Johnson riapre le ferite nei Tory e Sunak sente il partito scricchiolare

L’ex premier britannico, Boris Johnson, se n’è andato sbattendo la porta e con pessimi propositi. Venerdì ha annunciato a sorpresa le sue dimissioni da deputato. L’epilogo del cosiddetto ‘Partygate’, lo scandalo dei festini tenuti a Downing Street durante il lockdown, che gli era già costato l’incarico di primo ministro.
Una resa? Niente affatto avverte Angela Napoletano su Avvenire. Un minaccioso ‘per adesso’ avverte, mentre altri due deputati lo seguono. Tre seggi a ‘perdere’ a favore dei laburisti per iniziare la guerra interna al premier Sunak.

Fine del ‘johnsonismo’ irriverente e scapigliato che ha segnato gli ultimi anni della politica britannica? Niente affatto. Il breve inciso della lettera con cui ha ufficializzato, «per adesso», la sua uscita di scena ha il sapore inequivocabile di un avvertimento. Tornerà. Si alimenta la fronda e già due deputati seguono l’ex premier dimissionario da Westminster. L’obiettivo è minare la leadership alle urne per le suppletive

‘Johnsonismo trumpiano’

«La sua lunga missiva di dimissioni trasuda furia quasi trumpiana». L’ha scritta dopo aver ricevuto il rapporto finale della commissione parlamentare incaricata di verificare le bugie raccontate all’aula di Westminster quando, agli inizi dello scorso anno, fu chiamato a rispondere delle infrazioni avvenute al numero 10. Secondo i deputati-inquirenti l’ex premier ha mentito sapendo di mentire. Altro che: «Ho agito in buonafede», come ha più volte dichiarato. Circostanza che può essere punita con una lunga sospensione se non addirittura con un voto di revoca del seggio. La mossa è suonata a Johnson come l’atto finale di una caccia alle streghe orientata da un «vergognoso pregiudizio» nei suoi confronti.

‘Kangaroo court’ ma anche Boris fa il canguro

Ha bollato la commissione incaricata del procedimento come una «Kangaroo court», un tribunale che, come un canguro, procede a balzi saltando intenzionalmente prove a favore dell’imputato. Ha accusato Sue Gray, l’alto funzionario che ha condotto le indagini amministrative sullo scandalo, di collusione con i laburisti. Ha infine puntato il dito contro alcuni dei suoi colleghi conservatori disposti a «fare qualsiasi cosa, anche giocare di sponda con l’opposizione, pur di rimuoverlo dal Parlamento». Manovra ordita, ha precisato, «per vendicarsi della Brexit e ribaltare il risultato del referendum del 2016».

Attacco a Rishi Sunak

Tra le righe dello sfogo, un attacco, neppure troppo velato, all’attuale premier Rishi Sunak, che durante la pandemia era il suo Cancelliere dello Scacchiere, inquilino dello stesso edificio a Downing Street, immortalato insieme a Johnson in un festino ‘irregolare’. Per Boris detronizzato dopo il plebiscitario consenso riscosso alle politiche del 2019, sarebbe stato proprio Sunak in traditore. E il ‘coup de théâtre’ dell’anticonformista Johnson, da apparente resa diventa sfida e promessa di vendetta. Il seggio a cui rinuncia, verrà riassegnato con elezioni suppletive. Il rischio che possa passare ai laburisti è più che concreto.

Sondaggi Tory a perdere

A dirlo sono i sondaggi che da mesi penalizzano i conservatori. Se altri deputati seguissero le orme di Johnson, come hanno già fatto l’ex ministro Nadine Dorries e Nigel Adams, per i Tory sarebbe un pasticcio enorme. «Un carico da novanta a schiacciare la fragile leadership di un ‘tecnocrate’, come viene definito Sunak in certi ambienti, appena tornato da un viaggio Oltreoceano (quasi) a mani vuote».

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