
Il governo vuole ricostituire il ‘Comitato interministeriale’ abolito nel 1993, svuotando le competenze dell’Uama, l’«Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento», del ministero esteri e cooperazione, con l’autorità di autorizzare o meno i contratti, e quindi le produzioni ed esportazioni, di sistemi di arma stipulati tra governi stranieri e industrie belliche italiane. La materia ora verrebbe affidata a un Comitato interministeriale tutto politico. Un ritorno alle norme di trenta anni fa, tra governo e Servizi segreti.
La nota di Palazzo Chigi parla di «Modifiche alla legge 9 luglio 1990, numero 185, recante nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento (Affari esteri e Cooperazione internazionale)». Luca Liverani su Avvenire, ricorda come «la legge 185, fu approvata nel 1990 grazie a una mobilitazione della società civile e in particolare delle riviste missionarie che vedevano gli effetti delle armi italiane nelle guerre africane». Ma ora, ritorno al passato.
Un Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento (Cisd), presieduto dal capo del governo (per suo contro dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega sui Servizi segreti), più ministro degli Esteri, dell’Interno, della Difesa, dell’Economia e del Made in Italy. Tutto secretato e qualsiasi ‘forzatura politica’ di non lontanissima memoria nuovamente fattibile senza troppi danni. Un tempo l’Ottava Divisione del Sismi ed ora ad apparati di intelligence aggiornati.
La 185 all’epoca fu una norma all’avanguardia, poi seguita da una analoga Posizione comune europea del 2008 e, nel 2013, dal Trattato sul commercio delle armi (Arms Trade Treaty – ATT), che è stato il primo strumento giuridico globale per l’autorizzazione di trasferimenti di armi convenzionali. Con la riforma, all’Uama verrebbero lasciate solo le questioni di carattere tecnico-amministrativo.
«Se modificano la legge – avverte Vignarca, coordinatore delle campagne di Rete italiana Pace e disarmo – sappiano che dovranno inglobare nella nuova legge le norme più restrittive del Trattato internazionale. Quando il Parlamento ratificò l’Att, infatti, si disse che non c’era bisogno di modifiche perché la 185 prevedeva già le norme previste dal Trattato. Ma se la 185 viene toccata, non si possono fare solo le modifiche su Comitati e procedure, si dovranno invece inserire i criteri dell’Att, anche più stringenti di quelli della 185».
«Sui diritti umani il Trattato dice che non si può esportare se c’è un rischio di commettere abusi sui diritti umani – spiega Rete pace e disarmo – non quando gli abusi vengono accertati. Non è un caso che certe cose si provino a fare ad agosto».
A certificare che l’export armiero italiano gode di ottima salute è il nuovo report del Sipri, l’istituto di Stoccolma tra i più autorevoli in tema di commercio di armi. Leonardo, colosso italiano della difesa, ha chiuso il 2022 con un risultato netto positivo per 932 milioni (+58,5% sul 2021). A spingere i conti di Leonardo, ordini per 17,3 miliardi (+21%) e i ricavi, che in un anno non certo facile per la congiuntura internazionale, hanno accelerato a 14,7 miliardi (+4,7%).
Il Qatar è il principale cliente (24% delle nostre esportazioni) l’Egitto, il secondo (23%) e la Turchia (12%). Tutti paesi che presentano problemi di assenza di diritti civili e in alcuni casi sono pure protagonisti di conflitti molto sanguinosi.
La quota degli Stati Uniti nelle esportazioni globali di armi è aumentata dal 33 al 40%, mentre quella della Russia è scesa dal 22 al 16%. Mosca trattiene per sé una parte più consistente degli armamenti prodotti. Il numero dei principali destinatari di armi russe è sceso da 10 a 8. Sono calate le esportazioni verso l’India (-37%), da sempre il maggior destinatario di armi russe. Tuttavia, sono aumentate quelle verso la Cina (+39%) e l’Egitto (+44%), che ora sono il secondo e il terzo destinatario della Russia.
I cinque maggiori esportatori di armi nel periodo 2018-22 sono stati gli Usa (+17%), la Russia (-31%), la Francia (+44%), la Cina (-23%) e la Germania (-35%). Insieme, hanno fornito il 76% delle esportazioni mondiali di armi nel periodo 2018-22. I cinque maggiori importatori di armi (sui 167 identificati dal Sipri), India, Arabia Saudita, Qatar, Australia e Cina hanno ricevuto insieme il 36%. Gli stati dell’Asia e dell’Oceania hanno rappresentato il 41% di tutte le importazioni nel periodo considerato, seguiti da Medioriente (31%), Europa (16%), Americhe (5,8%) e Africa (5%).
Ovviamente l’Ucraìna è diventata un importante importatore di armi: il 3° nel 2022.