
Il drone suicida ‘Beaver’, castoro, (Бобрів in ucraino) prodotto dalla Ukroboronprom, la società statale ucraina per l’industria bellica
Robot aerei, marittimi e terrestri di ogni tipo e dimensione. «Alcuni sono ingegnosi -segnala Francesco Palmas, analista di cose militari-. Sfidano la fisica del volo e del nuoto: i droni sono i kamikaze del XXI secolo, federano militari e civili, fondi pubblici e privati, spinoff universitari e grossi attori come Kalashnikov, Rostec, Ua Dynamics, Athlon Avia e Ukrspecsystem. Tutti concorrono alla guerra, con soluzioni talvolta inedite, capaci di rivoluzionare il conflitto aero-navale e di imporre nuove sfide agli stati maggiori».
Nei due eserciti, russo e ucraino, i droni stanno giocando molti ruoli: vanno all’attacco, fanno spionaggio, guidano le armi, sono ponti di comunicazione, combattono missioni di guerra elettronica e ingannano il nemico. Filmando le distruzioni, diffondono immagini vincenti, utili per impressionare il pubblico globale e alimentare la propaganda interna. Come se non bastasse, queste macchine sovvertono i ruoli appartenuti un tempo ai jet e alle cannoniere navali, troppo vulnerabili ai missili.
Il cacciabombardiere classico ha i giorni contati, sostiene l’analista. O almeno ne esce ridimensionato. «È un lusso che costa troppo e, se abbattuto, priva in un colpo solo di uomini irrimpiazzabili. I russi lo sanno. Non si avventurano più in Ucraina: da oltre un anno, i loro aerei bombardano solo dalla Bielorussia, dal mare e dall’oltrefrontiera. Un monito preoccupante per tutti».
Gli occidentali osservano stupefatti e rincorrono, e spesso improvvisano. Scenari da ‘fantaguerra’: «Cacciabombardieri che combatteranno scortati, preceduti da sciami di droni intelligenti, economici e sacrificabili. Anche in mare si copierà l’Ucraina, prima nazione al mondo ad avere una brigata interamente equipaggiata con droni, che navigano in superficie o semi-sommersi». E i droni-esca diventano l’incubo della contraerea, perché la obbligano a svelarsi, esponendola ai missili tradizionali. Non solo: il trio ‘drone-artiglieria-guida satellitare’ sta agitando spauracchi imprevisti per i carri armati e i blindati. «Mai, prima dell’Ucraina, i droni avevano provocato così tante distruzioni, opera dell’Aerorozvidka degli uni e dei Lancet degli altri».
Il fenomeno è inedito, studiato attentamente nelle scuole di guerra occidentali. In America, come in Europa, è già corsa agli scudi, che dovranno proteggere dai robot volanti le colonne motorizzate, «altrimenti nessuno oserà più sedersi all’interno di un tank o di un blindato». E quindi, futuri Leopard o Abrams semiautonomi e senza equipaggio. Meno morti ma stessi spechi assurdi. E l’analisi profetizza ‘colonne in marcia scortate da flotte di droni, che scruteranno tutto e risponderanno ai missili nemici’. Retrovie sigillate da radar integrati, «perché l’Ucraina insegna che non ci sono più santuari inviolabili. Con i droni a lunghissimo raggio, autoprodotti, Kiev sta insidiando ormai anche la Moscovia, a 500 chilometri dal fronte». La guerra in casa della Russia.
Colpire a distanza per smascherare l’impotenza degli avversari, insidiare depositi, basi militari e centri di potere, e logorare l’avversario con un’escalation progressiva di obiettivi colpiti. Si era partiti con l’affondamento dell’ammiraglia del Mar Nero, per arrivare al ponte di Kerch, in Crimea, e polmone delle armate occupanti.
I ‘Castori’, il nome, tradotto, dei droni Beaver usati dagli ucraini per arrivare a Mosca. Pochissimi danni materiali ma grave impatto politico. Quei droni disturbano e spaventano, e bloccano a singhiozzo gli aeroporti della capitale, paralizzandone il traffico. «Appaga il desiderio di vendetta ucraino e mette a dura prova la popolazione nemica, colpendo la borghesia urbana». Risvolti psicologici, perché nessuno ama che la guerra gli arrivi dentro casa. Con l’Armata Rossa costretta a militarizzare le città.
«Potere dei droni, tacciati troppo frettolosamente in passato di essere l’artiglieria dei poveri. Ne sentiremo ancora parlare perché, purtroppo, la guerra ha fin troppi estimatori fra le élite politiche».