
Tema ignorato in campagna elettorale, mentre le implicazioni di quanto sta accadendo sono potenzialmente enormi sia dal punto di vista economico sia politico-strategico. La Russia sembra aver concluso la mobilitazione parziale delle proprie riserve: 300 mila uomini, prima tranche di una serie di richiami successivi che potrebbero coinvolgere oltre un milione di effettivi.
Le difficoltà di Mosca, ma anche la sua determinazione a non mollare. E si rincorrono accenni al possibile impiego di ordigni nucleari tattici, legati alla necessità russa di evitare una sconfitta che potrebbe avere ripercussioni catastrofiche sulla tenuta stessa della Federazione. O di ‘Bombe sporche radioattive’ di parte Ucraina a seminare panico a confusione.
Chiunque sia stato l’autore dei sabotaggi che hanno colpito i due Nord Stream poche ore prima dell’inaugurazione del gasdotto che porterà il metano norvegese in Polonia e Danimarca, quanto accaduto nel Baltico alla fine di settembre ha aggravato anche la lotta sul terreno economico.
«Il conflitto in corso lacera anche l’Europa, ridisegnandone geometrie interne a danno della Germania e a vantaggio di Varsavia e della sua corte baltica», scrive Limes.
«In questo scenario è lecito chiedersi cosa farà l’Italia della nuova maggioranza di centro-destra qualora si rendessero necessarie decisioni più difficili di quelle non semplici già intraprese finora». Al momento soltanto congetture. Con unico riferimento, le scelte di schieramento annunciate da Giorgia Meloni e dei condizionamenti di cui deve tener conto qualsiasi governo della Repubblica Italiana.
In Europa, il partito Fratelli d’Italia è entrato nel gruppo dei conservatori di cui erano parte prima del Brexit anche i Tory britannici. Sono inoltre noti i rapporti di Fratelli con i nazionalisti polacchi e le simpatie col premier ungherese Viktor Orbán. Lettura contraria, Giorgia Meloni che ha garantito il sostegno alle sanzioni alla Russia e alla fornitura di aiuti militari all’Ucraina. Ora Meloni super Atlantista.
Vincoli esterni, il più importante è quello del nostro debito sovrano, che ormai sfiora i 2.800 miliardi di euro. Una cifra enorme, che costringe il governo italiano a reperire ogni anno centinaia di miliardi sui mercati finanziari mondiali e quindi a preoccuparsi della propria reputazione, indispensabile a non dichiarare bancarotta.
«Piaccia o non piaccia – e può non piacere a tanti – le scelte di Roma nei confronti della guerra sono oggetto di un monitoraggio costante da parte delle cancellerie anglosassoni e dei media globali, soprattutto nei prossimi mesi», avverte Germano Dettori. Ambiguità e cedimenti si tradurrebbero subito in revisioni del giudizio sull’appetibilità dei nostri titoli di Stato, con conseguenze drammatiche sulla nostra economia, che già soffre per il rincaro del costo dell’energia.
Quanto è accaduto ai gasdotti baltici Nord Stream 1 e 2 ha probabilmente creato delle condizioni di fatto irreversibili. E gli effetti materiali sulla salute dell’economia tedesca avrebbero un riverbero drammatico anche sul Nord Italia. Poi la questione dei rapporti economici italiani forti con la Russia. Bulgaria, Polonia e Stati Uniti hanno invitato i loro cittadini a lasciare immediatamente il territorio della Federazione. Decisione difficile per Roma.
Problemi drammatici se Mosca ricorresse effettivamente alle armi nucleari tattiche in Ucraina. Ms non è questo il tema di oggi. Per noi Italia diventerebbe vitale se la risposta Usa coinvolgesse la Nato chiamandoci direttamente in guerra. Facile prevedere che il sistema politico italiano si lacererebbe, «sotto la spinta della prevedibile isteria di un’opinione pubblica che precipiterebbe non senza ragione nel panico». Da questo la necessità di condividere le scelte non limitato al 44% del 63% del corpo elettorale, che diventa solo il 28% degli italiani elettori.