Se adesso anche il Caucaso…

Come se non bastassero le due crisi planetarie che minacciano il mondo, ora viene prospettata la possibilità di una nuova guerra tra Azerbaijan e Armenia, dopo quella che ha condotto all’occupazione azera del Nagorno-Karabakh, ex enclave armena in territorio azero e la ‘pulizia etnica’ a cui tutti abbiamo assistito nella sostanziale indifferenza delle grandi potenze  

Attenzioni politiche e solidarietà umane da ‘Wub influencer’

A parlare di Azerbaigian, Armenia e Nagorno-Karabakh (cancellati dall’eccidio Medio Orientale aggiunto all’Ucraina), e della ipotesi di una nuova guerre vera (eserciti e tutte le potenzialità militari in campo), è stato il segretario di Stato Usa Antony Blinken, durante un’audizione con i parlamentari americani. Non è ancora chiaro fino a che punto la notizia sia fondata, e il Dipartimento di Stato si è affrettato a smentire. Vi sono tuttavia alcuni fatti inquietanti.

Le alleanze ad utilità variabile

Nessuno si è commosso per il grande esodo di profughi armeni, a parte generiche dichiarazioni di solidarietà da parte di Stati Uniti e Unione Europea. E, in effetti, la piccola Armenia non ha molte carte da giocare, a differenza dell’Azerbaigian che è un grande fornitore di gas e petrolio ai Paesi occidentali. Gli azeri si fanno forti del totale appoggio che loro offre la Turchia di Erdogan, legata a Baku da affinità etniche e linguistiche.

Armenia a conversione Usa

Dal canto suo l’Armenia ha cercato di giocare la carta americana organizzando manovre militari congiunte con gli Usa. Questo ha irritato Vladimir Putin che, pur non potendo più aiutare l’Armenia come i russi facevano in precedenza, ha fatto notare che considera ancora il Caucaso come propria zona storica d’influenza, rispetto ad una ulteriore interferenza Usa di cui  ora deve pagare il prezzo.
Il risultato è che l’Armenia è sempre più isolata, e le dichiarazioni di Blinken possono essere lette come un avvertimento alla Russia affinché garantisca di Erevan la sua stessa sopravvivenza da tensioni anche interne.

La Turchia  Nato che è con Baku

C’è tuttavia un altro e grosso problema. Washington teme molto di inimicarsi la Turchia che, nonostante la politica ondivaga di Erdogan, resta pur sempre una fondamentale componente strategica della Nato.
Non si può insomma escludere che Baku punti a indebolire il tradizionale nemico occupando parti di territorio armeno. Anche a costo di fare qualche dispiacere agli americani neo alleati di Ereven.

Padri Padroni di sempre minor conto

Gli americani sono distanti, con l’anziano Biden alle prese con il dossier ucraino da un lato, e con quello israelo-palestinese dall’altro. Neppure Putin è disposto a inimicarsi Erdogan, che ha più volte utilizzato come mediatore in Ucraina. In ogni caso lo zar moscovita, impegnato allo spasimo proprio nella guerra con Kiev, non può impegnarsi a favore degli armeni.
Questi ultimi non possono contare su appoggi significativi visto che anche l’Unione Europea ha bisogno del gas e del petrolio azeri, come dimostrato dalla visita ufficiale di Ursula von der Leyen a Baku per firmare un protocollo d’intesa.

Per un pugno di barili di petrolio

Si può solo sperare che gli azeri non facciano scoppiare in altro e pericoloso focolaio di guerra. Tuttavia l’immagine del presidente azero Ilham Aliyev, che si è fatto riprendere in un video in cui calpestava la bandiera del Nagorno-Karabakh, non lasciano molto spazio all’ottimismo.

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