Il primo e forse unico vero successo della visita di Xi, sarà quello di riaprire la comunicazione tra le due forze armate. Ad evitare pericolosi incontri ‘ravvicinati’ tra aerei o navi da guerra, specie nel Mar cinese meridionale e nello Stretto di Taiwan. Per il resto, a leggere la stampa internazionale, sembra di capire che entrambi i leader, al di là delle effettive e fragili convergenze, abbiano bisogno di dimostrare al loro ‘fronte interno’ un certo attivismo diplomatico. Xi Jinping cerca di riannodare i fili di un dialogo commerciale di fondamentale importanza per la Cina, specie dopo le ultime performance economiche non proprio esaltanti. Biden, dal canto suo, lotta disperatamente per risalire nei sondaggi e recuperare popolarità. Ha bisogno di qualche novità in politica estera, che non riguardi solo e sempre nuove guerra da combattere per procura.
Meglio ancora se, a fronte del complicato momento economico vissuto anche da Pechino, Xi Jinping magari non ritenga di fare qualche piccola dichiarazione di intenti, che potrebbe essere sdoganata come un ‘successo’ per il vertice di San Francisco. Difficile. Anche se le sorprese sono sempre dietro l’angolo e con Xi non si può mai sapere quello che succederà domani.
Per esempio, presentando l’evento, il New York Times sottolinea, stupito, che «ora la propaganda cinese abbraccia l’America». Nel senso che, dopo anni e anni di rappresentazioni mediatiche contrarie agli Stati Uniti, in questi giorni il tono sulla stampa cinese è cambiato. Diventando quasi caloroso. NYT cita l’agenzia Xinhua, che ha pubblicato un lungo articolo evidenziando «la forza duratura dell’affetto di Xi per gli americani». Il pezzo era corredato di foto di uno Xi Jinping sorridente, nel corso di una sua precedente visita negli Usa, mentre guida un trattore assieme a un agricoltore dell’Iowa. Niente a che vedere, dunque, con le dichiarazioni del leader cinese di qualche mese fa, quando disse: «Gli Stati Uniti sono impegnati in una campagna di contenimento, accerchiamento e repressione a tutto tondo». Non basta.
La Xinhua, tanto per far capire quanto il vento sia cambiato, ha pubblicato addirittura una serie di report sugli scambi culturali con l’America e un articolo dedicato ai veterani Usa che aiutarono la Cina a combattere il Giappone durante la Seconda guerra mondiale. Tutto questo, recita il titolo, «anticipando l’eterna amicizia tra Cina e Stati Uniti».
A questo punto la domanda è: dove vuole arrivare Xi? La risposta se l’è data da solo, chiedendo di incontrare il gotha della finanza e dell’industria Usa, addirittura prima di Biden. Come rivela il South China Morning Post di Hong Kong, gli hanno detto che la cosa si poteva fare dopo. E, infatti, per Xi il momento clou del viaggio, probabilmente non sarà la chiacchierata con Biden, quanto piuttosto la cena con la crema del capitalismo americano. A questo punto, muoversi per la soluzione dei problemi aperti, diventa come girare per una terra incognita. Biden vuole maggiori impegni, per evitare che Pechino faccia da sponda commerciale a Mosca e a Teheran. E questo sembra un pio desiderio senza speranza.
Contemporaneamente, vorrebbe aprire un dialogo sulla proliferazione nucleare cinese, che sta diventando preoccupante. In poco tempo, il colosso asiatico è passato da 400 a 500 ordigni nucleari. Oltre a tutto questo, alla Casa Bianca è suonato l’allarme rosso, per l’imponente programma di costruzioni della Marina militare cinese. Un progetto che, secondo gli ‘strategist’ del Pentagono, valutando l’analisi costi-benefici, indica chiaramente un ambizioso piano di espansione in tutto l’Indo-Pacifico.
Perché Xi intende confrontarsi, direttamente, col capitalismo Usa, scavalcando in un certo senso il Presidente? Qualche analista pensa a una vera e propria manovra da ‘cavallo di Troia’. Il ‘Chips Act’ (la legge che disciplina e sanziona l’export di semiconduttori di fascia alta) colpisce particolarmente Pechino, ma di rimbalzo, si può ritorcere, con un effetto-domino, anche sull’industria americana e occidentale in generale. Tra le altre cose, la Cina estrae, produce o raffina molte delle terre rare indispensabili nella futura ‘green economy’. Questo significa che Washington e Pechino sono condannate a stare assieme. O, almeno, hanno vantaggi assoluti a trovare un terreno comune di incontro, perché la conflittualità permanente danneggia entrambi i Paesi.
I grandi temi ufficiali della politica internazionale, dall’Ucraina alla Palestina, fino allo status di Taiwan, saranno sicuramente oggetto di colloquio. Con Biden che cercherà di convincere i cinesi a ‘moderare’ la pericolosa esuberanza iraniana. Tuttavia, conoscendo il pragmatismo di Xi e l’appeal che la ‘realpolitik’ ha su Biden, alla fine, qualche risultato potrà essere raggiunto sulla base di un ‘do ut des’. E, di questi tempi, gli americani hanno molto da dare e i cinesi hanno molto da chiedere.