
Un mondo anche politicamente spaccato a metà
Il voto di lunedì scorso, espresso dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, non può essere considerato di sicuro come una vittoria “strategica” per l’Occidente. Benché sia passata la risoluzione, che chiede alla Russia di pagare i risarcimenti di guerra all’Ucraina, gli schieramenti che si sono coagulati indicano una chiara riscrittura degli equilibri geopolitici. Su 193 Paesi aventi diritto al voto, i favorevoli sono stati meno della metà, cioè 94. In 14 si sono dichiarati contro, 12 hanno deciso addirittura di disertare il voto e il resto, un blocco di ben 75 Stati “non allineati”, si è seccamente astenuto.
750 mila miliardi per ricostruire l’Ucraina
La risoluzione riconosce la necessità di istituire un meccanismo internazionale per la riparazione di danni, perdite o lesioni. Inoltre, raccomanda i Paesi membri dell’assemblea, in collaborazione con l’Ucraina, di creare un registro internazionale per documentare reclami informazioni su danni, perdite o lesioni agli ucraini e al governo causati dalla Russia. In effetti, lo sforzo finanziario per ricostruire l’Ucraina e le sue infrastrutture devastate dalla guerra dovrà essere gigantesco. Lo scorso luglio è stato presentato un primo piano finanziario, che fra annessi e connessi contemplava una spesa di 750 miliardi di dollari. I progetti dovrebbero svilupparsi nell’arco di 10 anni e prevedono che, grazie al moltiplicatore degli investimenti, il Pil ucraino possa crescere di una media del 7% all’anno. Sono circa 850 i progetti coinvolti nel mega-piano che dovrebbe rilanciare definitivamente il sistema-Paese. Alla conferenza di Lugano, quando è stato presentato tutto il dossier relativo alla ricostruzione, il premier ucraino Denys Shmyhal, ha detto che tra 350 e 500 miliardi di dollari potrebbero arrivare dai fondi sequestrati alla Russia. I rimanenti potrebbero essere procurati con prestiti obbligazionari o con aiuti da parte dei Paesi amici.
Risoluzione Onu, solo valore politico, anche nel voto
A questo punto, occorre ricordare che le risoluzioni dell’Assemblea “non obbligano”, ma hanno una forte valenza politica. Con il loro potere d’indirizzo, gli schieramenti di forza usciti dal confronto impongono alcune riflessioni. Hanno votato per costringere la Russia a “risarcire” l’Ucraina tutti quei Paesi nell’orbita americana od occidentale. E questo, non solo per questioni di merito (Kiev ha ragioni da vendere), ma anche per “dovere” di alleanza o per “rispetto” della sfera d’influenza, di cui si fa parte.Dall’altro lato, per gli astenuti, vale il discorso inverso. Lasciando perdere la Cina, che ha votato contro, deludendo gli ingenui che pensavano ad un suo possibile smarcamento, rispetto a Putin, l’analisi disaggregata dei “non allineati” mostra conferme e qualche clamorosa sorpresa. La complessità del pianeta attuale, insomma, ha cambiato profondamente le relazioni internazionali: oggi, le asimmetrie diplomatiche si moltiplicano e spesso diventano la normalità.
Gli astenuti ‘contro’, Africa al 90% e 4/5 dell’Asia
Astenersi su una risoluzione come quella proposta e vigorosamente sostenuta dagli americani, in primis, e poi da tutto l’Occidente, equivale a votare conto. Come ha fatto Israele, per esempio. O come hanno scelto di fare anche giganti del calibro di India, Brasile, Sudafrica, Pakistan e Indonesia. O amici di lunga data di Washington, come l’Egitto e l’Irak. Se si guarda la mappa di coloro che, al di là del merito, ma per pura scelta geopolitica, hanno girato senza appello le spalle agli Stati Uniti e all’Europa, ci sono tutta l’Africa (al 90%) e il 4/5 dell’Asia. In termini di popolazione stiamo parlando di un blocco di esseri umani, che oscilla tra i 5 e 6 miliardi.
Mondo arabo e Paesi islamici
Più in dettaglio, i Paesi che mal sopportano, visibilmente, i “diktat” diplomatici che arrivano dagli Usa e dall’Europa, sono chiaramente quelli islamici. Anche Stati come la Giordania, la Tunisia, il Marocco, gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrain stanno diventando insofferenti. Per non parlare di giganti energetici come l’Arabia Saudita (ormai in rotta di collisione con Biden) e l’Algeria. Se per un attimo facciamo uno shifting analitico, spostandoci dal piano del diritto internazionale a quello della “realpolitik”, vedremo che l’Occidente, purtroppo, (Russia a parte, per ovvi motivi) ha avuto modo di guastare le relazioni bilaterali con la maggior parte dei Paesi produttori ed esportatori di energia.
Oggi l’Opec e l’Opec Plus rappresentano interlocutori ostici e non certo pronti a soddisfare le richieste di cooperazione, che partono dal Nord Atlantico. Sbaglieremo, ma dopo nove mesi, durante i quali la diplomazia non ha fatto altro che girare in tondo, forse per l’Ucraina si avvicina l’ora delle scelte finalmente più concrete. E più sagge.