Europa che prova a dire, Israele senza tregua perde in un giorno 24 soldati

A Bruxelles si parla mentre a Gaza si continua a morire, anche in casa israeliana. Ieri l’esercito ha vissuto il giorno più sanguinoso dell’invasione di terra a Gaza. 24 soldati riservisti uccisi, 21 dei quali in un’unica esplosione. Bombardamenti più intensi e nessuna «safe zone» per i palestinesi ormai a più di 25mila morti. L’esercito avanza anche nella parte occidentale di Khan Yunis, nuovo esodo. Ospedali in tilt e nord manca tutto. Cala il sostegno internazionale a Israele. Salvo il sostegno sempre più imbarazzato da parte degli Stati Uniti.

Tel Aviv e Autorità palestinese volano a Bruxelles. L’Unione lancia l’idea di una conferenza di pace riproponendo la soluzione dei due stati, ma non indica percorsi e date. Israele si inventa un’isola artificiale al largo di Gaza per costruirvi strutture portuali e non solo, tra lo stupore e l’amaro della presa in gito. 

Vertice Ue impotente ma arrabbiato

«Israele non ha alcun diritto di veto all’autodeterminazione del popolo palestinese, riconosciuta dalle Nazioni Unite», la rabbia di Borrel, la voce Esteri dell’Unione europea sino a ieri quasi silente.

Il vertice Ue allargato ribadisce la strada della soluzione «due popoli due stati» già categoricamente respinta del premier Netanyahu, indica la possibilità di una conferenza di pace, ma non sa dire il come e il quando. Quando Israele o gli Stati Uniti decideranno che il macello di Gaza deve finire, e che dovrà essere frenata la pulizia etnica operata dai coloni in Cisgiordania e non si dovrà invadere di nuovo il sud del Libano.

Sforzi unitari ma divisioni  non sanate

«Eppure dietro gli sforzi unitari di rito in ogni vertice Ue, restano le divisioni non sanate che hanno attraversato gli ultimi mesi, a partire dall’assenza di sanzioni verso i coloni in Cisgiordania, mentre di nuove ne sono state emesse ieri nei confronti dei leader di Hamas», denuncia Andrea Valdambrini sul Manifesto.

Ruggito inatteso ma poco efficace

In questi ultimi giorni aveva stupito l’attivismo del rappresentante Ue agli esteri Josep Borrell. All’avvio del Consiglio affari esteri a Bruxelles ieri mattina, Borrell dichiara una verità coraggiosa nota a tutti ma da pochi dichiarata: «il piano di portare avanti la distruzione di Hamas da parte di Israele non funziona e l’Ue deve perseguire lo sforzo di creare una soluzione a due stati, piaccia o no a Tel Aviv». Bravo il rappresentante spagnolo, non sempre così incisivo.

Sradicare Hamas o moltiplicarne i futuri militanti?

Alludendo all’obiettivo israeliano di sradicamento di Hamas dalla Striscia e dell’azione armata portata avanti dall’esercito israeliano, Borrell ha chiesto: «Quali sono le altre ipotesi in campo, cacciare o uccidere tutti i palestinesi? Ma così Israele sta suscitando l’odio per generazioni». Ha anche chiarito che, proprio nel rispetto delle vittime del 7 ottobre, quello di Israele risulta un modo sbagliato di condurre le operazioni.

Le colpe di Hamas, ma non soltanto quelle

«Hamas è uno degli ostacoli alla soluzione a due stati, ma non il solo. Dobbiamo lavorare con il mondo arabo e discutere fra noi gli approcci per ottenere passi avanti». Ma nei giorni scorsi lo stesso Borrell aveva condannato le responsabilità di Israele nell’aver fatto crescere Hamas (favorita addirittura contro l’autorità palestinese di Abu Mazen). Ora la proposta di una sorta di ‘road map’, un percorso in 12 punti incentrato sulla ‘soluzione politica’. «Molto più concreto che parlare di pace, che vuol dire troppe cose», aveva precisato ieri mattina.

Negoziare se tutti al tavolo lo vogliono

Le mosse di Borrel, così come il tavolo negoziale di ieri a Bruxelles – a cui erano presenti diversi paesi mediorientali oltre che i due ministri degli esteri, l’israeliano Israel Katz e Riyad Al Maliki per l’Autorità palestinese – erano state preparate del rappresentante speciale Ue Sven Koopmans che aveva condotto consultazioni preliminari «alla ricerca di un terreno comune per rivitalizzare il processo di pace», tra gli altri, con Giordania, Egitto, Arabia saudita e Lega araba. Di segno decisamente diverso l’atteggiamento del governo israeliano

L’invenzione di Israele per il No senza dirlo

Nel suo intervento in Consiglio, il ministro Katz ha mostrato un video in cui riproponeva un’idea già avanzata alcuni anni fa (nel 2017 quando era ministro dei trasporti): la costruzione di un’isola artificiale a largo di Gaza per ospitare un porto e altre strutture.

Nessuna isola, ma il NOSTRO PAESE

Oltre alla freddezza stupita della quasi totalità dei ministri presenti, per Katz e per l’Unione europea deve valere la risposta dell’omologo palestinese al-Maliki: «Non abbiamo bisogno di nessuna isola, né naturale né artificiale. Resteremo nel nostro paese. La terra di Palestina è nostra, di nostra priorità e vi resteremo – ha replicato – Non permetteremo a nessuno di pensare il contrario. Chi vuole partire per abitare in isole artificiali o naturali, ci può andare. Noi, i proprietari di questa terra, ci resteremo e resisteremo per restarci, per i nostri diritti, per avere lo Stato palestinese con capitale Gerusalemme est».

L’isola che non c’è

All’episodio dell’isola si è fatto riferimento anche nella conferenza stampa tenuta al termine della riunione dei ministri alla presenza di Borrell. Rispondendo a una precisa domanda posta dalla giornalista del britannico Guardian, Borrel ha risposto: «Magari si tratta di progetto interessante – ha ironizzato – ma credo anche che Israele per occuparsi della sicurezza del suo paese dovrà preoccuparsi innanzitutto del numero di morti in casa».

Coda polemica, la notizia sulla possibilità di trasferire sull’isola artificiale anche parte degli abitanti della Striscia riportata dal Guardian, con la replica del Times of Israel: «Non ha mai detto una cosa del genere e non c’è un piano del genere», ha sostenuto il ministero degli esteri. Il fatto che qualificate fonti diplomatiche Ue ne abbiano dato conto è significativo delle tensioni sull’argomento e tra le parti. Con una soluzione non solo indefinita ma addirittura evanescente. Fin che Netanyahu e Stati Uniti…

 

 

 

 

 

 

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