
Da Limes, carta di Laura Canali
Tra la notte di domenica e la mattina di martedì un sospetto ha preso forma: un nuovo attacco esterno a una infrastruttura strategica dell’Unione Europea e della Nato, un altro caso dopo il sabotaggio del Nord Stream ormai ufficiosamente attribuito all’Ucraina che non nega. Una possibile risposta –ad esempio russa, a caso- a quel contro ancora aperto? Da ore Helsinki è in contatto diretto con la nuova casa Nato per capire cosa sia successo intorno alle 2 del mattino dell’8 ottobre. «Quando il gasdotto sottomarino Balticconnector che collega Finlandia ed Estonia attraverso il Mar Baltico è stato temporaneamente chiuso a causa di una sospetta perdita, insolita ma soprattutto rapida», annota Claudio Paudice sull’Huffpost.
Gasgrid Finland, la società proprietaria riferisce l’ovvio: «È ragionevole sospettare che la causa dell’incidente sia stata un danno al gasdotto offshore». Ma a fare riferimento esplicito ad un atto di sabotaggio è stato il presidente della Finlandia Sauli Niinistö che ha informato la cittadinanza del danneggiamento non solo dei tubi che trasportano il metano, ma anche dei cavi di telecomunicazione sottomarini: «È probabile che il danno al gasdotto ed al cavo di comunicazione sia il risultato di un’attività esterna». Niinistö ha inoltre affermato di aver preso contatto «con i nostri alleati e partner». E la Nato del norvegese Stoltenberg di corsa, «pronta a fornire assistenza nelle indagini», ha aggiunto Niinistö.
Per il primo ministro Petteri Orpo «La questione è seria e occorre indagarla adeguatamente, per cui non c’è fretta di trarre conclusioni», la risposta ai giornalisti sulla possibilità che ci sia Mosca dietro la perdita. Il primo ministro ha poi precisato che sono state previste misure per la protezione delle infrastrutture critiche, «che è saggio prepararsi a nuove interruzioni». Il gasdotto Balticconnector – lungo 150 chilometri tra condotte terrestri e tubo sottomarino nel Golfo di Finlandia tra la città di Inkoo e il porto estone di Paldiski – potrebbe restare fuori uso per mesi, hanno riportato diverse voci circolate subito dopo quello che inizialmente si pensava fosse un incidente.
La Nato è stata subito allertata: la Finlandia è appena entrata nell’Alleanza, e un’eventuale coinvolgimento della Russia potrebbe aprire nuovi scenari di crisi. «Se sarà mostrato che c’è stato un atto ostile contro una infrastruttura della Nato, sarà un fatto molto serio e la risposta sarà forte e determinata», ha assicurato Stoltenberg. «Il presidente Putin si prepara nuovamente a usare l’inverno come arma di guerra, attaccando il sistema energetico. Dobbiamo prevenire che ciò avvenga», ha aggiunto Stoltenberg durante il punto stampa con Zelensky. Nessun accenno al sabotaggio dal gasdotto russo-tedesco Nord Stream.
Il gasdotto, operativo dal 2020, è servito a rendere la Finlandia più indipendente dalle forniture della Russia. Prima del Balticconnector, infatti, il Paese scandinavo riceveva metano attraverso un solo gasdotto, che lo collegava all’area di San Pietroburgo, in Russia. Tubo oggi non più in funzione. La guerra in Ucraina ha poi accelerato la messa in funzione di una nuova piattaforma di rigassificazione del gas liquefatto, alternativa alla pipeline, a soli due chilometri da Inkoo, per ampliare la capacità di rifornimento e di stoccaggio di metano del Paese. Il terminal Gnl è entrato in funzione solo ad aprile scorso, in concomitanza con l’ingresso di Helsinki nella Nato.
Un tempismo sospettabile, a dare il peso dovuto all’attacco del Nord Stream attribuito ufficiosamente ma in maniera non smentita a Kiev, inchiesta internazionale imbarazzante con risultati ufficiali ancora lontani. Effetti collaterali della guerra in corso in Ucraina, il timore che sfiora la certezza. Sul caso Balticconnector, cambiato il sospettato chiave, probabile inchiesta più veloce. E da subito, corsa ai ripari. L’approvvigionamento di metano in Finlandia è stato sostituito attraverso il terminale galleggiante di gas naturale liquefatto di Inkoo, mentre in Estonia il gas arrivava dalla Lettonia. Eppure il prezzo del gas sulla piazza di Amsterdam è schizzato: un rialzo fino a sfiorare i 50 euro per megawattora. E l’inverno non è ancora arrivato.
La tanto litigata decisione dell’Unione europea sul prezzo massimo (price cap) del gas russo. E eppure il gas resta più caro della norma prebellica (meglio: precedente al rimbalzo post-Covid, quando sono iniziati rincari strutturali) e lo rimarrà verosimilmente per un certo tempo, avverte Fabrizio Maronta su Limes. Price cap ampiamente violato con furberia senza dover ricorrere a bombe sottomarine.
Il vero test per il price cap verrà se e quando le tensioni sui prezzi dovessero tornare: lì si capirà se aziende e governi europei saranno disposti a rispettare la disciplina autoimposta, evitando le scappatoie appositamente lasciate per evaderla.