Maometto, per sfuggire alle persecuzioni di un potente gruppo di ricche famiglie, si era rifugiato a Medina nel 622. Ben presto però l’influenza della sua predicazione si estese a tutta la penisola arabica e otto anni dopo fu conquistata la Mecca. Nel 632, anno della sua morte, ormai tutta la penisola arabica era stata sottomessa e iniziò allora la conquista della sponda meridionale del Mediterraneo. Nel 711 fu oltrepassato lo stretto di Gibilterra e, gran parte della penisola iberica fu assoggettata in un paio d’anni, ma nel 732, a Poitiers, l’esercito di Carlo Martello sconfisse gli invasori.
Fu durante questo secolo di rapide e travolgenti conquiste che il Corano assunse la sua forma definitiva, ma sorse anche la disputa che ancora oggi divide il mondo musulmano, ovvero tra sunniti e sciiti.
La stesura definitiva del testo avvenne infatti in tre fasi: la prima nel 632, a pochi mesi dalla morte del profeta, fu realizzata da Abu-Bakr, primo califfo o «vicario» del profeta; la seconda sotto il terzo successore Othman tra il 644 e il 665, e infine l’ultima agli inizi dell’VIII secolo, dopo di che, per evitare confusioni, i testi precedenti furono distrutti.
In questo contesto maturò anche l’altra grande questione, ovvero la divisione tra sunniti, ‘tradizionalisti’ e legati cioè alla Sunna, la pratica religiosa tradizionale, e sciiti, ‘legittimisti’ legati cioè ad Ali, genero e legittimo successore di Maometto, il cui figlio Hussein era stato sconfitto e ucciso nel 680 dopo la battaglia di Kerbela (oggi in Iraq) da Yazim, successore di Abu-bakr.
Tra il 642 e il 644 l’islam, guidato dal secondo califfo Omar al Khattab, si volse anche ad oriente conquistando e islamizzando l’impero persiano. Nonostante frequenti rivolte, tradimenti e guerre, intorno alla fine del IX secolo tutti i territori appartenenti all’impero sconfitto furono convertiti e da quel tempo gradatamente la maggioranza divenne sciita. Ai tempi dell’impero ottomano la differenza tra sciiti e sunniti non sembrava rilevante e del resto è un tratto comune alle strutture imperiali lasciare una relativa autonoma alle minoranze, a condizione però che le leggi fondamentali non siano messe in discussione. Non si trattava di un trattamento particolare riservato a quei territori, perché nei Balcani ad esempio avveniva lo stesso con cristiani di rito latino od ortodossi relativamente liberi di organizzarsi.
Tuttavia, nei confronti degli sciiti erano usate frequentemente espressioni ritenute offensive che ne ricordavano il rifiuto dell’autorità del califfo o bollavano come eretiche alcune tendenze mistiche della cultura sciita, per non parlare del peccato più grave, ovvero la ‘divinizzazione’ del martire Ali. A metà del XVIII secolo vi fu un tentativo di appianamento delle questioni più scottanti e di vero e proprio riavvicinamento.
Nadir Shah, dopo l’assedio di Basra (Bassora) tentò di ottenere dai turchi la creazione di scuole sciite: nonostante il diniego, fu tenuto comunque un primo incontro generale tra ‘ulema’ (i dottori) tra sciiti e sunniti.
Di fatto l’impero ottomano decise di affrontare la questione sciita solo alla fine del XIX secolo e per motivi molto concreti: da una parte l’impero vacillava e dall’altra la corrente sciita si stava affermando nell’attuale Iraq. Il sultano Abulhamid II tentò allora di rafforzare il movimento pan-arabo attraverso il suo ruolo di califfo, ossia sul piano religioso, mentre sul versante politico, nella sua veste di sultano, riuscì a concludere un accordo con il regno di Persia che nel frattempo era diventato indipendente. Questa politica fu proseguita dai Giovani Turchi che ottennero che gli sciiti combattessero con l’impero turco contro le potenze occidentali, ma la Prima Guerra mondiale fece saltare tutti questi delicati equilibri.
La rivolta araba, appoggiata dagli inglesi, fu a stragrande maggioranza sunnita e costituì uno dei fattori che travolsero l’impero: gli stati nazionali suoi eredi si trovarono così di fronte a problemi che dal piano religioso erano diventati politici. Cominciò a farsi strada l’idea che una riunificazione della ‘umma’, ovvero la comunità di tutti i fedeli islamici, potesse opporsi meglio alle incursioni degli occidentali. Nel 1931, a Gerusalemme, al tempo sotto mandato britannico, si tenne un incontro tra mullah sciiti e sunniti, come quello avvenuto quasi due secoli prima, ma che non produsse risultati.
Dal punto di vista politico, dopo la Seconda guerra mondiale cominciò anche il processo di decolonizzazione nel corso del quale si tornò a parlare di unità, ma non più sotto il profilo religioso. In questi decenni però il movimento sciita ha acquistato sempre maggior vigore, sino all’avvento di Kohmeini, i cui proclami verso una rinnovata unità di tutto l’islam sono rimasti inascoltati.
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