
Per evitare rotte marittime sempre più pericolose, molti tunisini si avventurano in nuove rotte terrestri verso l’Europa. Utilizzano Facebook e WhatsApp per contattare i contrabbandieri, come racconta un’inchiesta sul campo di Middle East Eye, ma incidenti e tragedie si contano anche via terra. Aboubakr, 16 anni, aveva cercato di emigrare in Europa all’inizio dell’anno, ma in settembre, mentre cercava di entrare in Ungheria dalla vicina Serbia, il veicolo su cui si trovava è finito nel Danubio dopo un inseguimento della polizia.
L’economia tunisina, dopo la «primavera araba» del 2011, ha vissuto ulteriori turbolenze lo scorso luglio, quando il presidente Kaïs Saïed ha destituito i membri del suo governo e sospeso il parlamento in quello che molti osservatori definiscono un colpo di stato incruento. L’aumento dei prezzi globali di cibo ed energia, innescato dalla guerra in Ucraina, ha ulteriormente gravato sui tunisini, spingendo l’inflazione a livelli record. La metà dei tunisini dichiara di esaurire la spesa alimentare prima di avere i soldi per comprare altri prodotti.
La dinamica dell’aumento dei prezzi ha provocato negli ultimi mesi un forte aumento delle partenze. Secondo l’inchiesta riportata dal Courrier International, i contrabbandieri pretendono non meno di 3.500 dollari per farli arrivare in Europa in condizioni di relativa sicurezza. Il viaggio inizia sui social network, con un’informazione generica sulla cosiddetta rotta balcanica. L’itinerario inizia con un volo da Tunisi a Istanbul. Dopo un breve scalo, gli aspiranti migranti prendono un altro aereo per Belgrado, per poi attraversare in auto o a piedi il confine con l’Ungheria o un altro Stato Schengen a nord della Serbia.
Fra dibattiti e polemiche sul modo più efficace di stroncare i traffici, è interessante la notizia che i contrabbandieri di esseri umani pretenderebbero bonifici su conti correnti europei, che evidentemente considerano più sicuri dei contanti. I migranti ricevono anche un kit di sostentamento prima di dirigersi verso la foresta di Radanovac, al confine tra Serbia e Ungheria. Qui vengono inseriti in una lista d’attesa del momento più propizio per attraversare il confine. Considerando che da gennaio la Croazia è entrata nel sistema Schengen, si comprende quanto sia più agevole raggiungere l’Europa passando dalle frontiere balcaniche del nuovo Paese membro.
Secondo le fonti riportate dal Courrier, ci sono due procedure: nella prima, chiamata Tasslima, il trafficante guida i migranti a piedi per trenta chilometri attraverso la foresta, il Danubio e le reti militari. Dopo averli ammassati in un furgone, gli autisti li portano dall’altra parte dell’Ungheria e li lasciano vicino al confine austriaco. Una volta lì, o a Traiskirchen, una piccola città a sud di Vienna, i migranti devono semplicemente recarsi dalle autorità austriache e chiedere asilo.
Il secondo metodo, noto come Taktiaa, è più economico — costa tra i 1.500 e i 2.000 dollari — ma più rischioso perché non comprende l’accompagnamento fino al confine austriaco. Fotografie di migranti scattate nelle foreste vicino a Subotica, al confine con l’Ungheria mostrano morsi di cane, graffi di filo spinato e lividi sulle gambe e sui piedi per i maltrattamenti della polizia ungherese. Un migrante ha mostrato video e post su Instagram, di solito etichettati come ‘harka’ o ‘haraga’, termini comunemente usati in Tunisia, Algeria, Marocco e Libia per indicare coloro che tentano di attraversare illegalmente il Mediterraneo.
Meta, la società che gestisce Facebook, Instagram e WhatsApp, ha fatto sapere che ogni video che menzioni servizi di contrabbando di esseri umani sarà rimosso. In effetti, pochi giorni dopo la segnalazione della pagina «Kazawi Army» (una delle organizzazioni di contrabbandieri) a Facebook, un portavoce di Meta ha fatto sapere che la pagina era stata rimossa. «Interveniamo non appena ne veniamo a conoscenza e continuiamo a lavorare fianco a fianco con le forze dell’ordine e gli esperti di tutto il mondo per combattere questa piaga».
Per contenere l’immigrazione clandestina, diversi Stati membri dell’Ue hanno intensificato le pressioni sulla Serbia affinché rafforzi il regime dei visti. Da novembre i cittadini tunisini devono richiedere un visto per recarsi in Serbia. Ma è probabile che la misura abbia per conseguenza che i viaggi della speranza diventino più lunghi, più costosi e più pericolosi. La Tunisia limita già i viaggi dei minori di 35 anni e la polizia di frontiera negli aeroporti spesso richiede il permesso dei genitori per coloro che desiderano recarsi in Turchia, Marocco, Algeria o Libia.
Secondo Matt Herbert, direttore delle ricerche presso l’Osservatorio del Nord Africa e del Sahel per la lotta alla criminalità transnazionale, la rotta balcanica è diventata più importante proprio a causa dei recenti naufragi al largo delle coste tunisine: «Molto più costoso del viaggio in nave, questo percorso è considerato meno rischioso e con maggiori probabilità di successo, nonostante le autorità tunisine stiano intensificando la sorveglianza delle frontiere. Da gennaio ad agosto, più di 5.000 cittadini tunisini sono stati intercettati sulla rotta balcanica, 842 in più rispetto all’intero anno precedente».
Oltre al costo in termini di vite umane, la Tunisia perde anche le sue energie migliori e più giovani: 39.000 ingegneri e 3.300 medici tunisini avrebbero lasciato il Paese tra il 2015 e il 2020, in parte a causa dell’immigrazione e in parte per i tagli all’istruzione superiore. Quando scendono dai camion o dai furgoni dei contrabbandieri, i giovani gridano «Rakh la» («Non si torna indietro»). Said racconta di aver aiutato il fratello a emigrare in Europa poco più di un mese fa : «È colpa del governo se i giovani se ne vanno. Ho aiutato mio fratello perché qui non c’era speranza né futuro» . Ma questo viaggio lo ha fatto piangere. Ha visto la morte da vicino.
«Non so se riuscite a capire cosa significhi guardare due persone che combattono in una remota foresta serba finché uno non uccide l’altro. È il tipo di scena che ti perseguita per il resto della tua vita».