Tra aprile e maggio 1945, l’Europa Resistente e le Liberazioni

L’Europa tra le due guerre vide sorgere regimi autoritari, primo tra i quali il fascismo italiano, ma anche altre forme di negazione della democrazia di fronte alle quali la risposta variò all’interno dei singoli paesi e il movimento antifascista rimase relativamente frammentato.
Lo scoppio della Seconda guerra mondiale cambiò radicalmente la situazione e nei paesi occupati delle armate nazifasciste dell’Asse si sviluppò ovunque la Resistenza.
Antifascismo, parola semplice, netta, e senza apparenti problemi di pronuncia. Salvo problemi di logopedia politica.

La guerra civile spagnola

La guerra civile spagnola costituì indubbiamente un passo significativo verso la Seconda guerra mondiale, sia per alcune tattiche belliche (il bombardamento di Guernica anticipò i bombardamenti ‘a tappeto’ che colpirono le città europee), ma anche per l’estensione e lo sviluppo della lotta antifascista. Per combattere la dittatura fu chiaro a molti che era necessario schierarsi da una parte ed arruolarsi. Si stava compiendo insomma il passaggio dall’antifascismo come scelta politica alla Resistenza vera e propria che ben presto si sarebbe estesa a tutta l’Europa occupata e con gli alleati si arruolarono combattenti di varie nazionalità.
Dalla Spagna franchista fuggirono decine di migliaia di combattenti repubblicani sconfitti. La maggior parte riparò in Francia attraversando i Pirenei, ma ci furono anche altre vicende ben più avventurose.
Nell’imminenza della Seconda guerra mondiale la Francia -che aveva accolto con una certa cautela e sospetto gli spagnoli- ne decise il trasferimento di una parte nelle colonie africane. Dopo lo sbarco americano in Marocco nel 1943, gli spagnoli si trovarono di fronte a una scelta non facile: esser rimpatriati in Spagna (dove c’era il franchismo) o arruolarsi nella legione straniera francese che passò alle forze golliste della ‘France Libre’ che si stavano organizzando in quel momento in Africa centrale.

Un’intera compagnia composta da centocinquanta spagnoli sbarcò così in Normandia nei pressi di Saint-Mère l’Eglise e nell’agosto 1944 si trovò all’avanguardia della divisione francese che puntava rapidamente su Parigi. E fu poi questa piccola unità ad aprire la sfilata sotto l’Arco di Trionfo.

Belgio e Olanda

Belgio e Olanda furono travolti dalle armate tedesche nel maggio 1940. Mentre il governo belga, dopo qualche tensione interna poi ricomposta riparò a Londra rifiutando la resa alla Germania nazista e proseguendo la guerra a fianco degli inglesi, il re Leopoldo III accettò invece la capitolazione rimanendo di fatto prigioniero dei tedeschi fino alla fine della guerra.
La resistenza belga pagò in seguito un alto tributo di sangue e condusse azioni valorose, ma questa spaccatura iniziale tra monarchia e governo, nonché la presenza di un forte nucleo di collaborazionisti, costituirono un elemento di freno all’azione generale e al sostegno incondizionato da parte di tutta la popolazione.
Olanda. Diverso il caso olandese, perché la regina Guglielmina e il governo ripararono subito in Gran Bretagna per continuare la lotta. Questa unità d’azione tra sovrana e governo fu indubbiamente alla base della resistenza olandese che riscosse un appoggio popolare esteso e determinante. L’Olanda del resto non era un paese caratterizzato da zone impervie e boscose e la resistenza assunse prevalentemente un carattere urbano, particolarmente insidioso per gli occupanti, anche se numerose fattorie nelle campagne divennero asili per ogni sorta di perseguitati. L’altra caratteristica della resistenza olandese fu la rete informativa in stretto contatto con gli alleati che divenne della massima importanza soprattutto dopo lo sbarco in Normandia.

Essere parte della resistenza fu insomma un dovere civico e pochi ricordano che, tra le tante staffette partigiane, vi fu anche un’esile e mite allieva di una scuola di danza: la quattordicenne Hudrey Hepburn, nata a Bruxelles da padre inglese e madre olandese, non solo trasportò messaggi, ma fu anche infermiera volontaria in un ospedale alleato dopo la Liberazione.

Norvegia e Danimarca

Anche Norvegia e Danimarca erano state occupate nella primavera del 1940. In Norvegia il re scelse  l’esilio convincendo il proprio governo a continuare dall’Inghilterra la lotta contro il nazismo. La principale conseguenza di questa decisione fu l’appoggio incondizionato del governo alla resistenza e il non riconoscimento del governo collaborazionista di Vidkun Quisling. La resistenza armata, facilitata dalla conformazione geografica, fu estremamente attiva e portò a segno azioni di sabotaggio clamorose quali la distruzione del carico di ‘acqua pesante’ (contenente cioè deuterio, ossia una maggiore percentuale di idrogeno) destinata al progetto nucleare tedesco.
Un’altra azione clamorosa fu la distruzione delle schede anagrafiche dei cittadini norvegesi, nel momento in cui il governo collaborazionista aveva deciso di inviarne intere classi di leva per combattere a fianco dei tedeschi in Unione Sovietica. Non stupisce che il re di Norvegia Haakon VII, al suo rientro in patria nel giugno 1945, abbia scelto essere accompagnato da Max Manu, uno dei principali protagonisti della resistenza.
Danimarca. Anche la resistenza danese fu caratterizzata ampio sostegno popolare che si manifestò gradatamente: all’inizio dell’occupazione infatti i nazisti concessero una relativa autonomia ai danesi, ma progressivamente – aumentando cioè le esportazioni obbligate di generi alimentari in Germania – la situazione divenne insostenibile.
Nell’estate 1943, evento unico in un paese occupato, fu proclamato uno sciopero generale e i tedeschi gettarono la maschera: iniziarono pesanti repressioni, ma nel frattempo la popolazione intensificò la resistenza passiva e l’aiuto a tutti coloro che cercavano di espatriare per arruolarsi o semplicemente di fuggire come gli ebrei. Anche in Danimarca inoltre operò una rete informativa a favore degli alleati che fornì importanti notizie fino alla fine della guerra.

L’Europa orientale

La situazione della resistenza in Europa orientale fu invece più complessa. In Cecoslovacchia, primo paese occupato dai nazisti e ridotto a protettorato, la resistenza fu combattiva. Un episodio molto noto fu l’attentato al governatore nazista Reinhard Heydrich a Praga nel giugno 1942 cui seguì una repressione spaventosa: fu raso al suolo l’intero villaggio di Lidice, uccisi tutti i maschi adulti e deportati donne e bambini, ma, nonostante la notizia fosse diffusa dai giornali tedeschi per sottolineare il terribile castigo, la resistenza continuò.
In Polonia – dove il trattamento imposto dai nazisti fu particolarmente duro e spietato – i movimenti di resistenza furono due: l’Armata Krajowa, legata al governo polacco in esilio a Londra, e l’Armata Ludowa, esercito di liberazione popolare legato all’Unione Sovietica. L’Armata Krajowa nell’agosto 1944 organizzò la rivolta di Varsavia che ebbe un esito infausto, anche per il mancato soccorso delle forze sovietiche al di là della Vistola.
In Jugoslavia la resistenza assunse un’immagine epica sotto la guida di Tito e probabilmente fu il paese in cui maggiore fu l’adesione a un movimento resistenziale. Anche in Grecia infine la resistenza fu assai attiva compiendo sabotaggi e obbligando i tedeschi a sottrarre forze da altri fronti.
E resistenza ci fu anche in Austria e in Germania, dove si ricorda ancora con commozione la vicenda dei fratelli Scholl e Probst, meglio conosciuti come il gruppo della Rosa Bianca.

Per trovare una testimonianza dei sentimenti di quanti scelsero la resistenza, ancora oggi parlano le «Lettere dei condannati a morte della Resistenza europea», ma bisognerebbe anche saper ascoltare.

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