
Le prime parole di Lai da presidente eletto sono state un messaggio- avvertimento proprio alla Cina: «Voglio ringraziare il popolo taiwanese per aver scritto un nuovo capitolo nella nostra democrazia. Abbiamo dimostrato al mondo quanto abbiamo a cuore la nostra democrazia. Questo è il nostro impegno incrollabile». Nel suo discorso, il progressista che Pechino definisce ‘il piantagrane’, si è detto «determinato a salvaguardare Taiwan dalle continue minacce e intimidazioni da parte della Cina».
Passaggio chiave, a seguire: «E a mantenere lo status quo sulle due sponde dello Stretto –nessuna dichiarazione di indipendenza– aggiungendo che il suo governo «userà il dialogo».
Congratulandosi con lui, anche filocinese Hou aveva invocato l’unità: «Spero che tutti i partiti possano affrontare le sfide di Taiwan. Abbiamo bisogno di una Taiwan unita. Abbiamo molte questioni e problemi, abbiamo bisogno di un governo che li risolva e che sia al servizio dei giovani», promettendo che il suo partito «andrà avanti, e saremo sempre più forti». Con Lai si è congratulato anche il terzo dei principali candidati, l’indipendente Ko.
I dati definitivi pubblicati dalla Commissione elettorale danno Lai vincitore con il 40,2% dei consensi, staccando di 7 punti Hou Yu-ih in corsa per i nazionalisti filocinesi del Kuomintang (Kmt) fermo al 33,4%. Terzo con il 25,28% il candidato indipendente Ko Wen-je del Partito popolare (Tpp). In palio c’erano 13,6 milioni di voti, essendosi recato alle urne oltre il 70% degli aventi diritti che sono 19,5 milioni su una popolazione di 23 milioni.
Lai partiva favorito, ma resta da capire se il suo Partito democratico manterrà la maggioranza in Parlamento o dovrà cercare il sostegno del Partito popolare. Si tratta di un’elezione chiave per capire il futuro delle relazioni con la Cina. In gioco ci sono la pace e la stabilità dell’isola che rivendica la propria autonomia dal 1949, dall’allora isola di Formosa del generale nazionalista Chiang Kai-shek sconfitto da Mao, e che Pechino considera una sua provincia separatista.
Gli Stati Uniti si erano ovviamente impegnati a sostenere qualsiasi governo emerso dal voto e adesso festeggiano senza troppo darlo a vedere a non creare problemi al neo eletto. La Cina, prima dei risultati ha inviato attorno all’isola otto jet e sei navi militari e i soliti palloni a sorvegliare dal cielo, ma nulla di inconsueto o clamoroso. Tutti i protagonisti diretti o indiretti ‘sottovoce’, come la stessa campagna elettorale che si è basata in gran parte su questioni interne, come il rallentamento dell’economia, l’accessibilità degli alloggi, il divario tra ricchi e poveri e la disoccupazione.
Lai Ching-te prenderà il posto della presidente uscente Tsai Ing-wen (che ha finito il suo secondo mandato). I sondaggi fino al 3 gennaio, davano in testa Lai, con un vantaggio però di pochi punti percentuali su Hou. Oltre il 30% degli elettori ha un’età compresa tra i 20 e i 39 anni: nelle battute finali della campagna elettorale è stata la parte di popolazione più corteggiata, dominando i titoli dei media e attirando molteplici impegni politici da parte di partiti e candidati.
L’affluenza dei giovani alle elezioni ha avuto in passato un ruolo di peso. Nel 2020 la mobilitazione massiccia, con affluenza del 74,6%, fu decisiva per consentire alla presidente uscente Tsai Ing-wen di strappare il secondo mandato.
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