
Brasile, Bolivia, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Surinam e Venezuela assieme contro la deforestazione e per evitare di raggiungere un punto di non ritorno della crisi climatica. 113 punti di azione divisi in diversi capitoli, i più importanti dei quali riguardano oltre alla creazione dell’Alleanza contro la deforestazione e la creazione di un Parlamento Amazzonico; il coordinamento di forze di sicurezza e intelligence nella lotta contro il crimine nella regione con la creazione di un Centro di Cooperazione Internazionale della polizia; una politica comune in materia di rispetto dei diritti umani e protezione delle popolazioni autoctone.
Si tratta del primo vertice in 14 anni per il gruppo di otto nazioni, istituito nel 1995 dai paesi sudamericani che condividono il bacino amazzonico dove si concentra circa il 10 per cento della biodiversità terrestre, di cinquanta milioni di persone e di centinaia di miliardi di alberi. L’Amazzonia è un serbatoio vitale di carbonio, che riduce il riscaldamento globale, ma gli scienziati avvertono che la deforestazione si sta pericolosamente avvicinando a un ‘punto di svoltai, oltre il quale gli alberi morirebbero e rilascerebbero carbonio anziché assorbirlo, con conseguenze catastrofiche per il clima.
Il vertice è un banco di prova fondamentale per il progressista Lula, che ha ricoperto la carica di presidente dal 2003 al 2010. È tornato in carica a gennaio del 2023 giurando che «il Brasile è di nuovo presente nella lotta contro il cambiamento climatico» dopo quattro anni di aumento della distruzione dell’Amazzonia sotto il suo predecessore di estrema destra, Jair Bolsonaro. Il presidente colombiano Gustavo Petro sta spingendo altri paesi ad aderire al suo impegno di vietare tutte le nuove esplorazioni petrolifere, un argomento spinoso per il Venezuela, ricco di petrolio, e per il Brasile, la cui compagnia petrolifera statale, Petrobras, sta cercando di esplorare nuovi blocchi offshore alla foce dello stesso Rio delle Amazzoni.
Tra gli obiettivi del vertice, la creazione di una task force di polizia internazionale per la regione e un gruppo di ricerca scientifica sul modello del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc), il comitato consultivo dei negoziati sul clima delle Nazioni Unite.
I gruppi indigeni – le cui riserve protette sono, secondo gli esperti, un argine fondamentale contro la distruzione delle foreste mondiali – hanno esortato i leader sudamericani a intraprendere azioni coraggiose.
Nemo Guiquita, capa della Confederazione delle nazionalità indigene dell’Amazzonia ecuadoriana (Confeniae), ha dichiarato: «La nostra lotta non è solo per i popoli indigeni, ma per il mondo intero, affinché le generazioni future possano sopravvivere su questo pianeta».
«La ‘Dichiarazione di Belém’, un capolavoro di genericità: non fissa alcun obiettivo concreto rispetto alla lotta alla deforestazione ed evita di stabilire qualunque restrizione a sfruttamento del petrolio, attività mineraria ed espansione della frontiera agricola», la censura sul Manifesto «E la deforestazione zero che Lula ha promesso per il Brasile entro il 2030 è definita appena come un ‘ideale’ da raggiungere non si sa bene quando».
Sullo stop allo sfruttamento dei combustibili fossili in Amazzonia, non si va oltre il richiamo al ‘dialogo. Col presidente Petro, che ha denunciato «accanto al negazionismo tipico di una destra nemica della scienza – l’esistenza tra le forze progressiste di un altro tipo di negazionismo: la retorica della transizione», a cui i governi ricorrono di frequente per giustificare la continuità degli investimenti nel petrolio e nel gas.
Va anche detto che i 600 rappresentanti indigeni accorsi a Belém per discutere il loro modello di Amazzonia – alternativo a uno sviluppo su progetti estrattivisti, centrali idroelettriche e grandi opere – siano stati esclusi dal programma ufficiale del vertice e costretti a riunirsi per conto proprio nel quadro dell’Assemblea dei popoli per la terra: «Non siamo stati invitati, ma siamo venuti a Belém perché la nostra lotta è fatta di resistenza», ha dichiarato Toya Manchineri, coordinatore generale della Coordenação das Organizações Indígenas da Amazônia Brasileira.