Il presidente ucraino sa come tenere la scena e non resiste ad anticipare una vittoria certa, almeno sul campo della propaganda: carri armati europei a spinta americana. «Prima di Ramstein ci siamo preparati a fondo, abbiamo tenuto decine di conversazioni importanti. Ci sono Paesi ai quali ci inchiniamo, perché danno tutto ciò che hanno per permetterci di mantenere tutto ciò che è nostro, cioè il nostro popolo. Le aspettative sono positive», dichiara Volodymyr Zelensky a proposito dell’incontro in Germania di oggi e riferisce Sabato Angieri sul Manifesto.
Gli Stati ufficialmente della Nato, quelli dell’Ue e di altri alleati dell’Occidente, sono stati convocati nella base aerea americana a Ramstein per discutere i prossimi passi. ‘Padrone di casa ospite’, così leggiamo sul sito della Nato, «l’incontro è ospitato dal segretario alla Difesa degli Usa, Lloyd J. Austin III, e si concentrerà sulla crisi in corso in Ucraina e sulle relative questioni di sicurezza che gli alleati e i partner della Nato devono affrontare».
Il segretario generale Stoltenberg, sempre ‘a margine’, «parlerà col ministro ucraino della difesa Oleksii Reznikov», forse a frenare qualche troppo facile sulla forza risolutiva dei carri armati europei.
«Il clima di attesa stavolta è molto alto, sia da parte del governo di Kiev sia dagli altri attori coinvolti. Il primo incontro del genere si era tenuto a due mesi dall’inizio della guerra, il 26 aprile 2022, quando Usa e Ue si erano rese conto che i piani della Russia rispetto alla ‘vittoria lampo’ erano oramai naufragati», la valutazione di Angieri. Allora era nato un ‘gruppo di contatto globale’ -parolone-, ‘per coordinare le forniture volte a rafforzare le capacità di difesa dell’Ucraina’.
Droni, missili da crociera e missili balistici da Mosca e nuova strategia comunicativa di Kiev. La richiesta insistita di sistemi antiaerei, di missili a più lungo raggio e, soprattutto, di carri armati per far fronte allo scontato attacco russo di primavera. E di questo si parlerà oggi, con qualche informazione in più da satelliti e spie in carne ed ossa, ma la partita è e resta quella.
Ciò che non verrà detto stamane a Ramstein, se tutto questo ‘ambaradan’ sui carri armati europei e soprattutto tedeschi, che cvi sono e non ci sono, avrà qualche risultati reale sul campo visti i numeri, pochi, i soprattutto i tempi di consegna dei primi Leopard 2 previsti per fine anno. Nel frattempo questi dannati ‘super carri’ diventano l’occasione di attacchi politici. La Polonia vorrebbe fornirne un intero squadrone che ha in licenza tedesca, e i Paesi baltici premono genericamente per ‘tutto e di più’.
Ieri dal consigliere presidenziale di Zelensky, Mikhaylo Podolyak, a proposito dei carri armati europei, sono uscite parole grosse: «Carri armati: la chiave per porre fine alla guerra in modo appropriato», cioè vincerla. Come? «È ora di smettere di tremare davanti a Putin e fare il passo finale». E non serve interprete dall’ucraino per capire che la sollecitazione è alla guerra diretta dell’Occidente contro la Russia.
«Lo stesso passo finale che il cancelliere tedesco Olaf Scholz in un intervento di mercoledì diceva di non voler compiere in quanto bisogna a tutti i costi evitare una guerra tra Russia e Nato».
Secondo l’agenzia Reuters, un anonimo funzionario tedesco avrebbe dichiarato che il suo Paese acconsentirà alla fornitura dei Leopard se gli Usa invieranno i loro tank Abrams. Ma Washington finora non si è mai sbilanciata sui suoi mezzi. Ieri –notizia lasciata ai margini-, la delegazione statunitense è volata in Germania in anticipo, per incontrare faccia a faccia il nuovo ministro Boris Pistorius. Uno degli obiettivi del vertice, convincere la Germania ad archiviare il veto che impedisce ai governi che li possiedono di inviare i carri Leopard 2 in Ucraina.
Gli Stati Uniti hanno interesse a che sia la Germania a farsi carico delle consegne di carri armati Leopard 2, proprio per scansare i solleciti ucraini per il trasferimento di carri armati Abrams di produzione statunitense. Sostenendo piuttosto l’invio di blindati leggeri, come gli Stryker e i Bradley, il consigliere politico del Pentagono Colin Kahl è stato chiaro: «Il carro armato Abrams è un equipaggiamento molto complicato. È costoso. È difficile addestrarvisi. Ha un motore a reazione».
Tradotto: i russi non devono studiare sul campo come neutralizzarlo, né metterci le mani sopra per praticare ‘reverse engineering’ (ingegneria inversa, studio della tecnologia altrui).
La pressioni statunitensi e l’influenza della strategia Biden sull’Unione europea è evidente fin dai primi mesi di guerra e oggi rischia di inasprirsi, lasciando il finale sempre più incerto oltre che minaccioso. Difficile, a questo punto, per noi europei, negare chi decide realmente sulla nostra strategia estera.