della intemperanze del guitto Jonhnson.

Bozza di intesa

Eliminare quasi tutti i controlli sulle merci inviate dalla Gran Bretagna nel mercato dell’Irlanda del Nord. Due corsie per le merci: corsie rosse per le merci destinate a essere riesportate ad esempio nella repubblica di Irlanda, nell’Un insomma, e corsie verdi per quelle che rimarranno in Irlanda del nord. L’Ue avrà accesso al sistema informatico doganale britannico per controllare. Bruxelles, contropartita, dovrebbe ottenere un ruolo per la Corte di giustizia dell’Ue come arbitro ultimo del rispetto delle regole del mercato interno che l’Irlanda del nord dovrà continuare a seguire.

Basta Brexit per tutti

Il via libera definitivo dovrebbe arrivare nel Consiglio europeo di marzo. Per Sunak sarà più difficile. «Ci sono questioni in sospeso sulla Brexit e voglio finire il lavoro». Ma Sunak rischia una resa dei conti con i Brexiters e il Dup nordirlandese, formazione politica decisamente poco aperta. E già il leader dell’European Research Group -il gruppo dei Brexiters più accaniti-, ha definito come insufficiente la potenziale intesa. Mentre il leader del Dup ha chiesto solo l’impossibile: ottenere modifiche all’accordo di recesso del Regno Unito dall’Ue.

Economia britannica e Tory in recessione

Il caos Brexit e la premiership di Boris Johnson, verifica dei fatti, hanno fatto precipitare l’economia in recessione e i Tory nei sondaggi, ironizza David Carretta sul Foglio. «Ma il Regno Unito potrebbe trarre diversi vantaggi dal riallacciare una relazione civile con l’Ue». Esempio è l’accesso per università e scienziati britannici a Horizon, il programma da 96 miliardi di euro dell’Ue per la ricerca e l’innovazione. O le politiche climatiche. Ma è sulla politica estera e di sicurezza che l’alleanza tra l’Ue e il Regno Unito è più toccata, il sostegno aperto di Londra a Kiev in scia americana, e i lenti carri armati Ue.

Dalla superpolitica al supermercato

UK e Brexit: siamo alla frutta? Titolo facile, quotidianità delle famiglie britanniche molto meno gradevole. Da una settimana ci sono razionamenti nelle vendite di alcuni prodotti ortofrutticoli nei maggiori supermercati del Regno Unito. Le cause ufficiali sono diverse: con l’aumento del prezzo del gas, riscaldare le serre costa di più, e lo stesso dicasi per il costo dei fertilizzanti. Così i produttori britannici hanno ridotto le forniture di vegetali, e molti rivenditori hanno scelto di aumentare le importazioni. Una scelta che li ha però esposti alla volatilità del mercato mondiale, in cui il clima sta generando scarsità.

‘Il pelo nell’uovo’, dice ISPI

Durante l’inverno il Regno Unito importa circa il 95% dei pomodori e il 90% delle lattughe da Spagna e Nord Africa. È bastato dunque un clima insolitamente freddo nella regione attorno ad Almeria, e alcune inondazioni che hanno colpito le coltivazioni in Marocco, a rendere evidenti le vulnerabilità nella catena di approvvigionamento. In più, la carenza di manodopera, ha costretto i produttori locali ad aumentare i salari e dunque il costo dei prodotti domestici. Mentre le lungaggini burocratiche alle dogane rendono il Regno Unito un mercato meno desiderabile per gli esportatori Ue, soprattutto quelli di prodotti deperibili.

Ciliegina sulla torta

E i sospetti su Brexit non finiscono qui. Basti pensare che i Paesi Ue, alle prese con le stesse sfide (crisi energetica e fluttuazioni climatiche) e con un’inflazione sui prodotti alimentari persino maggiore (a dicembre +18% anno su anno, contro +13% in UK), non denunciano carenze nei negozi. Brexit ha gettato nell’incertezza gli agricoltori britannici, che grazie alla Politica agricola comune Ue ricevevano 4 miliardi di euro l’anno in sussidi. Solo il mese scorso, a tre anni dalla Brexit, gli agricoltori hanno saputo che Westminster stanzierà solo 2,7 miliardi di euro l’anno.

Non esattamente un bel viatico per un negoziato, quello sulla Brexit, sul quale il governo Sunak si prepara allo scontro interno. Stretto tra la necessità di trovare un compromesso con Bruxelles (che dall’anno scorso accusa Londra di violare il diritto internazionale) e una maggioranza tory ancora troppo lontana dalla realtà. E dagli scaffali dei supermercati.

Condividi:
Altri Articoli
Remocontro