
Modello della nuova portaerei d’attacco Fujian
Austin, per giustificare quella enormità di spesa ha citato due nemici: ovviamente la Russia quasi dimenticando l’Ucraina, ma soprattutto la Cina. E Pechino risponde a modo suo. È di ieri la notizia che l’ultima portaerei cinese in fase di allestimento, la Fujian, è pronta a ricevere caccia ad ali pieghevoli, assieme a droni da ricognizione e d’attacco. La novità è rappresentata dal sistema di lancio: non catapulte a vapore, ma congegni elettromagnetici, come già avviene sulle ‘air carrier’ Usa della classe Gerald Ford.
Fonti governative di Pechino, ribadiscono che la Fujian rappresenta il passaggio obbligato per controllare l’immensità dell’Indo-Pacifico. Per questo, il programma di costruzione delle portaerei cinesi continuerà e sarà potenziato nei prossimi anni.
Meno miliardi militari cinesi ma un sorprendente ‘complesso militare’ impegnato nell’evoluzione dei sistemi d’arma di ultima generazione, con laboratori, università e istituti di ricerca che lavorano con lo Stato maggiore della Difesa, per soluzioni tecnologiche innovative, da utilizzare in settori come l’avionica, la missilistica, la balistica, o la produzione di metalli e materiali ad alta resistenza.
Al momento, la Marina del colosso asiatico può contare su tre grandi ‘air carrier’: la Liaoning (ex nave sovietica della classe Kuznetzov), la Shandong e, appunto, la Fujian, che si appresta a fare le prove in mare. Secondo gli ingegneri militari cinesi, sembra una copia ben riuscita delle portaerei americane della classe Nimitz. Intanto, proprio in omaggio alle direttive strategiche di Xi Jinping, la Marina cinese ha cominciato a ‘mostrare la bandiera’ anche al di fuori delle acque del Mar cinese meridionale.
La squadra navale della Shandong, si è spinta in pieno Pacifico occidentale, direzione isole giapponesi. Sono stati simulati ben 620 attacchi aerei contro installazioni nemiche”.
I bersagli contro cui esercitarsi? Il Global Times, versione internazionale del Quotidiano del popolo di Pechino, lo spiega senza equivoci: «Il gruppo della Shandong ha mostrato le sue elevate capacità di dissuadere le forze secessioniste e di interferenza straniere per l’indipendenza di Taiwan». La presenza della squadra navale cinese ha allarmato lo Stato maggiore giapponese, che in un comunicato ufficiale, ieri, ha detto di seguire con attenzione il percorso della flotta (una portaerei, un cacciatorpediniere pesante 055, 2 cacciatorpediniere 052D, 2 fregate 054A e da una grande nave rifornimento 901).
Il gruppo, sostengono gli analisti militari nipponici, si sta dirigendo nuovamente verso l’isola di Taiwan, dopo aver superato il Canale di Bashi. Tokyo afferma che i cinesi sono entrati nel Pacifico dopo la seconda settimana di aprile e da allora hanno condotto esercitazioni intensive. Spingendosi fino a circa 600 chilometri dalla base Usa di Guam.
Inoltre, ancora dal Global Times, l’azione navale ha esibito attacchi dei micidiali bombardieri H-6K/J, che possono trasportare missili ipersonici. Adesso, il ritorno della Shandong nel Mar cinese meridionale, dovuto probabilmente a un altro ciclo di esercitazioni, in programma alla fine del mese.
E questa volta la diplomazia di Xi Jinping ha catturato un ex ‘stretto alleato occidentale’ sempre più dubbioso, Singapore, con cui si faranno manovre militari navali congiunte.