Russia in difficoltà nella Federazione. Ora Putin deve affrontare anche l’ostilità kirghiza

Non c’è pace per le tante repubbliche ex sovietiche che Vladimir Putin cerca di tenere agganciate in qualche modo al carro della Federazione Russa. Dopo l’invasione dell’Ucraina, il processo di distacco da Mosca delle suddette Repubbliche sta acquistando un ritmo sempre più veloce, e quasi ovunque viene contestato il ruolo del russo come lingua veicolare.

Storia lontana, dai tempi di Stalin

Com’è noto, Stalin e i suoi successori avevano favorito l’emigrazione russa in tutti i territori della ex Unione Sovietica, imponendo al contempo il russo come lingua veicolare e scoraggiando, spesso con metodi coercitivi, l’uso delle varie lingue nazionali. L’operazione, finché l’Urss era la seconda potenza mondiale in gara con gli Stati Uniti, ebbe un notevole successo. Nelle scuole e nelle università si parlava esclusivamente russo, e le lingue locali venivano tollerate soltanto in ambito privato.

Dopo l’URSS e la guerra fredda

La dissoluzione dell’Urss, e la contemporanea fine della Guerra Fredda, hanno modificato radicalmente il quadro. I vari governi hanno deciso di recuperare, oltre all’autonomia politica, anche quella linguistica. Caso tipico è l’Azerbaigian turcofono che, approfittando del progetto neo-ottomano di Recep Tayip Erdogan, ha in pratica sostituito l’influenza russa con quella turca, diffondendo l’azero (che è per l’appunto una lingua turcofona) ad ogni livello. In questi frangenti il presidente azero, Ilham Aliyev, ha pure sfruttato l’appoggio di Ankara per attaccare, con successo, i tradizionali nemici armeni, loro pure un tempo cittadini della ex Urss e ora non più difesi dai russi impegnati allo spasimo in Ucraina.

Kirghizistan, più vicino a Pechino che a Mosca

Ora tocca al Kirghizistan, nazione assai lontana dalla Federazione Russa e vicina, invece, alla Repubblica Popolare Cinese, con la quale ha un lungo confine in comune. Qui il processo di derussificazione è già cominciato. La capitale del Paese prima si chiamava Frunze, in omaggio Michail Vasilevic Frunze, uno degli esponenti di spicco della rivoluzione bolscevica, al quale fu intitolata l’omonima Accademia militare sovietica. Ora la capitale si chiama invece Biskek, tipico termine kirghizo.

Turcofoni orgogliosi ed Erdogan malizioso

Proprio come gli azeri, i kirghizi sono turcofoni e assai sensibili alle profferte di collaborazione provenienti da Ankara. Il parlamento locale sta approvando il progetto di cambiare i nomi sovietici dei quartieri della capitale, sostituendoli con nomi kirghizi. Si tratta, per esempio, dei quartieri Leninsky, Sverdlovsky (Yakov Sverdlov fu il primo capo dello Stato bolscevico), e Pervomaisky (con riferimento al Primo Maggio).

Prima ancora fu il Kazakistan

A tutti questi quartieri verranno attribuiti nuovi nomi kirghizi, e la reazione del Cremlino non si è fatta attendere. Molti esponenti della Duma hanno giudicato severamente l’operazione, affermando che si tratta del primo passo per l’eliminazione della lingua russa. Scordando, tuttavia, che fatti simili si sono già verificati in altre Repubbliche ex sovietiche, inclusa quelle un tempo più fedeli come il Kazakistan.

Più o meno influenza russa in Asia centrale?

Sembra davvero un processo inarrestabile, al quale Mosca non può porre rimedio con la minaccia dell’invasione visti i risultati piuttosto disastrosi della “operazione speciale” in Ucraina. A differenza di quanto Vladimir Putin aveva previsto, quest’ultima si è rivelata esiziale per il mantenimento dell’influenza russa in Asia Centrale.

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